Sul
National Geographic Magazine di questo mese (LINK) c’è
un interessante articolo di
Valerio Gualerzi che racconta lo stato dell’arte del Salento
flagellato dalla XYLELLA. Come sempre il NG ha sempre uno straordinario
tempismo. La vicenda della diffusione della malattia, unitamente a
quell’incredibile serie di eventi di mobilitazione sociale e giudiziaria che
portarono ad imbastire un processo contro chi lavorava per fermare l’infezione,
sulla scorta di una teoria del complotto della peggior specie, è raccontata in
modo piuttosto conciso, ma tremendamente preciso ed efficace. Rileggendo quei
passaggi, davvero, di nuovo, mi sono chiesto: ma come diavolo è potuto capitare
un simile cortocircuito e un’azione così irragionevole di Istituzioni locali e
Giustizia? L’articolo evidenzia poi le similitudini nelle reazioni e del
dibattito pubblico in quella vicenda con quello avuto sul Covid e oggi sulla
guerra in Ucraina. Io ci aggiungo quello sui precedenti casi Stamina, Di Bella,
e del processo alla Commissione Grandi Rischi. Una grande responsabilità ce
l’hanno i media, estremamente impreparati nella maggioranza dei casi ad
affrontare e raccontare temi complessi e ad alto contenuto tecnico scientifico,
non c’è dubbio. Ma giustamente l’articolo rileva anche la responsabilità
della stessa comunità scientifica e delle Istituzioni che la rappresentano,
troppo spesso una comunicazione inefficace o insufficiente ha fatto e fa da
carburante per i mestatori e travisatori, riducendo la fiducia dell’opinione
pubblica – anch’essa comunque affetta da una tara emotiva e irrazionale
preoccupante – abbiamo rivisto le medesime scene con i talk show con i virologi
ai tempi del Covid, dove eminenti studiosi, in un mix di narcisismo, frenesia
comunicativa e inesperienza nella comunicazione al grande pubblico alla fine
hanno fatto più danno che bene, nonostante le buone intenzioni, meglio
avrebbero fatto a rimanere nei loro laboratori in taluni casi. Si aggiunga
l’azione, poi, proditoriamente volontaria, di alcuni avvelenatori di pozzi
professionisti, che i media non sapevano, o non hanno voluto, discernere
rispetto agli altri. Meglio hanno fatto alcuni sparuti divulgatori, che però,
spesso, hanno avuto ridotto accesso al grande pubblico. E tralasciamo l’azione
delle istituzioni, troppo spesso popolata da figure del tutto inadeguate ad
affrontare la complessità o più interessati a rimestare nel torbido per mero calcolo
elettorale. Pensiamo alla pandemia di Covid 19 e come saremmo messi se avessimo
avuto ancora la demenziale gestione Contiana.
L’effetto ovviamente nel caso XYLELLA è stato quello di far
sì che chi doveva cercare di affrontare il tema non è stato in grado di farlo,
perché bloccato dall’azione giudiziaria, ostacolato da un’opinione pubblica
aizzata da dei media filibustieri o inetti, e dalle Istituzioni locali, che
hanno troppo spesso preferito dar spago per calcolo o per inerzia alle più
infondate sciocchezze. Questo ha comportato la perdita di intere comunità di
olivi e l’estremo ritardo nel contenimento della malattia. E’ l’ennesima volta
in cui in questo paese assistiamo a scelte scriteriate di Istituzioni e
Magistratura, inebetite da un clima di irragionevole isteria mediatica e
sociale. Come ogni volta si evidenzia la necessità di:
- Avere una comunicazione scientifica delle
istituzioni più chiara ed empatica
- Avere scelte coerenti a quanto comunicato
- Rafforzare il presidio tecnico-scientifico nelle
Istituzioni
- Migliorare la capacità dei media sui temi
complessi e con aspetti scientifici
- Aumentare l’educazione alla comprensione delle
informazioni dei singoli cittadini, partendo già dalla scuola
- Migliorare il dibattito pubblico evitando di
applicare un irrazionale “par condicio” tra posizioni razionali e altre
infondate e illogiche.
Ogni volta viene stilata una bella lista di cose da fare.
Ogni volta la dimentichiamo. Ogni volta al manifestarsi di un fenomeno
complesso ripetiamo gli stessi errori, ma in modo sempre più esteso. Ogni
volta. In una spirale discente sempre più demenziale.
Le sfide che ci si parano di fronte, però, non le possiamo
affrontare così o le perderemo, tragicamente, tutte.
Errare è sicuramente umano. Ma il perseverare no. Così almeno
si dice.
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