martedì 28 giugno 2022

Cacciatori di Dinosauri

Non potevamo non leggere il libro di Federico Fanti paleostar in ascesa, protagonista di una serie di documentari su NG, professore a Bologna, anche se sapevamo in partenza che probabilmente avremmo goduto della lettura, ma anche sofferto. E così è stato. Goduto perché il libro, che non è per soli PaleoNerd (usiamo un po' di slang giovanile, avremmo detto paleontofili ai tempi in cui eravamo rispettabili), e nemmeno per addetti ai lavori, è per l'appunto per tutti. Dai giovani curiosi di paleontologia, a quelli affascinati dai dinosauri, agli studenti di Geologia, agli attempati che magari si sono messi a guardare i documentari di Fanti in TV. Viene presentato il lavoro di Paleontologo dei dinosauri, ovvero del "Cacciatore" come si autodefinisce con entusiasmo più volte il professor Fanti nel corso del suo racconto, nell'esperienza personale dell'autore. Tra viaggi in giro per il mondo e peripezie di vario genere, che vanno dalla perquisizioni notturne, gli orsi, la dissenteria, la ricerca di fondi e l'orrido mostro delle burocrazia. Si parla di scoperte e di intuizioni paleontologiche, della necessità di combattere il mercato dei fossili, problema annoso, che priva gli studiosi di materiale da capire e in generale fa perdere informazioni preziosi per capire l'evoluzione dei grandi sauri, oltreche alimentare la depredazione di territori.
Sebbene si dia a tratti un'immagine all'Indiana Jones del Paleontologo, si evidenzia il fatto che stiamo parlando di uno scienziato, che si alterna tra campo e laboratorio e qualche peripezia in più degli altri. Non può non esserci una passione pura per fare questa professione, passione che parte presto nell'autore, ma mediamente in un po' tutti i Paleontologi. Insomma ci si nasce. 
Tocco davvero intrigante il riportare stralci originali dei diari di campo, che ben rappresentano il modus operandi di un Geologo quando rileva. Fanti evidenzia bene come quando si scopra un fossile, sia un elemento imprescindibile anche lo studio della roccia che lo contiene e del circondario, per poter ridare vita fino in fondo al reperto. 
Ci si permetta un solo appunto a noi miseri dilettanti, nel capitolo in cui si parla di dinosauri italiani parrebbe che fosse la scoperta di "Ciro", lo Scipionix Samniticus, il dinosauro di Pietroja, a rivelarci che anche lo stivale nel Mesozoico ospitava grandi sauri in realtà lo si sapeva da ben prima, dalle impronte dei Lavini di Marco a Trento o del Pelmetto a Belluno (speriamo il Fanti, se mai ci leggerà, sia meno irascibile del suo mentore, l'esimio Prof. Vai, che tanto s'adirò lustri fa, con noi umili commentatori, che osammo fare una recensione  con qualche osservazione su una mostra dedicata ai dinosauri nel museo Cappellini di Bologna).
Ed il soffrire? Oh per tutti il libro sarà piacevole, ve lo consigliamo davvero, ma per quelli come noi, un po' amaro in bocca ce lo ha lasciato. 
Perché anche noi, come il Fanti, siamo stati affascinati in tenera età dai grandi sauri (e se il suo preferito era lo Stegosaurus, il nostro era il Triceratops); anche noi ci siamo iscritti a Geologia perché volevamo affrontare la sfida di scavare dinosauri in giro per il mondo e capire in che ambiente son vissuti e come hanno fatto ad avere il loro enorme successo evolutivo. Anche noi avremmo voluto dedicare una specie ad un amico. Ma noi non lo abbiamo fatto. E non tanto per incapacità o sfortuna, ma per paura e pigrizia. Alla fine siamo scesi a compromessi. Avremmo dovuto, forse, cambiare ateneo, alla ricerca di uno dove ci fosse un corso dedicato, avremmo dovuto, magari, fare una più lunga esperienza all'estero. Trovare la forza di lasciare amici e occupazioni e abbracciare la sfida di un mondo più grande. 
Ed invece prima abbiamo optato per la micropaleontologia, per altro con brillante esito, ma poi anche lì, spinti dal calcolo - e da una certa incapacità di "mediazione" - abbiamo optato per la Geologia Ambientale. E da 20 anni ci barcameniamo tra rifiuti, bonifiche e acque sporche. Avremmo voluto l'ardimento di Fanti. Non la passione di mancò, ma il coraggio  e, forse, un pizzico di incoscienza. 
In fondo quel bambino che aveva il poster dei dinosauri in camera e faceva diorami e scheletri per diletto, che scriveva quaderni di teorie e divorarava libri, lo abbiamo tradito. E non c'è giorno che non ce lo ricordi.
Al professor Fanti va il nostro plauso, il nostro entusiamo, la nostra invidia, e un po' di rammarico.
Scusate la digressione intimista. Leggete il libro. Se siete genitori fatelo leggere ai vostri figili.

giovedì 9 giugno 2022

Il green new deal è pulp, molto pulp. Pure troppo.

