domenica 21 settembre 2025

Green Wars pt.2: Groenlandia dreaming

Le aree polari sono al centro della questione climatica. Il riscaldamento globale ne sta provocando la rapida trasformazione, mettendone repentinamente in crisi gli ecosistemi. Lo scioglimento dei ghiacci sta determinando un progressivo innalzamento globale del livello dei mari con conseguenze pesantissime per tutte le aree costiere mondiali. Lo scongelamento del permafrost – il suolo ghiacciato delle aree polari e circum polari – comporterà una massiccia liberazione di gas – metano in particolare – che potenzieranno l’effetto serra, accelerando ulteriormente il riscaldamento climatico. Le terre, oggi celate dai ghiacci, contengono risorse e potenzialità che fanno gola a molti potentati economici e Stati1. Alla fine anche il cambiamento climatico fa business.

Paradossalmente potrebbero diventare disponibili risorse che servono alle tecnologie green che dovrebbero essere funzionali alla transizione energetica verso uno sviluppo meno climalterante. Sembra una gigantesca opera di Escher in chiave ambientale.

La più grande isola del mondo, la Groenlandia di Erik il rosso è al centro della corsa all’Artico2. Anche questa è una terra geologicamente molto antica, oggi molto stabile, ma frutto di collisioni titaniche, intense attività vulcaniche, fratture e saldature, ci sono rocce più vecchie di 3 miliardi di anni3. Sostanzialmente la Groenlandia è costituita da tra placche che si sono saldate oltre 2 miliardi di anni fa e che si sono trovate coinvolte nei processi di scontro e separazione con lo scudo canadese da una parte e la Laurasia dall’altro, in parte è stata coinvolta nelle vicende che hanno portato alla formazione dello scudo ucraino, ci sono stati diversi processi di orogenesi e di distensione, l’ultimo si è concluso dell’Oligocene, circa 45 milioni di anni fa. Il connubio di fenomeni vulcanici e metamorfici determina le peculiarità litologiche, che rendono oggi la Groenlandia così desiderabile. Vi sono, infatti, riserve accertate di Uranio, Torio, ma soprattutto terre rare e petrolio4,5.

L’amministrazione Trump che sta cercando di affrancare gli USA da ogni possibile dipendenza cinese sui minerali strategici vuole sfruttare la situazione6. La Groenlandia è un boccone prelibato sia per le sue risorse che per il controllo delle rotte artiche, averla rafforzerebbe gli Stati Uniti del gruppo dei paesi che si spartiscono il controllo del polo. Qui, però, diversamente dal caso ucraino dove il governo statunitense usa, a mo’ di ricatto, il sostegno contro l’invasione russa, per costringere Kiev a cedere le proprie risorse, per cercare di portarsi a casa l’isola gli americani stanno facendo pressioni sulla comunità locale, ingerendo nella politica interna e facendo sfoggio muscolare paventando interventi militari al fine di mettere in sicurezza la Groenlandia da possibili mire moscovite e pechinesi. Oggi la terra di Erik il Rosso, pur godendo di ampia autonomia e in procinto di raggiungere piena indipendenza è sotto amministrazione danese, in particolare per la politica estera. Copenaghen ovviamente risulta particolarmente irritata dall’atteggiamento statunitense e lo è anche l’UE che ha avviato da qualche tempo diverse iniziative di cooperazione con l’isola su questioni che vanno dalle politiche energetiche ad appunto quelle minerarie.  Per il momento i groenlandesi non sembrano apprezzare, anzi, gli approcci di Washington, ma visti i tempi non si possono escludere iniziative che sembravano impensabili fino a ieri.

Per altro le risorse così ambite, potrebbero in realtà non essere così magnifiche.  La steenstrupina, il minerale che contiene le terre rare, presente in Groenlandia, è piuttosto complesso, con composizione variabile, il che rende arduo standardizzare un processo efficiente di raffinazione, che per altro risulta ambientalmente molto impattante e costoso, tanto da non aver finora prodotto particolari iniziative minerarie in materia.  Questo, però, dipende dal fatto che finora il controllo dell’autorità locale sulla questione è stato diretto e forte e ovviamente i groenlandesi hanno nella tutela del loro territorio una fortissima preoccupazione.  Se l’isola diventasse satellite, protettorato o parte integrante degli USA potrebbero diventare altri i parametri di giudizio, con forte rischio che non sarebbero del tutto ponderati e razionali, opzione non improbabile visto come ragiona l’establishment trumpiano.

L’UE deve necessariamente rafforzare la cooperazione con Copenaghen e la Groenlandia, favorirne il processo di autodeterminazione, contrastare le ingerenze USA e tentare di creare un fronte comune col Canada che abbia nella cooperazione diplomatico-economica anche delle risorse strategiche una forte intesa e che porti ad un’alleanza in grado di presidiare quello che è uno dei “punti caldi” del pianeta nella sfida alla sostenibilità ambientale, l’Artico, trincea dove sono destinarsi a fronteggiarsi modelli di sviluppo contrastanti, ma anche, a quanto pare la democrazia con l’autocrazia.


1) Artico: geopolitica di una partita a due

3) La storia geologia della Groenlandia e la sua importanza economica e strategica

4) Groenlandia: minerali e petrolio

5) La Groenlandia e le riserve di terre rare

lunedì 1 settembre 2025

Green Wars pt.1: l'Ucraina è servita

immagine tratta da: il Domani

Da sempre l’Umanità ha combattuto guerre per garantirsi il controllo delle risorse, fossero terre fertili, rotte commerciali, accesso all’acqua, oro o, più di recente idrocarburi e metalli preziosi. La conformazione geologica di un luogo poteva (e può) farne la prosperità dei suoi abitanti (e governanti), ma anche l’oggetto della cupidigia dei vicini. Valeva ieri, e vale anche oggi ai tempi della transizione energetica.

