giovedì 10 gennaio 2019

RIPARIAMO L'ITALIA o forse è TROPPO TARDI?


Piccolo post con consigli di lettura, utile per fare un paio di considerazioni di livello più generale. Il libro "Troppo Tardi" del noto metereologo Luca Mercalli, affronta il tema del cambiamento climatico, delle scelte che dobbiamo fare come società per evitare il peggio e dei comportamenti che ciascuno dovrebbe adottare, a parte qualche scivolata un po' fricchettona e qualche ripetizione di troppo, il libro tocca temi concreti e questioni che sono sotto gli occhi di tutti. In primis la questione culturale, manca una consapevolezza profonda nei cittadini, particolarmente in noi italiani, su quello che possiamo fare come singoli e come società, viviamo come se il domani non fosse un problema nostro, mentre lo è, vi è un forte gap culturale anche nelle prevenzione delle calamità, si insegue l'emergenza e non si lavora per evitarla, manca una cultura diffusa di protezione civile, nonostante gli straordinari talenti nel nostro paese in tal senso. Vi è forse un limite nel discorso di Mercalli quando affronta il tema demografico, ritenendoci troppo numerosi (intesi come esponenti delle specie umana) ritiene positivo il fatto che nel 2050, fatti salvi imprevisti, come italiani saremo 6 milioni in meno rispetto a oggi, a seguito della denatalità. Non saremmo particolarmente rallegrati dal fatto, poiché saremo mediamente anche molto più vecchi, quindi, meno inclini a quei cambi di paradigma, sociali, comportamentali, economici, che per Mercalli, a ragioni, sono necessari intraprendere per moderare il tasso di riscaldamento globale. Particolarmente interessanti i passaggi circa le potenzialità che le ristrutturazioni degli edifici possono avere in termini di risparmio energetico e riduzione di CO2. 
Sul tema ristrutturazione degli edifici si concentra molto anche Erasmo de Angelis, giornalista, già
direttore di Italia Sicura, autore di Ripariamo L'Italia, dove ripercorre la storia degli eventi sismici in questo paese, evidenziando come da sempre siamo di memoria corta, piangendo morti durante le tragedie, ma facendo poco successivamente per prevenire gli effetti, perché, come più volte ricorda De Angelis, nei terremoti sono gli edifici il problema più che la terra.  Sono circa 560 i miliardi di euro spesi nella gestione post emergenza, ossia per ricostruzioni, secondo l'autore negli ultimi 60anni. Circa 60 quelli degli ultimi 10 anni. Con 100 si metterebbe in sicurezza da un punto di vista sismico l'intero patrimonio edile, compreso quello storico. Nonostante gli incentivi questo, sopratutto per ragioni culturali - si preferisce la Madonna, alla prevenzione - non avviene. Quando si parla di fascicolo del fabbricato o assicurazione sismica immediatamente la politica rivela la sua debolezza, visto che se si catalogasse lo stato di sicurezza del patrimonio immobiliare italiano, probabilmente crollerebbero i prezzi. E pensare che potremmo combinare la riqualificazione energetica degli edifici alla messa in sicurezza sismica, con contributi statali e con ovvi benefici per i cittadini, l'ambiente e l'economia, anche perché sarebbe l'occasione per riconvertire buona parte del settore edile nazionale, che non può più sperare di campare con l'urbanizzazione del territorio, visto i drammatici dati del consumo di suolo in questo paese, con tutti i problemi connessi. E anche nel caso della prevenzione sismica diventa fondamentale l'educazione della popolazione, alla gestione delle emergenze fin dall'infanzia. Applaudiamo quando vediamo nelle scuole giapponesi i bambini essere rigorosi e preparatissimi nelle simulazioni di calamità, salvo poi essere estremamente refrattari a importare e implementare una cultura e pratica simile nel nostro paese. Peccato che quelli che abitano in un pezzo di crosta terrestre per lo più scosceso, stretto tra due placche in collisione, con una attività vulcanica di rilievo, soggetto a eventi climatici intensi e affetto da un urbanizzazione spesso disordinata e con un patrimonio immobiliare con una significativa componente vetusta e obsoleta siamo noi.