lunedì 11 marzo 2019

Troppa fede in Bio. Meglio l'Agricoltura Tecnica che Teologica

Ci viene spesso chiesto, perché l'Agricoltura sarebbe tema da Geologi. Come abbiamo ricordato già in un altro intervento la pratica agricola ha un impatto enorme sulle matrici ambientali, e una valenza enorme nel favorire o prevenire processi di dissesto idrogeologico, erosione del suolo, tutela della qualità ambientale. L'agricoltura è la prima pratica con cui l'uomo ha trasformato l'ambiente e alterato gli ecosistemi (sì perché passare da un paesaggio naturale, a un bucolico panorama agreste significa ridurre la biodiversità vegetale e animale - non aumentarle) e a tutt'oggi, col crescere della popolazione globale, il fenomeno è in incremento. Per questo, come l'uomo deciderà di impostare l'attività agrotecnica nel futuro, non è indifferente, visti i tassi demografici, per l'uomo stesso e per l'ambiente. Ecco perché non può lasciarci indifferenti il dibattito parlamentare di questi giorni sul DDL 998, già approvato alla Camera e in arrivo al Senato dedicato all'agricoltura biologica, che diventerebbe centrale nella strategia agricola nazionale. Un dato su tutti, oggi è coltivato a biologico il 15% della superficie agricola disponibile e si produce il 3-3,5% del prodotto immesso sul mercato. già qui capiamo che c'è un problema, in un mondo affollato e affamato serve una produzione che richieda meno risorse (terra, acqua, concime) e non di più, e soprattutto che renda di più e non di meno. Giustamente la senatrice Cattaneo lancia l'allarme sul provvedimento, anche perché vi è in esso una pericolosa commistione tra biologico e biodinamico (pratica esoterica questa, purtroppo sdoganata da politici insipienti e accademici compiacenti). Il rischio è di avere un'agricoltura con bassa resa, che ci renda ancora meno "sovrani" in termini alimentari, aumentando l'import, ma soprattutto gli impatti ambientali. La Senatrice Cattaneo, cerca di rompere un tabù, parlare con franchezza dei limiti del biologico, significa andare contro il mainstream, quello per cui basta mettere il prefisso "bio-" e tutto diventerebbe buono e sostenibile, ma non è così. Già lo scorso anno fu protagonista di uno scontro in punta di penna con Michele Serra, difensore, un po' interessato del biologico, che ovviamente si basava su molto luogocomunismo e moralismo e assai poco su pragmatismo e argomenti concreti e che la Cattaneo ha puntualmente smontato. Sulla questione si è mossa tanta parte del mondo scientifico e tecnico agrario, con appelli e documenti inviati al parlamento, di cui il più recente è quello inviato al Senato. Sul sito della Società Italiana di Genetica Agraria e su Agrarian Sciences trovate ampia documentazione su tutta la discussione. Cosa preoccupa maggiormente i vari esperti:
- che passi la sostanziale equiparazione del biodinamico al biologico (cosa su cui si dovrebbe risentire anche chi pratica biologico), ossia una pratica senza efficacia e valore scientifico, poiché questo significherebbe distogliere risorse utili all'agricoltura e sprecare finanziamenti;
- che passi l'idea di percorsi universitari specifici per la sola pratica biologica. Questo porterebbe a tecnici agrari con una specializzazione di nicchia e soprattutto privi delle competenze necessarie alla complessità dell'agrotecnica moderna;
- che sostanzialmente si accentri sul biologico, che si ricorda copre solo 3% della produzione, la strategia agricola nazionale, marginalizzando di fatto il 97% delle produzioni italiane;
- che passi l'idea che il biologico non usi fitofarmaci, in realtà il biologico ammette ampie dosi di piretrine (insetticidi), lo spinosad e il solfato di rame. Quest'ultimo in dosi massicce. Tutte sostanze che hanno impatto anche sugli insetti "buoni" come le api e che hanno, nel caso del solfato di rame, elevata persistenza ambientale e ricadute ecotossicologiche, specie sugli ambienti idrici. Vi è poi il forte impiego di concimi organici, con tutto il tema del loro impatto e soprattutto del fatto che derivano da animali alimentati per lo più a OGM (che per chi scrive non è un problema e nemmeno per tanta parte del mondo Agricolo che la ragiona, ma lo è per chi pratica biologico il cui primo vanto sarebbe l' essere OGM FREE);
- che passi l'attività sementiera "creativa", che nelle intenzioni del legislatore vorrebbe sottrarre alle lobbies delle multinazionali la vendita dei sementi per lasciare al fai da te degli agricoltori, che si troverebbero meno tutelati in materia di qualità delle sementi e soprattutto più esposti a fitopatologie (si veda il caso della gestione "creativa e partecipata" della fase iniziale dell'epidemia di Xylella nel salento - un successone), in particolare con la promozione di varietà sementiere vecchie, come i celeberrimi "grani antichi", che non solo non hanno valori aggiunti in termini nutrizionali, ma hanno rese per ettaro anche di 10 volte inferiori a quelle normalmente coltivate.