Quando si parla della transizione ecologica, delle rinnovabili, delle energie e tecnologie alternative, che dovrebbero sostituire i combustibili fossili e il motore a scoppio, normalmente ci immaginiamo un futuro, come quello presentato in certi film, una Terra tecnologica, pulita, pacifica, progredita. E se qualcuno prova a fare le pulci a questo scenario viene annoverato tra i "cattivi", biechi agenti della Lobby del Fossile, retrivi agenti del Cambiamento Climatico. Questo perché, nella moda della semplificazione, le rinnovabili sono il bene, il resto male. Semplice. Ma la realtà purtroppo non è semplice. La Terra è un insieme di processi e storie complesse e complicate e così le sue interazioni col genere umano. E per la cronaca, un cambio di passo nel rapporto Uomo - Terra, serve all'Uomo non alla Terra. Nel senso che se compromettessimo a tal punto il quadro ambientale planetario da giocarci la nostra permanenza come specie, tempo un paio di milioni anni, a farla grande  - geologicamente uno starnuto - e il nostro Pianeta sarebbe di nuovo più bello che pria. Ma senza di noi.  Tornando all'argomento del post, la green economy, la mobilità con auto elettriche, l'utilizzo di eolico e solare come fonte principale di approvvigionamento energetico, comporta il ricorso a tecnologie che richiedono un forte contributo di minerali, per la produzione di batterie e conduttori. Litio, Cobalto, Nichel, Terre Rare, tanto per fare qualche nome. Con incrementi di fabbisogno da qui al 2050, se dessimo corso a tutti gli annunci fatti dai vari leader mondali, anche del 500% rispetto all'odierno. Dobbiamo esserne consapevoli. Come del fatto che l'attività estrattiva è spesso enormemente impattante ambientalmente e socialmente. Oltre che Geopoliticamente. Una transizione affrettata, emotiva, che investa su tecnologie immature, o che non considere anche la sostenibilità economico - sociale rischia di naufragare tragicamente, travolgendo anche lo stesso ordine sociale, anche nelle democrazie più solide. Sui metalli necessarie alle tecnologie green si stanno giocando guerre commerciali e finanziarie, e scelte che non soppesino adeguatamente gli scenari rischiano per esempio di far sì che da una dipendenza dalle fonti fossili e dai paesi produttori - spesso tutt'altro che libertari e democratici - se ne passi a una dai detentori dei monopoli sulle terre rare per esempio, tipo la Cina - del cui concetto di diritti civili, per esempio, non occorre dare grandi illustrazioni. Ecco perché la transizione va governata, e non vanno buttate a mare scelte di compromesso non al ribasso, ma di buon senso e sopratutto in primis, prima che preoccuparci di come produrla l'energia, dobbiamo iniziare a lavorare seriamente su come non sprecarla e consumarne meno.

E' per questo che ci sentiamo di consigliarvi caldamente la lettura del libro "Energia Verde? Prepariamoci a Scavare, di Gianni Brussato. Brussato è un Ingegnere Minerario (chissà perché i minerari ci risultano sempre simpatici rispetto agli altri Ingegneri) che col suo libro ci guida nel mondo dei minerali che sono/saranno cruciali per il nuovo paradigma energetico. In un viaggio intorno al mondo ci porta a visita miniere e giacimenti, raccontandocene la storia, i problemi e le prospettive. Non è un testo di giacimentologia stretta, anzi, si affrontano temi di geopolitca, sostenibilità ambientale e diritti sociali, infatti, non solo viene chiaramente spiegato, anche per non addetti ai lavori, come funziona l'industria estrattiva e chi sono le principali compagnie mondiali produttrici (al cui cospetto le famigerate industrie petrolifere a volte somigliano un po' a Braccobaldo), ma numeri alla mano, si tracciano le necessità che avremo di questi minerali, tali da rendere impossibile per esempio sopperirvi anche con le migliori pratiche di riciclo, e si analizzano anche le piccole, grandi, a volte enormi questioni che queste attività hanno su ambiente, comunità locali, equilibri sociali, assetti geopolitici. 

E' un testo che, secondo il nostro modesto avviso, farebbe bene leggere ai molti giovani entusiasti dei Fridays for future, non per demoralizzarsi, ma per acquisire consapevolezza e agli studenti dei corsi di Geologia, per comprendere meglio le interconnessioni della loro disciplina col resto del mondo, non solo quello litologico e il livello di responsabilità che devono metterci nel fare il loro mestiere, dove ci sono elementi che non possono fingere di non sapere.

martedì 7 giugno 2022

Jurassic World: "la corazzata Potmenkin" coi Dinosauri.

