domenica 12 marzo 2023

Come son da proletari OGM e GAS

Asserire oggi che gli Organismi Geneticamente Modificati e più in generale le biotecnologie applicate all'agricoltura e le estrazioni di gas, siano non tanto simbolo di un capitalismo multinazionale, quanto fattori di equità sociale e di supporto al proletariato, inteso come fasce economicamente più deboli, ovverosia, siano elementi che potremmo definire di Sinistra, non è cosa affatto scontata e per qualcuno, immagino, nemmeno plausibile. Proverò, con qualche dato alla mano perorare questa mia posizione, e cercherò soprattutto di spiegare il perché mi sia ardito a formularla.

Sono diversi gli studi autorevoli che evidenziano come l'agricoltura biologica abbia, a parità di superfici rese più basse e nessun particolare valore aggiunto nutrizionale. Ciò detto la stessa continua ad essere fortemente favorita dalle politiche comunitarie e nazionali e perciò a crescere in termini di superficie agricola impiegata. Un recente rapporto Istat evidenzia alcuni degli aspetti per cui la stessa è comunque appetibile agli agricoltori al netto di incentivi e del calo di resa. L'agricoltura bio è più costosa in termini di gestione, perché il mancato uso di fito farmaci e diserbanti rende necessaria una maggiore attività operativa (tralascio le discussioni sul fatto che il "verderame" non sia poi così "light" per l'ambiente), d'altro canto proprio il mancato uso di questi prodotti genera un risparmio agli agricoltori ed è meno produttiva in termini di resa delle colture, ma genera maggiori ricavi perché viene venduta a prezzi significativamente più alti dei prodotti "tradizionali" generando guadagni maggiori per i produttori. Ovviamente è "una certa" fascia di consumatori che si acquista bio, un target che si può definire "benestante".

I prodotti OGM consentono di ottenere rese maggiori con minori fabbisogni di terra, acqua, fitosanitari e possono essere "nutrizionalmente" potenziati, pratica già attuata in alcune aree del mondo e particolarmente utile in tal senso. Da menzionare, sempre fuori bio, l'agricoltura di precisione che attraverso l'impiego tecnologie quali il satellite, i droni, app varie consente di ottimizzare l'irrigazione, l'impiego di fitosanitari, le arature, i consumi, consentendo ai  produttori di ottimizzare i costi e aumentare le rese. I prodotti derivanti da queste pratiche sono sani, a minor costo e perciò accessibili anche a chi ha meno risorse a disposizione da spendere per l'alimentazione. Oltre che ambientalmente  più sostenibili.

Credo che il dibattito su questi temi sia stato ampiamente condizionato da un lato da ritardi nell'agricoltura tradizionale, che ha forse tardato in certi momenti verso l'innovazione, dall'altro dall'indubbia capacità di propaganda pro Bio, che ha saputo coagulare consenso nel mondo ambientalista, istituzionale e a livello mediatico, anche al netto delle evidenze scientifiche. A maggior ragione per tanto, oggi servi ricondurre a maggior razionalità la discussione sul tema delle politiche agricole.

Contro i combustibili fossili e i loro impiego soprattutto, molto si può, giustamente, recriminare. anche se, forse, in primis dovremmo recriminare contro noi stessi. Ma senza di essi non avremmo avuto energia a buon mercato, disponibile praticamente ovunque, elementi che sono stati indispensabili per migliorare la qualità della vita in modo ubiquitario. consiglio il libro "Elogio del Petrolio" per approfondire il tema. Ad oggi restano le fonti energetiche più accessibili nelle arre più povere e alle classi più deboli. L'accessibilità fisica ed economica all'approvvigionamento energetico, va attentamente considerato nei processi di transizione energetica, se non si vuole rischiarne la disparità sociale.

Secondo l'IPCC al 2050, anche nello scenario più ottimista (RCP 8.5) nel contenimento delle emissioni di CO2 il 30% del fabbisogno energetico sarà coperto da fonti fossili, GAS in particolare. Ad oggi in Italia, dove il 75% dell'approvvigionamento energetico è da fonti fossili, ed il gas complessivamente è il 40% circa, circa il 5% deriva da fonti nazionali. 20 anni fa coprivamo  circa il 20 e passa%. Poi si è preferito ridurre la nostra produzione a favore delle importazioni, con gasdotti e hub. E un anno fa ci siamo scoperti al guinzaglio di Putin ed oggi lo siamo di Azerbaijan, Algeria e Qatar, alla faccia del sovranismo e dei principi democratici dell'Occidente.

Le risorse nazionali oggi note (è dal 2008 che non esploriamo più) ci consentirebbero di coprire il 10% del fabbisogno nazionale, potremmo arrivare al 20% abbinando il biogas, ma è lecito aspettarsi che da una ripresa delle esplorazioni potremmo reperire riserve che ci consentirebbero di aumentare sensibilmente questo livello. Se abbiniamo politiche di ottimizzazione e risparmio dei consumi, contrasto alle emissioni fuggitive di metano, potremmo davvero ridurre in modo importante le importazioni da qui e nel medio lungo periodo.

Orbene, non occorre essere grandi tecnici per capire che estrarre in territorio naturale (attività in cui è opportuno ricordare la grande esperienza tecnica e professionale che questo paese può vantare) GAS sia ambientalmente ed economicamente più sostenibile e sicuro che approvvigionarsi da fonti estere, dove le instabilità geopolitiche possono, come abbiamo visto, generare speculazioni finanziarie pesanti, e vere e proprie limitazioni alla nostra indipendenza oltre che il rischio di dover barattare nostre scelte per metri cubi di carburante.

Instabilità e speculazioni che alla fine, anche queste, pagano sempre le fasce deboli, non dimentichiamocelo.