Il pericolo corre sul filo, o meglio sulla faglia. I recenti sismi del centro Italia e quelli in Giappone e Nuova Zelanda, ci hanno ricordato come il nostro sia un pianeta dinamico, sotto la cui superficie - qualche km sotto i nostri piedi - forze potentissime mettono in moto masse enormi, accumulando stress nelle rocce soprastanti che si scarica nei terremoti. In occasione dei sismi del centro Italia di quest'anno, si sono di nuovo manifestate alcune teorie "originali". Qualcuno ha rispolverato alcune recenti polemiche, appena assopite dopo il referendum "sulle trivelle" dello scorso aprile. Di nuovo si sono tirate fuori le oscure trame delle compagnie petrolifere, si sono collegate le perforazioni in mare alla sequenza sismica del centro Italia, si è riparlato di fracking, ossia la tecnica di frantumazione delle rocce sotterranee per aumentare l'estrazione di idrocarburi e, addirittura, qualcuno ci ha visto un attacco tramite armi supersegrete capace di scatenare terremoti, da parte degli USA, per dare una regolata al nostro paese e in particolare al nostro sanguigno premier. Insomma colpa della linguaccia di Renzi se la terra trema. Non è mancata Radio Maria a dir la sua, collegando i sismi ad alcuni giramenti dell'Altissimo per tutti sti Gay che ci sono in giro. Ho visto amici sismologi stramazzare al suolo. Ovvio che siamo nell'assurdo.
Orbene i terremoti che hanno colpito il centro Italia, sono ben connessi al movimento della placca africana verso quella europea, cosa che ha riattivato una buona parte di grandi faglie appenniche (kilometriche). E' una situazione nota e ben studiata, come chiaramente delineato nel rapporto steso sulla sequenza sismica in questione dal parte dell'IGNV, a cui vi rimando per approfondimenti. Eliminata la Cia, quindi, dalla rosa dei mandanti, e tolto d'ufficio il francking perché, ripetiamolo per l'ennesima volta, tale pratica non si "pratica" in Italia, in priomis, perché vietata, in secundis, seppur più importante, forse, non abbiamo depositi di idrocarburi idonei. Nemmeno volendo, quindi, la potremmo usare. Scartando anche l'Altissmo, avendo la Santa Sede escluso suo inplicazioni, restano quelle maledette compagnie petrolifere. Orbene, quelle maledette, che secondo qualcuno lavorano sempre in gran segreto, mentre come dissi altrove, è più facile trovare informazioni sulle concessioni di prospezione idrocarburi che sui finanziamenti di talune rinomate associazioni ambientaliste, si stanno impegnando in studi per comprendere gli effetti della rimmissione di fluidi nei giacimenti in coltivazione. E', infatti, pratica diffusa, sia per ottimizzare la produttività che per ridurre il rischio di fenomeni di collasso, andare a inniettare fluidi - acqua di strato, estratta con gli idrocarburi e fanghi di perforazione nei serbatoi geologici. Ciò si è sempre ritenuto elemento potenzialmente critico in termini di sismicità indotta, che per taluni poteva e può essere su media/ampia scala, ossia in grado di scatenare terremoti forti e su vaste aree. Varie compagnie petrolifere si stanno impegnando sul tema in collaborazione con enti pubblici per chiarire l'entità del fenomeno. Un recente studio prodotto dall'IGNV, l'Università di Roma, in collaborazione con l'ENI, autori M. Buttinelli, L. Improta, S. Bagh & C. Chiarabba, pubblicato su Scientific Report, rivista del gruppo Nature, ha riportato interessanti elementi sulla questione. Lo studio si è svolto in Val d'Agri, in Basilicata, in corrispondenza del più grande giacimento di terraferma d'idrocarburi d'Europa, quindi, le evidenze emerse hanno una rappresentatività e una valenza piuttosto significativa. Si è evidenziato che la reinniezione di fluidi ha comportato la riattivazione di piccole faglie, lunghe tra i 100 e i 200m, con produzione di sismi a 2-5km di profondità e di magnitudo max di 2.2. gradi della scala Richter. La causa si ritiene stia nell'aumento della pressione dei fluidi presenti nel serbataio per via dell'iniezione di acqua. I sismi sono risultati, comunque, limitati all'intorno del pozzo. E quindi, che le prospezioni a largo delle coste Adriatiche, possano generare sismi potenti come quelli che si sono avuti, nel centro Italiua non è proponibile. Anche l'ultimo indiziato cade e per spiegare la sequenza sismica, ancora in corso, non resta che la tettonica a placche. Lo studio IGNV è importante, in quanto non concluso, ma prevede un monitoraggio costante pluriennale, la comprensione di tali fenomeni è, infatti, fondamentale, per garantire le conoscenze adeguate a rendere sicura per i territori e i lavoratori l'attività estrattiva, a cui, piaccia o meno, non possiamo ancora rinunciare.
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