giovedì 21 aprile 2022

Plastic Free. Effetti collaterali

Il Covid 19 ha avuto sulle iniziative contro la plastica monouso lo stesso effetto avuto in questi mesi dall'invasione russa dell'Ucraina rispetto alle azioni per la decarbonizzazione dell'economia. Ci siamo trovati a dover tornare sui nostri passi a rivedere le priorità. La gestione della pandemia ha richiesto tonnellate di oggetti monouso. Moltissimi in plastica. Senza contare il packaging di varia natura per il delivery domiciliare che i vari lock down hanno incrementato. 
Le azioni, prima di sensibilizzazione, poi normative, soprattutto in UE di messa al bando di molti oggetti monouso in plastica nasce dalla consapevolezza del fenomeno dell'inquinamento da plastica nell'ambiente, diventato ormai parossistico in alcune aree del pianete e particolarmente evidente e tragico nei mari. La plastica è straordinaria e onnipresente nella nostra vita: "metà di tutta la plastica prodotta è stata realizzata solo negli ultimi 15 anni; La produzione è aumentata in modo esponenziale dai 2,3 milioni di tonnellate del 1950 ai 448 milioni di tonnellate del 2015. Un dato che dovrebbe raddoppiare dal 2050. Ogni anno circa 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica finiscono dalle nazioni costiere negli oceani. Equivale a buttare cinque buste di immondizia ogni 30 centimetri di costa in tutto il mondo. Spesso le plastiche contengono additivi che le rendono più resistenti, più flessibili e durevoli. Molte di queste sostanze, però, possono prolungare la vita dei prodotti nel momento in cui vengono gettati via. Si stima che alcuni possano durare almeno 400 anni prima di degradarsi. " Scriveva nel 2020 Laura Parker sul National Geographic. Per approfondire rapidamente la questione legata alle incredibili doti di questo materiale, al problema della sua dispersione dell'ambiente e alle potenzialità di una gestione più sostenibile vi consiglio l'agile libretto "La guerra della Plastica", di Guido Fontanelli, ed. Hoepli, che ci conduce nel mondo di questo materiale, evidenziandone pregi e criticità, ma soprattutto richiamandoci ad un approccio meno enfatico ed emotivo, più ragionato e consapevole.
Sul tema delle così dette iniziative "plastic free" a cui sempre più Enti, Cittadini, associazioni aderiscono, vorrei porre alcune riflessioni. 
Queste iniziative solitamente - ovviamente semplifico molto - il più delle volte comportano la sostituzione di oggetti monouso in plastica con altri riutilizzabili, ma molto più spesso, sempre con altri oggetti monouso di materiale diverso ritenuto, o raccontato come "più riciclabile" della plastica. Ci sono intere campagne pubblicitarie sul tema. Come a dire che il problema dell'inquinamento della plastica sia la sua riciclabilità. Oppure la sostituzione con materiali di cui si evidenzia la biodegradabilità - financo alla compostabilità - quindi rassicurando che se dispersi nell'ambiente verrebbero facilmente "digeriti" dagli ecosistemi, diversamente dalla tenace plastica da idrocarburi.
Orbene io penso che questo approccio possa essere dannoso perché:
- diffonde l'idea che il problema dell'inquinamento da Plastica si debba al materiale in sé e non alla sua dispersione nell'ambiente (che può essere dovuta a inciviltà o a mera assenza di sistemi adeguati di gestione).
- la sostituzione con altri materiali raccontati come "bio" potrebbe deresponsabilizzare circa il tema dell'inquinamento diffuso, dovuto alla dispersione (che ci frega raccogliere il rifiuto, se pensiamo che la natura si possa arrangiare?)
- spesso i materiali sostitutivi hanno un'impronta ecologica più pesante della plastica (si consuma di più a produrli) e sono, nei fatti, riciclabili meno volte della plastica (es. la carta).
Queste campagne pertanto, più che "plastic" free dovrebbero essere "waste" free, ovvero finalizzate ad evitare la produzione di rifiuto, favorendo per esempio che si possano avere distributori automatici che consentono l'uso di bicchieri riutilizzabili, che permettano l'erogazione sfusa, o iniziative che favoriscano la riduzione degli imballaggi attraverso le vendite di sfusi o di oggetti a "misura" riducendo gli sprechi. 
E poi ovviamente sostenendo la necessità di cicli industriali adeguati a gestire il recupero della plastica post uso, che devono avere un dimensionamento proporzionato con questo immesso sul mercato, per non avere rischiosi sbilanciamenti.
Sostituire un oggetto che diventerà un rifiuto con un altro, che comunque avrà la stessa sorte, ma che gode solo di migliore stampa, non è affatto ambientalmente positivo, lo è invece evitarne la produzione, riducendo così la pressione sui sistemi di raccolta e comportando un radicale mutamento di consumi, comportamenti e modelli economici.

martedì 19 aprile 2022

Abbiamo smesso di imparare dagli Errori. Ma non di farne.

