Si è conclusa qualche settimana fa l'annuale edizione di ECOMONDO, come sempre con la ovvia soddisfazione degli organizzatori, per la partecipazione, i contenuti, l'elogio alla green economy, i passi in avanti fatti dall'Italia nell'ambito di riduzione emissioni e gestione rifiuti. Tutto bello. Di seguito è arrivata da parte del governo la presentazione della Strategia Energetica Nazionale, con investimenti, riduzione emissioni, conversione industriale, uscita dall'uso del carbone nel 2025. Anche qui tutto bello, tutto limpido. Insomma. I problemi ci sono e sono stati affrontati come sempre nei "corridoi" lontano dai riflettori, mentre sarebbe giusto fossero socializzati, poiché ci sono dei luoghi comuni che vanno sfatati sia nell'opinione pubblica che tra i decisori politici, troppo spesso guidati da opinioni avulse dalla realtà concreta. Attualmente il sistema del recupero materia dalle raccolte differenziate, che il rapporto ISPRA 2016 testimonia essere gagliarde, 52,5% la media nazionale, calcolata con nuovo sistema, +5 punti rispetto al 2015, con anche un incremento di 1,5% nella produzione complessiva di rifiuti (in crescita dopo 5 anni di regressione, segno tangibile di una certa ripresa dei consumi), è in difficoltà, strutturale, ovverosia sono in difficoltà i circuiti industriali, di diverse filiere e in particolare quella che gestisce gli scarti, perché è bene dirselo qualsiasi attività di recupero rifiuti produce scarti, piaccia o no è così, e chi racconta la favola del riciclo al 100%, racconta appunto favole, oltre che contraddire la termodinamica. FISE-UNIRE, associazione che raccogliere le industrie del riciclo, dichiara una produzione di almeno 25milioni di tonnellate di scarti l'anno. Molti valorizzabili o comunque gestibili in cicli di recupero energetico, ma gli impianti esistenti sono saturi, oppure precettati per la gestione (a oneri maggiori) dei rifiuti urbani indifferenziati e anche i nostri sfoghi esteri stanno riducendo gli spazi. E' un problema sia impiantistico - disponibilità effettiva d'impianti - che di costi, gestire gli scarti dei cicli di recupero, ai costi degli urbani, rende impossibile la sussistenza di un ciclo industriale economicamente sano (ossia che si regga sulle sue gambe e non con sussidio pubblico). Questa situazione, se non si sblocca, rischia di compromettere pesantemente le ambizioni del nostro paese in materia di obbiettivi "verdi" in campo economico. O capiamo che ci dobbiamo far carico industrialmente di tutto il ciclo, il che vuol dire dotarsi di impiantistica adeguata, o presto torneremo indietro. La politica non può essere su questo, imbelle, ipocrita o impreparata. Ma purtroppo lo è, basta andare a vedere le recenti regionali siciliane, i vari candidati presidente, interrogati sul tema della gestione rifiuti, che in Sicilia è disastrosa, in termini di raccolta differenziata, ricorso a discarica e abbandono, hanno dato risposte o inconcludenti, o avulse dalla realtà o non hanno saputo rispondere. Insomma come vuole leggenda metropolitana sugli struzzi, meglio mettere la testa sotto la sabbia che affrontare i problemi.
Affiancare il recupero energetico, al recupero di materia, non è vero che deprime le raccolte differenziate, il rapporto ISPRA 2016, lo dimostra ancora una volta, le regioni con percentuali di ricorso a incenerimento superiore al 20% hanno risultati di raccolta eccellenti. Ma rischiamo di compremettere il recupero materia se non gestiamo oculatamente gli scarti e talune filiere, come il legno, il "verde" e l'umido, frazioni in cui il recupero energetico è una soluzione virtuosa, sia per il risparmio economico, che per quello ambientale, piaccia o meno il recupero energetico è complementare (e necessario) ai cicli di recupero materiale, (1). Usare CSS (Combustibile Solido Secondario - ricavato trattando il secco residuo e gli scarti di altri cicli), in loco e in luogo del carbone porta a ridurre emissioni di CO2 e contenere i costi, e consentirebbe a risorse economiche di rimanere in Italia. Il rapporto ISPRA evidenzia come in particolare Austria e Ungheria siano le mete predilette delle nostre esportazioni di rifiuti e CSS, dove sono usati per produzione energetica (ottenendo il risultato di farsi pagare per farlo, ridurre uso di fonti fossili e ridurre emissioni).
Affiancare il recupero energetico, al recupero di materia, non è vero che deprime le raccolte differenziate, il rapporto ISPRA 2016, lo dimostra ancora una volta, le regioni con percentuali di ricorso a incenerimento superiore al 20% hanno risultati di raccolta eccellenti. Ma rischiamo di compremettere il recupero materia se non gestiamo oculatamente gli scarti e talune filiere, come il legno, il "verde" e l'umido, frazioni in cui il recupero energetico è una soluzione virtuosa, sia per il risparmio economico, che per quello ambientale, piaccia o meno il recupero energetico è complementare (e necessario) ai cicli di recupero materiale, (1). Usare CSS (Combustibile Solido Secondario - ricavato trattando il secco residuo e gli scarti di altri cicli), in loco e in luogo del carbone porta a ridurre emissioni di CO2 e contenere i costi, e consentirebbe a risorse economiche di rimanere in Italia. Il rapporto ISPRA evidenzia come in particolare Austria e Ungheria siano le mete predilette delle nostre esportazioni di rifiuti e CSS, dove sono usati per produzione energetica (ottenendo il risultato di farsi pagare per farlo, ridurre uso di fonti fossili e ridurre emissioni).
