lunedì 15 aprile 2024

FA BENE O FA MALE? RAZIONALITA' e GEOLOGIA nelle FOODFAKE

Portate pazienza per questo titolo un po' in slang, ma anche questo vecchio rivoluzionario pleistocenico dobbiamo cercare di essere un po' cool ogni tanto (anche se gli esiti non ci paiono positivi).  Voglio consigliare la lettura di un testo che a prima vista potrebbe centrare poco con la Geologia e dintorni. Ma è sicuramente un bel testo per quanto riguarda il pensiero razionale e lo sviluppo di un buon senso critico e capacità di discernere le informazioni. In questo libro il chimico - divulgatore Bressanini, di cui già qualche testo vi segnalai, fa un viaggio attraverso alcune delle principali affermazioni riguardanti il mondo alimentare, al fine di rilevarne l'infondatezza, talvolta la nocività e spesso la precisa volontà di disinformazione a meri fini commerciali. Come afferma lo stesso autore, il testo non è un elenco completo di tutte le "food fake", ossia notizie artefatte sul cibo che circolano, ma una precisa selezione, volta soprattutto a fornire al lettore gli "attrezzi" per imparare a capire quando la decantazione di taluni effetti di certi alimenti è palesemente infondata e soprattutto come sapere distinguere le informazioni. Un METODO insomma, che nella società delle pseudoscienze e delle notizie artefatte è utile non solo nel campo alimentare. Dove per altro si diffondo spesso credenze, che "siccome non fanno male" sembrano innocue. Ma innocue NON sono in primis perché in ogni caso spesso portano a spendere soldi inutilmente, ma spesso a non dedicarsi a pratiche più salubri, che realmente potrebbero far bene. Tra l'altro un po' di Geologia c'è, nel testo, anzi più di un po'. Capitoli corposi sono dedicati alle acque da bere, di volta in volta vendute come acque "della salute" dai taumaturgici poteri e poi al Sale e in particolare al Sale dell'Himalaya, esempio di commercializzazione capitalistica, di un'evaporite. In entrambi gli argomenti viene raccontato come sono distorti, nei meccanismi della commercializzazione e della pubblicità i processi geologici di formazione di questi elementi e come vengano dati significati a elementi che in realtà sono presenti in tracce e che non hanno nessun effetto reale sul consumatore.
Lo stile divulgativo è piacevole e vi sono poi degli utili box di riepilogo. A mio avviso farebbe bene essere letto dai troppi salutisti della domenica e nelle scuole superiori. 
Smonta con fermo garbo molti luoghi comuni il cui unico effetto è farci perdere tempo e denaro.
E' probabile che dopo averlo letto non andrete più al supermercato allo stesso modo.

mercoledì 7 febbraio 2024

Col trattore a comandare (tra l'ipocrisia popolare)

E' una domenica mattina qualunque. Decido di fare la spesa, visto che in casa manca qualcosa. La settimana entrante si prevede intensa, gli altri familiari sono impegnati, approfitto per fare una spesa in serena solitudine. Fatto il giro, sono alla cassa. Davanti a me, vi è una signora con la spesa "grossa". Tra una chiacchera e l'altra esprime la sua massima solidarietà alla cassiera, costretta, a dire della signora, a forzato lavoro domenicale, quando potrebbe a buon diritto stare a casa a godersi la famiglia. Paga e se ne va. Tocca a me. La cassiera con un sospiro mi fa: certo che certa gente neanche si rende conto di essere ridicola. In fondo è così, l'ipocrisia all'eccesso, diviene ridicola e imbarazzante. La signora biasimava un sistema che richiedeva il lavoro domenicale della cassiera, perché c'è gente che privilegia la spesa di domenica. Esattamente come lei. Questa situazione non mi pare troppo dissimile a quella che si sta manifestando in questi giorni, durante le proteste degli agricoltori. 

Il plauso popolare che accoglie i trattori nelle città, espressione di un umore generalizzato per cui ogni protesta meriti appoggio a prescindere, specie se contro il Moloch Europeo - come sottolinea in un suo pezzo, seppur spigolosamente, il sempre puntuale e schietto Giuliano Cazzola - è quanto mai ipocrita.

