Definire una unità cronostratigrafica richiede particolari criteri, tra cui la presenza di marker precisi e inequivocabili, l'esistenza di sezioni tipo e la possibilità di cronocorrelazioni su larga scala. L'Antropocene manca di molto di questo e spesso quelli che dovevano essere marker inequivocabili, per esempio la presenza di plastiche, sono piuttosto equivoci. La commissione stratigrafica preposta ha fatto il suo lavoro. All'antica. E molto meticolosamente, come solo gli stratigrafi sanno essere.
Eppure si è gridato allo scandalo, si è denigrato il lavoro della commissione e anzi, si è dichiarata addirittura complicità con i negazionisti del climate change e connivenze con Big Oil. La decisione è stata vista come pericolosa, poiché contro il mainstream ambientalista del momento, che permea anche molte istituzioni scientifiche e perciò laddove non è stata criticata è stata comunque quasi ridicolizzata. Anche il nostro SNPA, suo malgrado non ha saputo sottrarsi a ciò, quasi ci fosse il bisogno di prendere le distanze da questi ottusi o collusi stratigrafi.
Si è così, però, di fatto, negato il fondamento stesso del metodo scientifico. Non aver introdotto l'Antropocene nella tavola cronostratigrafica significa negare l'impatto antropico odierno a scala globale sull'ambiente? No, significa, però, che il nostro impatto non è tale da generare una discontinuità nel record geologico tale da individuare un nuovo capitolo nella Storia della Terra. Storia che deve essere registrata nella roccia e non nella chiacchera. E direi, che è giusto così. Le Scienze della Terra hanno da sempre smantellato l'egocentrismo della nostra specie. Prima dimostrando che la Terra aveva una storia ben più lunga della nostra, e che noi siamo ben gli ultimi arrivati, poi con Darwin palesando che la vita non ha avuto come fine la generazione della nostra specie, la cui comparsa di deve ad una serie di fattori diversi e che il nostro successo è ben lungi da essere certificato, poiché la nostra presenza su questo sasso alla periferia di una galassia periferica è piuttosto effimera se paragonata a quella dei Dinosauri, o degli squali o dei millepiedi...
La verità è che l'Antropocene è un'altra manifestazione in negativo del nostro antropocentrismo, anche nell'esecrare il nostro impatto sul pianeta, sentiamo comunque il bisogno di eternarlo nella storia geologica, al pari dell'asteroide dello Yucatan, le glaciazioni, la catastrofe del ferro, l'orogenesi alpina, il disastro del Permo-Trias. La verità è che sparissimo oggi. Tempo qualche decina di migliaia di anni, un battito di ciglia geologico, di noi non ci sarebbe traccia. E questo ci rode immensamente.
Gli stratigrafi ci hanno, di nuovo, rimesso apposto. Invece di disquisizioni sull'antropocene, sarebbe opportuno recuperare sano pragmatismo su come ridurre la nostra voracità verso le matrici ambientali, praticare uno sviluppo più equo verso le varie popolazioni del mondo e verso le altre specie presenti, su come far sì che il green new deal non sia retorica o un nuovo dogmatismo o peggio una nuova forma mascherata di sfruttamento globale, ma un orizzonte compatibilità ambientale e sociale
Dobbiamo essere consci del fatto che tutto il bailamme per una maggior sostenibilità della nostra presenza sulla Terra, non serve alla Terra, serve alla nostra sopravvivenza. Il più possibile comoda.