Tempo fa ci siamo occupati anche su questo blog del problema della crisi ecologica delle comunità delle Api: è, infatti, in corso la cosidetta sindrome da svuotamento degli alveari, in varie parti del mondo, Italia compresa, si assiste al tracollo di intere colonie, inizialmente si è dato colpa agli pesticidi a base di neonicotinoidi, ma la situazione è più complessa e attualmente sotto il monitoraggio dell'EFSA (European Food Safey Agency) per capire se vi siano altre cause per la moria della Api. Api di cui, oltre alla proverbiale laboriosità e organizzazione, degna della miglior economia collettivista, riconosciamo l'importanza ecologica, essendo i principali impollinatori, senza di loro la produzione agricola crollerebbe, con pesantissime ripercussioni anche su noi esseri umani, che verso le api ci comportiamo come i peggiori capitalisti... orbene, c'è un altro organismo, ancor più piccolo delle api, ma altrettanto importante negli equilibri degli ecosistemi su scala globale. E' un coccolitoforide. I coccoliforidi, sono del fitoplancton, ossia alghe fotosintetiche, che costruiscono una sorta di guscio, fissando la calcite derivante dai processi di fotosintesi, costituito da più elementi lamellari, detti appunto coccoliti, di una eleganza e complessità che non si può non rimanerne affascinati. Hanno anche un'iportanza capitale nella biostratigrafia, ossia la scienza che si occupa di datare le rocce attraverso l'uso dei fossili, sono infatti, mircrofossili guida molto importanti. La specie in questione è Emiliania Huxleyi, di fatto è il coccolite tipo, se cercate su google immagini di coccolitoforidi le più numerose sono quelle, appunto, di E. Huxleyi. Dedicata a Thomas Huxley, sì proprio il "mastino di Darwin", è la specie più abbondante attualmente, è utilizzata in studi per la temperatura delle acque, ecologia e paleocologia e anche nel campo della biotecnologia medica, per alcune sue proprietà "farmacologiche". E' anche rilevante negli studi di biostratigrafia, definendo una biozona, Numerosi studi dimostrano una stretta correlazione tra il grado di salute di tale specie e il tema dell'acidificazione delle acque ocenaniche. Fino ad oggi si riteneva che tale specie riuscisse ad adattarsi all'incremento del tenore di CO2 ocenica, conseguente all'incremento atmosferico, continuando a regolare la CO2 nei processi di fissaggio della calcite; un recente articolo presenta dati preoccupanti, che confermano alcune osservazioni già fatte, ossia che l'incremento di CO2 negli oceani, possa dare problemi alla lunga alla EHUX (nomignolo della specie), infatti si è simulato un progressivo trend di acidificazione delle acque durante le "infiorescenze", "bloom", stagionali dell'alga, rilevando che progressivamente gli individui perdono di massa e le placchette risultano più gracili (si veda foto), ciò significa che alla lunga questa potrebbe entrare in crisi effettiva, con in primis una crisi degli ecosistemi marini di cui è alla base. Ma non solo, come che non bastasse il problema della plastica oceanica (altra cosa di cui abbiamo parlato), il declino della EHUX potrebbe avere ulteriori effetti sul clima, infatti, l'attività metabolica rilascia in atmosfera Solfato Dimetile, in forma gassosa, tale gas ha effetti sulla temperatura atmosferica (oltre che ripercussioni sul ciclo del Fosforo, elemento non secondario per molti cicli geochimici a rilevanza ecologica) effetti di tipo mitigante. Se l'attvità metabolica dell'alga si riduce per una sua crisi ecologica ciò risulterebbe accompagnato da una minor capacità dell'oceano di "sequestrare" CO2 dall'atmosfera e a una riduzione di produzione di Solfato dimetile, con effetti atti a favorire l'incremento delle temperature.
Insomma la scomparsa di un organismo di pochi micron, potrebbe davvero farci sudare sette camicie.
Insomma la scomparsa di un organismo di pochi micron, potrebbe davvero farci sudare sette camicie.