martedì 8 luglio 2014

Moratoria su tutto. Anche sul buon senso.

Tafazzi, indovinate perché?
Il problema è che sto invecchiando e divento sempre meno tollerante. Tollero poco l'emotività, l'umoralità, il perbenismo, il falso pauperismo e una sorta di fricchettonismo simil '68. Purtroppo, molti di quelli che governano, o manifestano lo fanno spinti da questi elementi. Io non li sopporto. Fossimo in tempi più civili, il primo impulso sarebbe assestargli un colpo di mazza ferrata. Ma purtroppo siamo in tempi in cui le leggi che frenano la mia libertà d'espressione abbondano. Lo ammetto, io sopporto poco certi esponenti politici e movimentaroli vari, sopratutto quelli che automaticamente si pongono dalla parte dei buoni e mettono il resto del mondo tra i cattivi. E mettono tra i cattivi anche quelli che hanno la sola colpa di voler comunque ragionare con "gli altri" o voler comunque entrare nel merito. Ammetto, a me è capitato spesso. E tante, troppo volte, ogni volta per svariate ragioni, me ne sono dovuto stare zitto e abbozzare. Ma arriva un punto in cui uno deve dirla chiara.
Relativamente allo scandalo MOSE e compagnia, similmente a quanto ho scritto sul caso CLINI, credo che questi eventi abbiano molteplici effetti collaterali, riducono ulteriormente la credibilità delle Istituzioni e la fiducia nelle stesse, provocano spesso reazioni normative impulsive, che normalmente generano solo, in nome di trasparenza e controllo, norme iperburocratiche e ottuse, provocano una generale antipatia nell'opinione pubblica  per quelli che voglio "fare", facendo di tutta l'erba un fascio, e vedendo in tutti dei potenziali magnaccioni.
C'è in questo una sorta di "odio per il profitto". O meglio una sua criminalizzazione, che è figlia appunto di una distorta cultura pauperista cristiana e moralista sinistroide. Si badi, mi reputo di (non della, come amava specificare Gaber) sinistra, sono figlio di operai, ma io non ho invidia o odio per chi, onestamente, lavorando, senza fottere le leggi o il prossimo, riesce a far soldi. E persone così esistono. E non criminalizzo se costoro decidono di goderseli 'sti soldi invece che investirli nella società. E' un loro diritto. Certo, è encomiabile chi, arricchendosi con le proprie capacità, senza sotterfugi, poi decide di ritornare parte di questa ricchezza al territorio, donando opere o creando posti di lavoro.Ce ne fossero. Orbene sull'onda del caso Mose si sta facendo di tutta l'erba un fascio. Tutto è marcio, tutto è corrotto. Non si distingue tra chi lavora con serietà e competenza. E il rischio è che una politica inadeguata corra dietro a questo spirito. 
Perché dico ciò? Perché mi è arrivato un appello, che avrei dovuto sostenere, promosso dalla rete di vari comitati del no a qualcosa sorti in Veneto  (non che non si possa non essere contro un'opera, ci mancherebbe, io stesso sono, per esempio, contro l'Idrovia PD-VE - ma non pretendo di imporlo al mondo), per una moratoria a TUTTE le grandi opere in corso d'opera nel Veneto  (a parte guarda caso l'IDROVIA... ce l'hanno proprio con me...), così indistintamente. In questo appello appunto si dice che tutto è marcio e si critica Renzi, che invece ha distinto, rilevando come ci siano delle zone di malaffare entro un sistema socio - economico più vasto, dove ci sono anche forze e competenze "sane". No, i comitati criticano tale assunto, chiedono il blocco, la revisione di tutte le grandi opere, l'abolizione della finanza di progetto e vi discorrendo. A chi lo chiedono? A Renzi ossia al sistema! Ma come, se il sistema é marcio, chiedi al sistema di sistemare il sistema? Se il sistema è marcio o hai il coraggio di fare la lotta vera o stai zitto e rimboccati le maniche.
La verità è che questi sono professionisti della protesta, hanno una visione loro del mondo, rivoluzionari da salotto, spesso vivono proprio in quelle zone ipergarantite che il sistema italiano permette. Dirò di più, sono PARTE del sistema. Come spiega bene Stella nel suo "Bolli sempre bolli, fortissimamente bolli" la corruzione della politica e delle istituzioni diventa cronica laddove abbiamo apparati burocratici ipertrofici, norme pletoriche e astruse, passaggi plurimi. E' un sistema che si auto alimenta. Alla fine uno per fare, deve pagare. Orbene l'astrusità delle norme, la rindondanza dei passaggi è spesso figlia di un malitenso senso di "trasparenza e partecipazione" e le leggi più insulse spesso sono passate col plauso di questi mondi pseudo moralizzator-ambientalisti. Questi elementi istigano a un sistema Khomeista, e attacando chiunque proponga interventi pragmatici favoriscono invece il perdurare dei Boiardi. Lo ribadisco, immaginando che ciò mi attiri strali, anch'essi nel sistema hanno una loro funzione. Il sistema che non va e che va cambiato, ma col buon senso. E' una soluzione invocare la paralisi di un intero processo? E chi dovrebbe pagare lo stop? Pantalone tanto per cambiare? Tafazzismo puro. No, qui ci dobbiamo dar da fare, rivolgendoci a quelle strutture e a quelle competenze che in questi anni hanno gridato come voci nel deserto, denunciando le storture, ma soprattutto proponendo alternative vere, le cose vanno aggiustate in corsa, lavorando a testa bassa, non con slogan e discorsi pieni di presunte buone intenzioni, ma poche soluzione concrete. In cui va coniugata la tutela dell'ambiente allo sviluppo economico. Cosa che altrove si riesce a fare. Fossimo più seri, meno emotivi, e sopratutto meno ipocriti, potremmo fare anche qui. Spero, che in questa stagione di grandi speranze, ci sia anche un può di razionalità. Perché il rischio è che alla fine si arrivi a rimpiangere i magnaccioni. E allora sì che, come cittadini avremo perso davvero.

