domenica 23 ottobre 2022

Il dissesto idrogeologico nel Parlamento "largo".

Sì è appena insediato il Governo della Thatcher de noantri, di cui non è ancora chiaro cosa pensi in tema ambientale, a parte, a quanto pare, non apprezzare il termine "Transizione Ecologica", visto che si è affrettata a cambiare il nome al relativo Ministero. Il programma del centrodx non dice granché e il neoministro a questo dicastero ci pare che di temi ambientali in senso lato, o in senso stretto, poco si sia occupato fino a ieri. Che l'assegnazione della nomina sia più frutto di spartizioni elettorali che di volontà di dare un segnale su questi temi, è un dubbio più che legittimo. Il Ministero dell'Ambiente, torna ad essere, come troppo spesso è stato in questo paese, duole dirlo spesso con le coalizioni di centrodestra, una mera casella da occupare nell'ambito degli equilibri di potere. E non è bene, vista la strategicità che questo ha assunto in epoca recente. Non vorremmo che ci fosse una mera gestione ragionieristica di tale dicastero. Staremo a vedere. 

Vediamo, però, qual'è il lascito della XVIII legislatura, quella appena conclusa, l'ultima "larga", nel senso del numero dei parlamentari, su un tema strategico come il Dissesto Idrogeologico, prepotentemente di attualità, sebbene l'ISTAT ci dica che tra le preoccupazioni sulle questioni ambientali questo sia nella metà bassa della classifica. Ce ne ricordiamo solo quando piove molto, e per questo si continano a trascurare azioni fondamentali. Le istituzioni spesso seguono questa umoralità, anziché programmare con lungimiranza.

La legislatura appena conclusa ci lascia un corpo di interventi di un certo peso, ma non sempe coerente, anche perché si sono avvicendate 3 compagini di governo diverse, quindi che sia mancata una strategia coerente è anche comprensibile, anche se su questo tema dovrebbe esserci una convergenza bipartisan consolidata. Se si fosse in un paese ragionevole, ovviamente. L'attività dei governi è stata, comuque, evidente, sia in termini di risorse messe a disposizioni che di provvedimenti. Si è partiti - male, a nostro avviso - con la dismissione della struttura di missione "Italia Sicura", per poi sostituirla prima con una struttura di coordinamento in seno alla Presidenza del Consiglio e con il varo del Piano Proteggi Italia. L'introduzione della denominazione delle strutture commissariali regionali dedicate al dissesto idrogeologico, con fondi e strutture, ed ovviamente tutti i provvedimenti ad ho per i vari eventi calamitosi avvenuti dal 2018 in poi.

I fondi messi a disposizione sopratutto col PNRR non sono stati pochi, speriamo siano adeguati i controlli per una spesa efficace. Si segnalano alcune azioni di sollecito da parte del Parlamento, il sostegno ai "Contratti di Fiume" e la promulgazione di diverse norme finalizzate a rendere più rapidi gli iter autorizzativi dei lavori finalizzate alla mitigazione del rischio idraulico e idrogeologico.

Tra le novità di fine legislatura la costitutuzione del Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica, che dovrebbe coordinare gli interventi sul tema, tra i vari ministeri, l'obbligo del MITE di riferire entro ogni 30 giugno al Parlamento sulle iniziative per la riduzione del rischio connesso col dissesto idrogeologico, il rifinanziamento per il completamento e l'informatizzazione della Carta Geologica d'Italia, strumento conoscitivo fondamentale per qualsiasi pianificazione razionale, l'istituzione di un fondo per il ripristino della continuità della rete idrografica, la cui frammentazione è spesso tra le cause primarie degli effetti più devastanti negli eventi avversi. 

Vedremo se questi ultimi interventi sopravviveranno e avranno compimento in questa nuova legislatura. Sopratutto ci sarà da capire se le tematiche ambientali sono considerate secondarie o primarie e se si preferisca gestire gli effetti delle calamità piuttosto che cercare di prevenirli con una pianificazione, che spesso può non essere elettoralmente conveniente, ma sicuramente quello che servirebbe fare.

martedì 4 ottobre 2022

Non siamo un paese per minatori. O forse no?

Siamo abituati a raccontare il nostro paese  come povero di materie prime e dai giacimenti esauriti o con scarsa attività estrattiva, raccontata come ormai retaggio del passato. Anche l'estrazione degli idrocarburi è vista come un'attività irrilevante se non deplorevole da molte parti della nostra società. Le ultime miniere sarde sono chiuse da tempo e le storie di giacimenti metalliferi sono materia d'archeologia o comunque degli storici. 

I giacimenti minerari in Italia non è che manchino completamente, ma spesso si trovano in configurazioni, o in dimensioni che li rendono scarsamente convenienti. O almeno così era fino a qualche "giorno" fa.  La transizione ecologica, con la corsa alle rinnovabili e all' "elettrificazione" ha scatenato una fame di molti elementi e ciò che prima poteva sembrare un osso da rosicchiare a malapena, oggi diventa boccone appetibile. Basti pensare al caso del Litio (Li) i cui usi principali fino a qualche anno fa si limitavano a vernici, antidepressivi, lubrificanti. Il ricorso a larga scala delle batterie al Litio, in un sacco di applicazioni lo ha reso richiestissimo con una previsione di sestuplicare i fabbisogni  da qui al 2030 arrivando a necessitarne 1.8 milioni di tonnellate. Ottimizzazioni e riciclo non consentiranno di ovviare a questo dato in modo significativo, per cui l'estrazione è quanto mai necessaria. Situazioni analoghe si hanno per le Terre Rare, il Cobalto, come già scritto altre volte. Un'articolo di alcuni ricercatori dei dipartimenti di Geoscienze di Pisa e Firenze compie una interessante ricognizione sulle potenzialità del nostro paese relativamente all'estrazione di Litio. Cogliamo l'occasione per ragionare sul tema e per arrivare ad una riflessione che riguarda la Geologia Italiana, intesa come comunità tecnico scientifica.