Si badi, gli agricoltori hanno ragione a protestare per chiedere la giusta remunerazione del loro lavoro e nel contestare talune politiche del green deal europeo che, in nome di un approccio più ideologico che pragmatico scaricano su di loro gli oneri di una transizione ecologica condotta in modo non rapido, ma forsennato, hanno un po' meno ragione nel mettere in mezzo talune innovazioni come causa dei loro problemi o nel consentire che la loro protesta sia mescolata con movimenti complottari vari.

Ma il plauso pubblico è quanto meno fuori luogo, poiché sono anche, e non in piccola parte, i nostri comportamenti da consumatori ha determinare una quota parte significativa delle criticità attraversate dagli agricoltori oggi. Sono le nostre scelte sull'estetica dei prodotti che spesso genera ai produttori una forte frazione di scarto da gestire, sono i nostri comportamenti che spesso danno agio alla distribuzione di poter mettere alle strette il mondo agricolo sui prezzi d'acquisto. Così come sono le nostre adesioni a mode o a campagne mediatiche artefatte - olio di palma docet - che posso spazzare via interi settori agrozootecnici immotivatamente o determinare maggiori o minori bisogni di import di dati prodotti.

Alla fine ci siamo anche noi tra gli sfruttatori del mondo agricolo, cui portiamo oggi la nostra imbelle solidarietà, come quella della signora dell'inizio di questo mio vaniloquio.

Questa nostra solidarietà è inoltre una occasione persa, perché anziché fomentare il più o meno fondato risentimento degli agricoltori, dovremmo provare a riflettere con loro delle scelte errate fatte e in corso d'opera da parte delle Istituzioni, della Società e del medesimo mondo agricolo - basti pensare alle tante campagne della Coldiretti, fondate più su pregiudizio e protezionismo dal fiato corto, alla lunga rivelatesi assai controproducenti (e non è un caso se essa stessa oggi è contestata, e vorrei dire: finalmente!) - che qualche riflessione su se stesso la deve fare. L'agricoltura ha un impatto nel consumo di risorse e sulla sostenibilità delle produzioni. Demonizzare e negare i temi ambientali è, perciò, quanto mai errato. Lo sottolinea giustamente quella che, ad oggi, è ancora una delle migliori teste dell'ambientalismo quello serio, ossia Edo Ronchi, che invita il mondo agricolo ad aver contezza di come gli effetti del cambiamento climatico avranno, ed hanno già, un peso enorme sulla capacità del sistema agricolo e lo avranno sempre di più si in termini di quantità che di qualità delle produzioni. Strategie collettive e innovazione tecnica non sono eludibili in nome di vantaggi di corto orizzonte.

Certo, abbracciare acriticamente soluzioni più figlie di apparenza mediatica che di solidità tecnica, in nome di approcci più ideologici che ponderati è altrettanto deleterio. Soprattutto se non si valutano le ricadute sociali e gli scenari possibili. Lo ha ben espresso più volte, spesso in solitaria, spessissimo in tempi non sospetti, l'eroica Deborah Piovan che, con raziocinio ed una compostezza che non pare di questi tempi, più volte ha evidenziato come talune politiche della UE, per esempio quelle pro Biologico e sugli agrofarmaci, avrebbero profondamente messo in discussione la sostenibilità economica e ambientale del settore primario europeo, senza portare a benefici tangibili in termini di produttività o di contenimento degli impatti del settore sul clima e le varie matrici ambientali.

Ma si sa, a noi piacciono di più i guru, quelli delle belle parole e dei prediconi, che sanno affascinare anche Istituzioni spesso culturalmente e tecnicamente impreparate al governo di certi fenomeni, e che, però non rispondono mai degli effetti delle loro azioni, o delle campagne mediatiche di cui si fanno promotori, facendo leva sull'emotività dell'opinione pubblica, spesso senza supporto di dati o distorcendoli pur di supportare le proprie teorie, a scapito di innovazioni che, correttamente gestite potrebbero avere, vedi gli esempi delle biotecnologie  o più recentemente delle farine d'insetto.