giovedì 3 luglio 2014

in punta di lingua

Come mio solito sto leggendo un paio di libri in contemporanea, "Storia dei Greci" di Montanelli e "Bolli, sempre bolli, fortissimamente bolli" di Stella. Il primo racconta, nello stile del grande Indro, la storia del popolo che diede i natali alla civiltà d'occidente, il secondo è un viaggio nell'Italia della burocrazia, tra follie normative e linguistiche. Sembra impossibile, ma tra i due testi c'è più d'un collegamento. Nel viaggio di Stella tra le carte bollate italiche, c'è un interessante passaggio sulla lingua. Perché il burocratese è così ostico, chiuso, ampolloso al punto da essere ridicolo? Perché il burocrate vuole dare importanza a ciò che fa, scrive, anche quando sta banalmente normando quanta acqua deve starci in un water standard. Il burocrate deve usare un linguaggio che sia per pochi, per dei "sacerdoti" della dottrina, gli unici depositari del titolo di scrivere, leggere e far comprendere le norme. Se il popolo capisse da solo le leggi, allora queste sarebbero cosa da poco. Stella ci fa capire come ormai ci sia un sostanziale delirio, ormai sclerotizzato, di chi si occupa di leggi e regolamenti e di come questo delirio ormai si sia insediato stabilmente nel sistema, e per questo sia così difficile da debellare. E questo delirio tocca tutti, anche la società, che più o meno volontariamente chiede leggi non di buon senso, ma minuziose sino alla nausea e, perciò, farraginose e invoca giustizia, confodendo il diritto, col suo abuso, anche per i panni di quello del piano di sopra che gocciola sul terrazzo di sotto, contribuendo pesantemente alla paralisi del sistema giudiziario, già poco agile di suo. Di contro nel racconto della Grecità di Montanelli, ecco uno stile piano, asciutto che espone con una scorrevolezza e godibilità estrema le vicende dei "coturnati achei" di Atene e Sparta, di Pericle, Socrate, Epaminonda e via dicendo.  E, in questo caso, oltre alla lingua sarebbe da riflettere anche sulla gestione delle Leggi a quei tempi.
 L'opera storiografica di Montanelli fu oggetto di pesanti attacchi degli storici di professione, trovarono che la materia venisse troppo banalizzata, che venissero fatti eccessivi parallelismi col presente - Montanelli li usa spesso, per rendere più chiare le vicende - insomma l'opera era grossolana, troppo semplicistica e poco "accademica". Si badi non si critica il contenuto, ma l'esposizione. Ma Montanelli voleva raccontare, appassionando, al maggior numero di persone possibili quella storia. Aveva messo in conto le critiche, ma non perse l'obbiettivo, raggiungere chi ai dotti manuali non si sarebbe mai avvicinato. Per farlo sacrificò qualcosa, il tecnicismo, il nozionismo, ridusse all'osso le date e romanzò un po' fatti e personaggi. Ma con senso dell'equilibrio. E visto che la sua opera storica (Ricordiamo anche Storia di Roma e la monumentale Storia d'Italia, che saranno tra le mie prossime letture) resta ancora tra le più lette, credo che alla fine, Montaneli, alla Storia, abbia fatto più un favore che un torto.

... perché ho scritto questo post? Così per scrivere....