Ovviamente alla presa di posizione delle varie associazioni di Scienze Agrarie ha replicato la Feder Bio, l'associazione di categoria degli agricoltori biologici, il cui presidente non ha usato sempre toni urbani, attaccando più su una presunta "questione morale" che genererebbe il pregiudizio della comunità tecnica, che nel merito dei rilievi fatti. La replica delle Federbio ha eluso alcune delle questioni essenziali:
- la richiesta di più terra del Biologico, a fronte di meno rese per ettaro
- l'uso massiccio di concime organico derivato da animali alimentati a farine OGM (lo è la stragrande maggioranza di quelle usate nel nostro paese), a fronte di una dichiarazione di OGM FREE
- il meccanismo quanto meno incestuoso dei controlli nel biologico (controllore pagato dal controllato)
- le maggiori emissioni di CO2 dell'agricoltura biologica rispetto all'integrata
- il maggior costo dei prodotti biologici, senza nessuna particolare miglioria nutrizionale, che li rende "socialmente" meno accessibili.
Orbene è certo vero che la necessità di rendere l'agricoltura integrata meno dipendente dai fito farmaci  e sopratutto meno impattante è altrettanto fondamentale, basti rilevare il problema della presenza di pesticidi nelle acque superficiali e sotterranee come evidenziate anche dal recente rapporto ISPRA sul tema; ma questo non si persegue attraverso visioni ideologiche o bucoliche e pratiche agricole che richiedono ancor più risorse e sono meno efficienti.
Le previsioni demografiche ci danno verso i 10 miliardi di esseri umani nel 2050. Con i trend del cambiamento climatico le terre agricole disponibili saranno in calo, per cui avremo bisogno di una agricoltura che ottimizzi gli spazi e le risorse, in termini di acqua e nutrienti, questo per garantire la sicurezza alimentare, evitare carestie e migrazioni bibliche e sopratutto il dover aumentare la deforestazione per reperire nuove terre da coltivare. Piaccia o meno ciò non è possibile con pratiche agricole che rifuggono la tecnologia e le posizioni scientifiche, ha ben ragione quindi la mitica Deborah Piovan  quando ricorda che la pratica agricola è questione complessa e  a dichiarare "Io voglio poter accedere a tutti gli strumenti che l’innovazione ci mette a disposizione per migliorare la qualità del nostro processo produttivo." , e coraggiosamente discute su Glifosate e OGM, argomentando come una gestione emotiva di questi due temi rischia di essere estremamente controproducente per la nostra agricoltura sia in termini ambientali che economici, rendendola meno sostenibile e meno redditizia. 
Il DDL 998 va purtroppo in questa direzione, un approccio superato, ideologico e preconcetto sulla pratica agricola, una visione bucolica e fideistica sul biologico, il rifiuto di tecnologie e innovazione in nome di un "naturale" che non esiste più dal giorno in cui un anonimo nomade mesopotamo decise di smettere di migrare e iniziò a selezione delle spighe selvatiche in base al numero di semi che producevano.