lunedì 13 maggio 2024

QUANTO SONO CRINGE GLI STRATIGRAFI (O NO?)

E' di qualche giorno fa la notizia che la Commissione Internazionale di Stratigrafia, la ICS, quella che redige lo schema cronostratigrafico qui a lato, ossia la suddivisione ufficiale dei vari periodi della storia del nostro pianeta, e che si basa sull'individuare secondo vari criteri dei precisi orizzonti stratigrafici che rappresentano un preciso intervallo cronologico, ha deciso di non "battezzare" l'Antropocene. Ossia ad oggi questo termine NON ha una valenza rispetto al tempo Geologico e alla storia terrestre. Un articolo del Bo live spiega bene in cosa consiste il procedimento e non è mia intenzione fare uno scritto per spiegare ulteriormente la questione, se vi interessa approfondite, dell'argomento avevo parlato già tempo fa. L'iter che porta a questa conclusione è complesso e frutto di anni di discussione, di un apposito gruppo di lavoro di geologi costituito proprio ad hoc. La decisione è stata piuttosto netta. Tutta la vicenda è ben raccontata su Pikaia.
Fatto sta, quindi, che continuiamo a restare nell'Olocene, iniziato circa 11mila anni fa con la fine dell'ultima grande glaciazione.
Quello su cui vorrei riflettere sono le reazioni che questa comunicazione ha generato nel mondo ambientalista, in parte dell'opinione pubblica, in enti e soggetti tecnici, istituzionali e financo scientifici e le particolari manifestazioni di ciò in quel ginepraio (per essere cortesi) che sono i social media.

Definire una unità cronostratigrafica richiede particolari criteri, tra cui la presenza di marker precisi e inequivocabili, l'esistenza di sezioni tipo e la possibilità di cronocorrelazioni su larga scala. L'Antropocene manca di molto di questo e spesso quelli che dovevano essere marker inequivocabili, per esempio la presenza di plastiche, sono piuttosto equivoci. La commissione stratigrafica preposta ha fatto il suo lavoro. All'antica. E molto meticolosamente, come solo gli stratigrafi sanno essere. 

Eppure si è gridato allo scandalo, si è denigrato il lavoro della commissione e anzi, si è dichiarata addirittura complicità con i negazionisti del climate change e connivenze con Big Oil. La decisione è stata vista come pericolosa, poiché contro il mainstream ambientalista del momento, che permea anche molte istituzioni scientifiche e perciò laddove non è stata criticata è stata comunque quasi ridicolizzata. Anche il nostro SNPA, suo malgrado non ha saputo sottrarsi a ciò, quasi ci fosse il bisogno di prendere le distanze da questi ottusi o collusi stratigrafi.

Si è così, però, di fatto, negato il fondamento stesso del metodo scientifico. Non aver introdotto l'Antropocene nella tavola cronostratigrafica significa negare l'impatto antropico odierno a scala globale sull'ambiente? No, significa, però, che il nostro impatto non è tale da generare una discontinuità nel record geologico tale da individuare un nuovo capitolo nella Storia della Terra. Storia che deve essere registrata nella roccia e non nella chiacchera. E direi, che è giusto così. Le Scienze della Terra hanno da sempre smantellato l'egocentrismo della nostra specie. Prima dimostrando che la Terra aveva una storia ben più lunga della nostra, e che noi siamo ben gli ultimi arrivati, poi con Darwin palesando che la vita non ha avuto come fine la generazione della nostra specie, la cui comparsa di deve ad una serie di fattori diversi e che il nostro successo è ben lungi da essere certificato, poiché la nostra presenza su questo sasso alla periferia di una galassia periferica è piuttosto effimera se paragonata a quella dei Dinosauri, o degli squali o dei millepiedi...

La verità è che l'Antropocene è un'altra manifestazione in negativo del nostro antropocentrismo, anche nell'esecrare il nostro impatto sul pianeta, sentiamo comunque il bisogno di eternarlo nella storia geologica, al pari dell'asteroide dello Yucatan, le glaciazioni, la catastrofe del ferro, l'orogenesi alpina, il disastro del Permo-Trias. La verità è che sparissimo oggi. Tempo qualche decina di migliaia di anni, un battito di ciglia geologico, di noi non ci sarebbe traccia. E questo ci rode immensamente. 

Gli stratigrafi ci hanno, di nuovo, rimesso apposto. Invece di disquisizioni sull'antropocene, sarebbe opportuno recuperare sano pragmatismo su come ridurre la nostra voracità verso le matrici ambientali, praticare uno sviluppo più equo verso  le varie popolazioni del mondo e verso le altre specie presenti, su come far sì che il green new deal non sia retorica o un nuovo dogmatismo o peggio una nuova forma mascherata di sfruttamento globale, ma un orizzonte compatibilità ambientale e sociale

Dobbiamo essere consci del fatto che tutto il bailamme per una maggior sostenibilità della nostra presenza sulla Terra, non serve alla Terra, serve alla nostra sopravvivenza. Il più possibile comoda.

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