Ad oggi sono due le principali tipologie di riserve che coprono la richiesta mondiale di Li:

- le "brine" che soddisfano il 60% della produzione mondiale, che corrispondono a bacini evaporitici, ossia siti in cui durante la storia geologica si sono avuti eventi siccitosi che hanno permesso la precipitazione di sali di Litio (processo similare a quello che porta a produrre la salgemma nelle saline), i più importanti sono in Cile, ma ne troviamo praticamente lungo tutta la costa pacifica americana;

- le "pegmatiti" che sono rocce magmatiche intrusive, ossia che non escono a "giorno" e che corrispondono alla fase finale della solidificazione di magmi granitoidi (cioé che danno origine a rocce ricche in feldspati, quarzo, plagioclasio, miche etc) in cui spesso si hanno abbondanti presenze di minerali quali lo spodumene (un pirosseno) o la lepidolite (mica) ricchi in Litio. Queste si trovano in U.S.A., Brasile, Australia e Africa.

Un caso interessante è la miniera di Jador in Serbia, che oggi produce il 10% del richiesta mondiale di Litio e che è costituita da un giacimento di Jadorite, un minerale borosolicato derivante da alterazione idrotermale (risalita acque calde da circuiti magmatici sotterranei) di argille vulcaniche.

In Europa le "brine" non sono particolarmente estese, mentre lo sono le pegmatiti che troviamo in Galizia (non a caso sito di grande interesse nella strategia europea di approvvigionamento di Litio), Francia, Ucraina, in corrispondenza delle intrusioni magmatiche che si sono generate durante l'orogenesi ercinica-varisica, avvenuta nel Carbonifero (350-300 milioni di anni fa), in cui i paleocontinenti di Gondwana e Laurasia collisero generando le catene più antiche dell'Europa. 

In Italia le pegmatiti ci sono, ma non sono sempre in posizione utile potremmo dire. Gli affioramenti paleozoici non sono molti. Ne abbiamo in Sardegna, isola d'Elba e Calabria, con concentrazioni di Li variabili, si hanno presenze associate con i terreni austroalpini in alcuni tratti delle Alpi e in corrispondenza di metamorfiti permiane. In Alto Adige esiste una concentrazione di minerali simil Jaderite che meriterebbe approfondimento. 

Molto interesse però destano siti dislocati lungo la catena appenninica.

Larderello noto per i campi geotermici, i Campi Flegrei, i Colli Romani, l'Appenino settentrionale nelle zone di sfruttamento idrocarburi. In queste zone abbiamo circuiti idrotermali ad alto o a bassa entalpia che attraversano terreni paleozoici, talora evaporiti, producendo brine ad alto contenuto in Litio. Spesso si ha anche un elevato rapporto Mg (magnesio)/Litio, il che rende problematica l'estrazione di quest'ultimo, quindi l'apprezzabilità di questa fonte potenziale dipende anche dal rapporto Mg/Li. 

Siamo, quindi, ad una fase di conoscenze ancora sommaria, ma gli elementi per approfondire e le potenzialità di fonti accessibili ci sono tutte.

Perché porsi questa questione della reperibilità di Litio in Italia? Il nostro paese si sta avviando a diventare un grande produttore di batterie al Litio. Capite bene che poter contare "anche" su approvvigionamento "casalingo" riduce costi e impatti. Ovviamente l'attività estrattiva non è indolore e va gestita con grande attenzione alla "sostenibilità" e compatibilità che devono essere pratiche e non enunciazioni. L'estrazione del litio in sudamerica ha impatti ambientali pesanti e le condizioni dei lavoratori sono di fatto schiavistiche. La rivoluzione verde non si può fare sulla pelle dei paesi poveri, altrimenti, col capitalismo del fossile non c'è grande differenza. Anzi sarebbe un peggioramento, visto che le estrazioni di idrocarburi si sono "umanizzate" significativamente rispetto agli inizi.

E qui arriviamo finalmente a noi Geologi. Che troppo spesso ci raccontiamo come irrilevanti o sulla via del tramonto. La decarbonizzazione dell'economia, la transizione energetica dal fossile alle rinnovabili se non vogliamo siano solo slogan per concretizzarsi richiedono comunque l'attingimento di risorse naturali. Certo questo va fatto in modo controllato e il più possibile sostenibile, vanno efficentati i processi e massimizato il recupero, ridotto lo spreco, ma il ricorso a risorse naturali è e resterà ineludibile. Così come la necessità di perseguire il più possibile, la massima prossimità praticabile tra materie prime e utilizzazione. L'Italia vuole  essere soggetto forte nella produzione di batterie e per questo le serve Litio. Possibilmente Europeo. Meglio se anche un po' tricolore. Serve pertanto recuperare vecchie professionalità accademiche oggi desuete, serve aprirsi a nuove necessità di approfondimento tecnico e scientifico. Serve riprendere attività di prospezione in Italia in modo innovativo e attento, serve una nuova fase della Geologia mineraria in questo paese e la riscoperta della Geologia Economica. Serve che l'accademia ne sia consapevole, come la comunità professionale dei Geologi. Serve esserci perché i campi sono quelli nostri e se vogliamo che questa cosa sia fatta bene e non sia l'alba di una nuova economia di depauperamento dell'Ambiente dobbiamo esserci. Da protagonisti.


Bibliografia

Minerals | Free Full-Text | Lithium Occurrence in Italy—An Overview (mdpi.com)