Chi sperava che il mondo della green economy fosse pacifico, deve fare i conti con l’amara realtà. Molte delle guerre che oggi piagano il mondo, al netto di disegni imperialisti, strategie di sopravvivenza di regimi in discredito e qualche turba religiosa, hanno ancora il loro verso motivo nel controllo delle risorse. Lo è anche il caso ucraino.

Se è vero che il conflitto nasce dalla volontà di Putin di riaffermare il ruolo di potenza della Russia e la sua primazia sui territori della defunta URSS, allontanando gli avvicinamenti a UE e NATO per circondarsi di stati vassalli, è anche vero che la bramosia per i territori contesi e il desiderio di rendere l’Ucraina un proprio satellite non son affatto slegati dalle ricchezze naturali che si celano nel suo sottosuolo1. Non sono infatti ne la presunta solidarietà alle popolazioni russofone, o la riaffermazione di una identità panslava che hanno messo in modo le divisioni corazzate ex sovietiche e nemmeno lo spettro della NATO ai confini della madre Russia, ma più prosaicamente quello che l’Ucraina ha da offrire. L’asservimento del paese non è riuscito con i soliti mezzi, ossia campagne di disinformazione a mezzo social – che invece tanto funzionano a casa nostra – per veicolare consenso alle quinte colonne che si annidano del paese, e perciò Mosca ha dovuta usare metodi più spicci, ma purtroppo, mai del tutto demodé.

La conformazione geologica da tempi molto lontani. Lo “scudo ucraino” fa parte del così detto Cratone Centrale dell’Europa dell’Est – EEC2. Tale porzione di crosta terrestre è formata da tre placche più antiche saldatesi tra loro: SARMATIA (che comprende il territorio ucraino), VOLGO-URALI (parte del Caucaso e Russia fino agli Urali) e BALTIA (parte della Fenno-Scandinavia). Queste placche sono derivate dalla disgregazione della Rodinia supercontinente prima di Pangea, formatosi circa 900milioni di anni fa e disgregatosi in vario modo nei seguenti 250 milioni di anni. In pieno Precambriano, quando la Terra è tumultuosa e inospitale. Le placche saldatesi in Rodinia si originano ben 2,5 miliardi di anni fa, quando la Terra era un ribollire di roccia fusa, collisioni e gas mefitici. Le rocce sono per lo più granitiche e basaltiche, figlie di eruzioni terrestri e marine, dovute alle risalite di materiale caldo dal mantello e successivamente trasformate (metamorfosate) nel susseguirsi di eventi vulcanici e collisioni titaniche che hanno formato montagne cancellate dal tempo3. Questa complessa e antica vicenda geologica determina la presenza di certi minerali nel sottosuolo ucraino e l’assenza di strutture tettoniche attive, il che rende l’area molto stabile. Geologicamente parlando, meno geopoliticamente a quanto pare. Qui troviamo una grande abbondanza di metalli strategici per le tecnologie green, ma anche per quella militare e per altri settori. L’Ucraina è tra i primi 10 paesi del mondo per produzione di Titanio, sesto per il Ferro, settimo per Manganese, vanta rilevanti giacimenti di Grafite, Gallio, Gas Neon, Uranio e Zirconio4, quest’ultimo particolarmente fondamentale per le tecnologie nucleari. Ci sono poi buone risorse di Gas Naturale.

L’UE aveva già individuato nell’Ucraina un partner fondamentale nelle sue politiche per affrancarsi dalla dipendenza cinese per molti dei minerali strategici5. La Cina, infatti, ha costruito una vera primazia globale sia nel controllo delle risorse minerarie principali su molti metalli chiave per le nuove tecnologie e sulle terre rare, non che sulle fasi di raffinazione, e questo le da un forte vantaggio sull’occidente6. Pechino e Mosca guardano con interesse a Kiev per la stessa ragione, per consolidare il loro controllo su queste filiere e non è una caso se nei territori ucraini occupati dai Russi via siano siti o infrastrutture minerarie già avviate.

Anche gli USA necessitano di garantirsi un approvvigionamento sicuro sui minerali che citati prima, proprio per evitare spiacevoli dipendenze dalla Cina, che per Washington è ormai un competitor globale. La becera amministrazione Trump non ha esitato a ricattare Kiev in cambio del supporto contro Mosca  chiedendo come merce di scambio proprio una “partnership strategica” sulla gestione delle risorse minerarie ucraine7.

Forse queste cose si facevano anche in passato, anzi sicuramente, ma almeno c’era un po’ di pudore rispetto all’opinione pubblica. Fatto sta che di questa corsa al controllo delle risorse, una volta era il petrolio, oggi metalli e terre rare, ne pagano il prezzo le migliaia di soldati mandati al fronte come carne da cannone, gli sfollati e gli uccisi dagli attacchi su obbiettivi civili – operati dai russi senza particolari remore. Tutto questo avviene col civile occidente e la cara Europa ora complici, ora imbelli, ora ignavi, ora incapaci. Viene dura poter credere davvero che simili soggetti possano garantire pace e sicurezza all’Ucraina8.

Sembra che non vi sia nessuno interessato davvero a far terminare l’orrore di questo conflitto, ma solo tropi in attesa di lucrarne sugli effetti.

6) L'oro di Pechino che tutti vogliono

7) Terre di Conquista

8) Quali ‘garanzie’ per l’Ucraina?