07/08/2012
Ho sempre diffidato dei dispensatori di verità e dei loro seguaci, perché la verità non ammette discussioni non si può ragionare e, soprattutto, c’è sempre da temere che prima o poi costoro, avendone l’occasione, cerchino d’importi la verità, poiché essendo essa tale, non è ammissibile che qualcuno la ricusi o ne dubiti, costui diventa immediatamente uno da o convertire o eliminare. E nel far ciò, ovviamente, gli adepti della verità sono pure convinti di far del bene: cosa ci può essere di più moralmente retto del diffondere la verità, quale fine può giustificare qualsiasi mezzo, se non questo? E’ lo schema di molti totalitarismi. In forma apparentemente edulcorata, ciò è molto evidente anche quotidianamente sul web, nelle discussioni varie, se uno prova a dire qualcosa che va in direzione diversa o ad aprire un ragionamento viene sepolto in post che sconfinano nella violenza più becera.
Ecco perché mal sopporto i dispensatori di verità, ma da sempre mi dedico alla realtà. Ossia ciò che è, non ciò che penso che sia o dovrebbe essere. La REALTA’ dei FATTI, l’osservazione e la discussione su dove, cosa siamo, cosa diciamo, cosa percepiamo. Ma purtroppo la realtà non suscita fideismo e idealità. Essa si alimenta di buon senso, pacatezza, raziocinio, discernimento. Penso che ormai lo scontro non sia più tra bene e male o destra e sinistra in questa nostra società umana in primis, ma italiana in particularis, ma tra realistico buon senso e posizioni dogmatiche, spesso imprecise, legate a preconcetti e non ad argomentazioni. I più pericolosi sono quelli che difendono tali posizioni simulando un certo rigore scientifico e documentazione. Ben sappiamo, però, che si può pilotare il proprio approfondimento se si stabilisce a priori dove si vuole arrivare.
Ecco la questione è un po’ così, chi ha la verità ha già deciso la meta e forza il percorso in ogni modo pur d’arrivarvi, chi vive la realtà cammina per la strada che gli si para davanti e cammina finché non arriva da qualche parte, ammesso che la strada porti da qualche parte.
Questa impostazione, direi paratotalitaria, ormai si sta diffondendo, paradossalmente cadute le ideologie, restano gli ideologismi, ossia gli schemi preconcetti, così duri da abbattere, perché rassicuranti e perché, in fondo, ci semplificano la vita. Ragionare, pensare è indubbiamente fatica e la comprensione spesso non rende felici. Ma è ciò che, da quando l’H. erectus ha cominciato a girare per l’orbe terracqueo, ha fatto progredire questa nostra specie.
Il problema è che se nella società questo diventa lo schema dominante, di fatto, si mettono semi per conflitti tra opposti integralismi, con tutte le ricadute che ciò comporta, con derive assolutiste e irrazionali imprevedibili, con la progressiva riduzione del diritto individuale e collettivo, questo perché un gruppo detentore di una verità (sia una verità religiosa o politica o morale o scientifica o altro), avendone la forza, difficilmente riuscirà a resistere alla tentazione di avvalersi della primitiva dottrina della “Ragione del più forte”, pur di conseguire il proprio dogma. Ciò può avvenire nel piccolo di una discussione tra amici e nel grande, nel governo di uno Stato. Per me è impensabile il poter rifiutare di oppormi a tale becero principio, significherebbe negare, ciò che, per me, è in estrema sintesi l’essere umano.
Ed è forse per questo che, alla fine, in ogni questione ove una posizione dogmatica si scontra con una razionale, anche se da me magari non condivisa, mi ritrovo a dover dare battaglia, perché istintivamente sento di battermi tra ciò che è l’umano e ciò che non lo è.
Perché abbia imbastito questo immenso pippone, proprio non lo so, forse la mia innata esigenza di spiegare a me stesso ciò che sono, il perché l’abbia condiviso con voi è probabilmente dovuto alla necessità di non tediarmi da solo, ma di condividere il fardello di una mente contorta con la collettività. Vi lascio anche un contributo video, che con sintesi maggiore, in parte, riprende ciò che ho detto, tratto dal bellissimo film “il discorso del re” che se non avete visto, v’invito a guardare.
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