L'agricoltura è fondamentale, letteralmente, per il sostentamento della popolazione mondiale, per il contrasto alla fame e alla povertà. Così come ha un ruolo non secondario verso un sviluppo ambientalmente più sostenibile su scala globale. E' necessario un vero coinvolgimento degli operatori del settore nell'elaborazione delle strategie di lunga durata che riguardano il settore, affinché trovino condivisione e siano efficaci. Ma il mondo agricolo deve porsi in un'ottica di apertura, di capacità di guardare, mi si passi la facezia, oltre al proprio orto, essere pragmatico e innovativo e non lasciarsi incantare dai pifferai della demagogia e della disinformazione.

mercoledì 10 gennaio 2024

Hasta siempre compagnero Charles

Ogni volta che mi imbatto in articoli, libri, dichiarazioni di contestazione o comunque messa in dubbio della "Teoria delle Specie" del buon Darwin, vado sempre un po' in agitazione.

In primis per una ragione, che potremmo definire, sentimentale. Charles Darwin divulga la sua Teoria in età molto avanzata, dopo anni di ragionamento, studio e approfondimento e dopo una gioventù d'esplorazione. Questo è per me ragione di speranza, mi da l'illusione di poter, ancora, lasciare un segno nel campo della conoscenza umana.

In secondo luogo, invece, per un motivo ben più sostanziale, l' Evoluzione delle Specie, è l'argomento razionale e oggettivo, più forte in assoluto contro tutte le tipologie di discriminazione su base etnica, sessuale e di genere e per derivazione anche su quelle sociali.

Non è un caso, infatti, se in molte teocrazie, negli stati nostalgici del segregazionismo e nei regimi che  predicano la superiorità etnica, Darwin non venga insegnato o addirittura sia oggetto di mistificazione o la una teoria venga impropriamente derubricata a mera ipotesi al paio di altre (questo soprattutto negli stati del sud USA).

Non è un caso che i sostenitori dello schiavismo negli USA fossero per lo più creazionisti e sicuramente antievoluzionisti, solo così potevano trovare supporto culturale rispetto allo sfruttamento dei neri o alla cacciata dei nativi americani, allo stesso modo si sono giustificati i vari colonialismi ottocenteschi, gli orrori dell'antisemitismo, genocidi e financo lo sfruttamento sociale, i proletari d'altronde, se sono socialmente inferiori dovranno esserlo anche antropologicamente, o almeno così si è lungamente pensato. E taluno forse pensa ancora. Le stesse prevaricazioni sulle donne, di fatto, trovano giustificazione in quelle posizioni che vorrebbero gli essere umani creati diversi, con ruoli e importanze diverse e perciò diversi diritti.

Darwin smantella il costrutto logico che sta alla base di tutto ciò, razionalmente e metodicamente, con dati, osservazioni, deduzioni solide. Pur non possedendo cognizioni di genetica, che emergeranno solo dopo alla divulgazione della "Teoria delle Specie", a corroborarla e integrarla, Charles Darwin in questa sua operazione riesce piuttosto bene, a giudicare dalla veemenza astiosa con cui i detrattori della Teoria, provarono vanamente a reagire. E ci provano anche oggi.

Nell'opinione pubblica odierna, troppo spesso la Teoria dell'Evoluzione è interpretata come un'ipotesi, o comunque una postulazione non ancora consolida, opinabile, se il creazionismo non è più sostenibile - almeno dovrebbe essere - ecco che spunta "il disegno intelligente" ossia l'opera di una qualche demiurgo divino o alieno a orientare l'evoluzione della vita sulla Terra - ovviamente orientare per arrivare a noi, che saremmo prodotto di un intelligenza e non dei fattori esposti lucidamente da Darwin. In questo strisciante svilimento dell'Evoluzione si è spesso arrivati anche alla prospettiva di una sua uscita o ridimensionamento nei programmi scolastici o comunque a esporla con molti svarioni nei testi di scuola.

Ma questo fenomeno e, più in generale, lo svilimento della Teoria dell'Evoluzione Darwiniana e dei suoi successivi perfezionamenti, non va sottovalutato, anzi andrebbe visto con preoccupazione da parte di una società con una coscienza civile, democratica, perché una sua rimozione, porterebbe inevitabilmente a mettere in discussione quei principi universali sui diritti umani, che sono il fondamento stesso di quello che noi chiamiamo Occidente, per lo meno nella sua accezione migliore.