E qui si apre una questione. Sono solo impianti di incenerimento, o termo elettrici i destinatari? No, una parte importantissima, sopratutto per il CSS la fanno i cementifici, sia in Ungheria che in Austria. Orbene, tenuto conto della contingenza attuale, che richiede risposte non più differibili, ipotizzare di realizzare nuovi impianti per la gestione del CSS, è auspicabile, ma sicuramente ha tempi inadeguati a affrontare con celerità le criticità presenti e quelle che si palesano all'orizzonte. Convertire al CSS cementifici esistenti ha, invece, l'indubbio vantaggio di essere una strada più rapida. Anche la Commissione UE, nella disamina delle gerarchie del recupero, ritiene necessario un mix di recupero di materia e energia e nel recupero di energia ritiene ci possa essere ruolo importante dell'industria cementiera, come ribadito in una sua comunicazione di gennaio 2017.
Se proviamo a ragionare di CSS nei cementifici qui, apritici cielo. Nel virtuoso Veneto, faro italiano nelle raccolte differenziata, ma oggi altrettanto in affanno per le carenze impiantistiche, ci sono almeno tre realtà che si sono proposte in tal senso, in tutti e tre i casi, comitati indottrinati&politica ipocrita hanno gridato all'attentato, uniamoci la macchinosa burocrazia italica e il mix letale è fatto.
Quali sono gli elementi ritenuti controversi dalla pubblica opinione in merito all'uso dei CSS nei cementifici in luogo del PET-COKE (combustibile derivato dal carbone)? Lo capiamo leggendo le pubblicazioni di associazioni medico-ambientaliste spesso coinvolte con le proteste dei comitati locali, citiamo tra tutte, come pià rappresentativa ISDE (Associazione Medici per l'Ambiente), che ha predisposto una relazione inviata all UE sul tema CSS nei Cementifici. Trovo corretto, solo per dovizia di dettaglio, far notare che nel comitato scientifico di questa associazione ci sono anche medici "omeopati", e qualche altro esperto, ma non essendo medici (noi), non entriamo troppo nella questione. Cosa si sostiene contro l'ipotesi CSS nei cementifici? Sostanzialmente che:
Possiamo, dunque, continuare a fingere che il problema di associare ai processi di recupero materia dei processi di recupero energetico (che servono per gestire quei flussi che i primi non possono trattare o gli scarti che da questi derivano) non ci riguardi, e affrontarlo emotivamente, ma questo non lo farà sparire, anzi, continuerà a riproporsi in maniera sempre più urgente e incombente, finché ne saremo sommersi. Letteralmente.
- i forni dei cementifici non sono progetatti per il CSS, diversamente da quelli per gli inceneritori, non sono idonei quindi alla loro combustione (sorvoliamo sull'aspetto che ISDE è di fatto, comunque contraria anche agli inceneritori);
- la combustione di CSS nei cementifici emetterebbe metalli pesanti, mercurio e cadmio in particolare, oltre ad altri, in misura significativamente superiore all'uso del PET COKE, con aggravio di aspetti legati alla salubrità ambientale;
- vi sarebbe aggravio di emissioni di DIOSSINE, PCB e altri inquinanti organici persistenti (POPS);
- le ceneri residue sarebbero tossiche, quindi, inadatte al riuso nel cemento (già oggi nei cementi industriali, si inseriscono ceneri da centrali termoelettriche)
Possiamo, dunque, continuare a fingere che il problema di associare ai processi di recupero materia dei processi di recupero energetico (che servono per gestire quei flussi che i primi non possono trattare o gli scarti che da questi derivano) non ci riguardi, e affrontarlo emotivamente, ma questo non lo farà sparire, anzi, continuerà a riproporsi in maniera sempre più urgente e incombente, finché ne saremo sommersi. Letteralmente.
fonti:
(1) Grosso, Ingegneria dell'Ambiente pp 1-3, vol. 2 n. 4/2015
(2) Tirler,Palmitano,Raccanelli, Ingegneria dell'ambiente pp 35-44 , vol. 4 n. 1/2017
(3) Cernuschi, Grosso, Biganzoli, Sterpi, Implicazioni ambientali dell'utilizzo di combustibile da Rifiuto nella produzione di cementi, Politecnico di Milano, 2014
(4) Riva, Biganzoli, Grosso, Ingegneria dell'Ambiente pp 28-42, vol. 3 n. 1/2016.
http://astrolabio.amicidellaterra.it
http://www.ilsole24ore.com
http://www.greenreport.it
http://www.materiarinnovabile.it
http://www.isde.it
http://www.formiche.net
http://www.ledijournals.com/ojs/index.php/IngegneriadellAmbiente
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