sabato 22 febbraio 2014

Ambiente, oh Renzi, ma non si doveva cambiare verso?

Mi spiace, ma stavolta, mi unisco al coro del mondo ambientalista, che dalla rete, non nasconde la propria delusione per il nuovo nome al dicastero dell'ambiente. Gian Luca Galletti, UDC, nessuna competenza e soprattutto nessuna attività di rilievo nemmeno politica in campo ambientale. Sembra proprio che il ministero dell'Ambiente sia stato usato come casella, da manuale cencelli, per assegnazioni di posti cruciali agli equilibri del governo, ma forse non del paese. O si capisce una buona volta che il ministero dell'Ambiente, NON è un ministero di seconda fascia, cosa che invece traspare spesso nelle parole e nei comportamenti, visto che il ministro precedente (Orlando, Pd, di cui non credo rimpiangeremo e forse nemmeno ricorderemo, il periodo da ministro dell'Ambiente), si ritiene "promosso" per il suo passaggio alla giustizia), o questo paese resterà sempre indietro. Dalle altre parti all'Ambiente mettono ministri giovani, capaci, intraprendenti, poiché è chiaro che innovazione, sviluppo, rilancio economico, qualità della vita, passano per questo dicastero, le norme che ci diamo in campo ambientale condizionano lo sviluppo industriale, in positivo, ma anche in negativo, condizionano linee di ricerca, condizionano il territorio e la sua gestione, condizionano molto il futuro di tutto. Il ministero dove c'è più futuro è questo, come Renzi abbia potuto scordarlo è davvero per me incomprensibile. Spero che questo Galletti stupisca, ma credo che sarà nella migliore delle ipotesi (non gliene faccio una colpa, caso mai la faccio a chi ce l'ha messo, usando quei vecchi schemi che avrebbe dovuto superare) un mero ministro di passaggio.
 Se su quella poltrona non si siede qualcuno che sappia unire sensibilità ambientale, pragmatismo e conoscenza dei temi e capacità di confronto questo paese non ripartirà mai davvero nell'industria e nello sviluppo, e nel riordino del territorio. Non ci si può improvvisare. Ormai da anni, invece, li si siedono imbelli, ipocriti, burocrati, taluni incapaci, inetti o grigie figure, di alcune non facciamo nemmeno il nome tanto ce ne fa rabbrividire il ricordo,  onestamente tolti Edo Ronchi e da ultimo Corrado Clini, di ministri dell'Ambiente veri non ne abbiamo avuti altri. Temiamo nemmeno stavolta.

Le ultime follie del consorzio... lo strano caso dell'appendino.

Un celebre film è intitolato "L'ultima Follia di Mel Brooks" dell'omonimo regista, talmente demenziale e strampalato, che l'unico titolo che gli si poteva dare era proprio quello di follia.  Potremmo darlo anche a una delle ultime circolari del CONAI, il Consorzio Nazionale Imballaggi, oppure intitolarla "lo strano caso dell'appendino". Facciamo un piccolo passo indietro. In Italia le raccolte differenziate dei materiali, plastici, metallici o di vetro, sono promossi dai consorzi di filiera, che fanno capo al CONAI, istituiti con il DLgs 22 del 97 (al secolo il decreto Ronchi, dal Ministro per l'Ambiente di allora, Edo Ronchi), e riguardano il materiale da imballaggio. Questo perché i produttori d'imballaggi, pagano un contributo (Contributo Ammesso al Consumo - CAC), che serve poi a finanziare la raccolta e l'avvio al recupero degli stessi una volta cessato il loro uso. Il contributo viene girato dai consorzi ai Comuni o ai soggetti da questi delegati (per esempio le aziende incaricate della gestione del ciclo rifiuti), al momento in cui questi consegnano il materiale raccolto alle varie piattaforme consortili, in funzione della qualità del materiale, ossia meno frazione impropria c'è più te lo pago. Per frazione impropria intendo tutto ciò che non riguarda quel tipo di raccolta e tutto ciò che non è imballaggio. Per esempio se al centro di ritiro del consorzio della plastica (COREPLA) porto delle bottiglie in PET raccolte dagli ecocentri e in mezzo ci sono dei giocattoli in plastica, questi sono considerati scarto e causeranno un deprezzamento del mio materiale. Anche se fossero fatti della stessa plastica delle bottiglie. Perché? Perché il produttore dei giocattoli non ha pagato il CAC e quindi il consorzio non si piglia la briga di raccoglierli. Un sistema non virtuosissimo, al di là delle edulcorate campagne pubblicitarie. Fortunatamente, spesso sono i gestori del sistema di raccolta che si occupano tramite il vituperato libero mercato di avviare a valorizzazione e recupero anche i flussi extra Conai (è il caso di ciò che avviene, per esempio nell'ambito delle raccolte gestite nel sistema veneziano...), anche se ciò implica uno sforzo in più degli impianti di selezione, che però ha ricadute positive sia ambientali che economiche. Ora tornando agli appendini, sino a fine 2013 quelli in plastica (quelli di legno e filo di ferro già erano accettati dai consorzi del legno e dell'acciaio) erano considerati frazione impropria (come per esempio fino al 2012 i piatti in plastica  usa e getta) dal COREPLA e quindi dal CONAI, per cui venivano regolarmente computati nella frazione estranea. Dal 1 gennaio il CONAI scrive che sono ammesse alle categorie imballaggi (e quindi computate come buone) quelle vendute assieme all'indumento, mentre non lo sono quelle vendute singolarmente, tipo quelle che uno si compra al supermercato. "Scusi consorzio, ma io operatore, come distinguo le due tipologie, quando me le trovo nel mucchio della raccolta differenziata?" "Semplice le grucce vendute con appeso un abito sono imballaggi, le altre no". Scusi Consorzio, ma come faccio, chiedo al cittadino di buttarle con l'abito? Ma no, se in sede di analisi sulle grucce si riscontra il marchio di un produttore di grucce che notoriamente le vende sfuse sono frazione estranea se no no" Scusi Consorzio, mi dice almeno 5 marche di produttori che notoriamente vendono le grucce come prodotto finito sfuso?" Silenzio.   Il dialogo, ispirato a uno realmente avuto, è un po' romanzato, ma non troppo. L'impressione è che la mossa sia furba, da un lato piglio il CAC da chi fa attaccapanni, dall'altra li contesto e pago meno il materiale quando mi viene consegnato, vista la massima discrezionalità del consorzio in sede di analisi. A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca.
In conclusione, cari cittadini, se da domani gli operatori del servizio di raccolta vi chiederanno di buttare gli appendini nelle raccolte uniti ad un autocertificazione in cui dichiarate che l'appendino lo avete preso con un vestito e con lo scontrino del negozio di vestiti, sapete il motivo e non prendetevela con chi gestisce la raccolta, ma con un paese di burocrati che fa regole senza pensa alla concretezza. O le fa con grande furbizia

lunedì 10 febbraio 2014

I Geologi non cantano...


Interessante intervista del prof. Ferrarotti, affronta un tema a me caro, quello della comunicazione e della spiegazione razionale della realtà, ovverosia la difficoltà a esplicare con raziocinio le questioni concrete a fronte di un pressapochismo sensazionalista e di un diffusa cultura dell'improvvisazione.
Siamo davvero in un deserto, abbiamo perso il sapere tradizionale, senza aver acquisito quello razionale.