Sul National Geographic Magazine di questo mese (LINK) c’è un interessante articolo di Valerio Gualerzi  che racconta lo stato dell’arte del Salento flagellato dalla XYLELLA. Come sempre il NG ha sempre uno straordinario tempismo. La vicenda della diffusione della malattia, unitamente a quell’incredibile serie di eventi di mobilitazione sociale e giudiziaria che portarono ad imbastire un processo contro chi lavorava per fermare l’infezione, sulla scorta di una teoria del complotto della peggior specie, è raccontata in modo piuttosto conciso, ma tremendamente preciso ed efficace. Rileggendo quei passaggi, davvero, di nuovo, mi sono chiesto: ma come diavolo è potuto capitare un simile cortocircuito e un’azione così irragionevole di Istituzioni locali e Giustizia? L’articolo evidenzia poi le similitudini nelle reazioni e del dibattito pubblico in quella vicenda con quello avuto sul Covid e oggi sulla guerra in Ucraina. Io ci aggiungo quello sui precedenti casi Stamina, Di Bella, e del processo alla Commissione Grandi Rischi. Una grande responsabilità ce l’hanno i media, estremamente impreparati nella maggioranza dei casi ad affrontare e raccontare temi complessi e ad alto contenuto tecnico scientifico, non c’è dubbio. Ma giustamente l’articolo  rileva anche la responsabilità della stessa comunità scientifica e delle Istituzioni che la rappresentano, troppo spesso una comunicazione inefficace o insufficiente ha fatto e fa da carburante per i mestatori e travisatori, riducendo la fiducia dell’opinione pubblica – anch’essa comunque affetta da una tara emotiva e irrazionale preoccupante – abbiamo rivisto le medesime scene con i talk show con i virologi ai tempi del Covid, dove eminenti studiosi, in un mix di narcisismo, frenesia comunicativa e inesperienza nella comunicazione al grande pubblico alla fine hanno fatto più danno che bene, nonostante le buone intenzioni, meglio avrebbero fatto a rimanere nei loro laboratori in taluni casi. Si aggiunga l’azione, poi, proditoriamente volontaria, di alcuni avvelenatori di pozzi professionisti, che i media non sapevano, o non hanno voluto, discernere rispetto agli altri. Meglio hanno fatto alcuni sparuti divulgatori, che però, spesso, hanno avuto ridotto accesso al grande pubblico. E tralasciamo l’azione delle istituzioni, troppo spesso popolata da figure del tutto inadeguate ad affrontare la complessità o più interessati a rimestare nel torbido per mero calcolo elettorale. Pensiamo alla pandemia di Covid 19 e come saremmo messi se avessimo avuto ancora la demenziale gestione Contiana.

L’effetto ovviamente nel caso XYLELLA è stato quello di far sì che chi doveva cercare di affrontare il tema non è stato in grado di farlo, perché bloccato dall’azione giudiziaria, ostacolato da un’opinione pubblica aizzata da dei media filibustieri o inetti, e dalle Istituzioni locali, che hanno troppo spesso preferito dar spago per calcolo o per inerzia alle più infondate sciocchezze. Questo ha comportato la perdita di intere comunità di olivi e l’estremo ritardo nel contenimento della malattia. E’ l’ennesima volta in cui in questo paese assistiamo a scelte scriteriate di Istituzioni e Magistratura, inebetite da un clima di irragionevole isteria mediatica e sociale. Come ogni volta si evidenzia la necessità di:

  •  Avere una comunicazione scientifica delle istituzioni più chiara ed empatica
  • Avere scelte coerenti a quanto comunicato
  • Rafforzare il presidio tecnico-scientifico nelle Istituzioni
  • Migliorare la capacità dei media sui temi complessi e con aspetti scientifici
  • Aumentare l’educazione alla comprensione delle informazioni  dei singoli cittadini, partendo già dalla scuola
  • Migliorare il dibattito pubblico evitando di applicare un irrazionale “par condicio” tra posizioni razionali e altre infondate e illogiche.

Ogni volta viene stilata una bella lista di cose da fare. Ogni volta la dimentichiamo. Ogni volta al manifestarsi di un fenomeno complesso ripetiamo gli stessi errori, ma in modo sempre più esteso. Ogni volta. In una spirale discente sempre più demenziale.

Le sfide che ci si parano di fronte, però, non le possiamo affrontare così o le perderemo, tragicamente, tutte.

Errare è sicuramente umano. Ma il perseverare no. Così almeno si dice.