Tranquilli tutti, non la smeneremo con un lungo post in cui evidenziamo tutti gli errori paleontologici presenti nel film "Jurassic World il Dominio", per quello vi rimandiamo al Blog Theropoda dell'ineluttabile dottor Cau, che si è preso la briga con tutti i film della saga, da lui definita "Billy e il clonesauro", di evidenziare con dovizia di perizia tutte le bestialità presenti, unite a una sua serie di considerazioni tra il serio e il faceto. Vogliamo, però, dire anche noi la nostra. La prima: la maggior parte dei film dell'ultimo quinquennio, se non decennio, dalla saga di Jurassic Park, a Star Wars, Ghostbuster, Star Trek, Rocky, Alien e compagnia cantante sono tutti reboot, remake, sequel, prequel, spin-off di prodotti cinematografici degli anni '80-90. I primi lustri del 21esimo secolo paiono caratterizzarsi per un'estrema assenza di fantasia (è in arrivo anche un nuovo Indiana Jones, per dire...).

Confessiamo che noi, il primo film lo abbiamo adorato. E continuiamo a farlo. Rimane magica la scena dell'incontro con il brachiosauro, e il T-Rex resta iconico. Pazienza, anche lì di cappelle paleontologiche non ne mancavano, ma erano decisamente assai più contenute di tutte quelle venute in seguito. Ci piaceva Sam Neil - pazienza se si è prestato ai sequel - e ovviamente il grande Richard Attemborough. Attore meraviglioso, oltre che fratello del monumentale David.

I film successivi li abbiamo detestati tutti. E per intero visti praticamente nessuno. L'intento di produrre merchandising era evidente, e nel mondo dei Paleontologi quei film sono odiati e amati. Amati perché è vero che sono pubblicità per la disciplina (anche se solo per la Paleontologia dei Dinosauri), odiati perché hanno prodotto stereotipi pesantissimi nell'opinione pubblica sui Paleontologi, il loro lavoro, i dinosauri stessi. 

E poi perché si è creata una schiera di fan della saga, e non parliamo dei bambini che dei Dinosauri sono sempre stati, e sempre lo saranno, ammaliati, che sono peggio di quelli di Star Trek, che ogni volta si prendono la briga di vomitare improperi su tutti quelli che si mettono a commentare il film evidenziandone quelle che spesso sono demenzialità scientifiche (e vi chiederete, ma perché è necessario farlo se è solo un film? Perché se questo film produce distorsioni tali nella percezione che si ha di una scienza, tali da condizionare la stessa - si pensi alle scelte di politica museale, finanziamenti, accesso alle pubblicazioni e così via - perché ovviamente questo produce effetti rispetto alle risorse finanziarie per la ricerca, è ovvio che chi se ne occupa senta il dovere di intervenire).  Questo, a parte l'effetto psicologico che può avere sui malcapitati, se stiamo parlando di ricercatori spesso li rende invisi sui social, strumento oggi molto diffuso anche per la divulgazione e condiziona le scelte dei network per esempio nei programmi di tipo culturale. Basti pensare alla difficoltà nei lustri scorsi di introdurre l'aspetto "piumato" di vari dinosauri, così come risultante dalle evidenze fossili, rispetto a quello impresso nell'immagine collettiva da questi film. Non incontrando i gusti del pubblico, ancor oggi diversi programmi divulgativi ci danno una rappresentazione dei dinosauri più simile a quella di JP che non a quella del record fossile.

E tutto questo, ci si consenta una accenno di critica "Marxista", ovviamente è dovuto al potere economico esercitato dall'industria cinematografica, che ovviamente ben difende la "sua" rappresentazione dei dinosauri. Pensiamo al Velociraptor, è ancora quello del primo film, sebbene ormai sappiamo che nella realtà il suo aspetto fosse tutt'altro. Ma vuoi rinunciare al merchandising consolidato di giochi, gadget, videogame per una coerenza con il record paleontologico? Scherziamo?  Il capitale piega la forza lavoro, figuriamoci quella fossile.

Lasciamo poi perdere le trame, una più imbarazzante dell'altra. Non so se questo sarà l'ultimo film della saga, dicono di sì, dubitiamo. Direbbe Hammond, qui non si bada a spese. Noi continueremo ad amare il primo JP, a ritenere godibili i libri di Chrichton, a non guardare gli altri film e soprattutto con serenità a rispondere a chi ci chiederà un commento sull'ultimo film della saga, allo stesso modo del Ragionier Fantozzi al termine dell'ennesimo cineforum sulla corazzata Potemkin, sperando di non trovarci poi a doverne girare un remake.