Per la serie pontificano tutti, io non sono da meno. Come anticipatovi, ho letto, come molti, mettendoci molto più degli altri, essendo lento, l'enciclica Laudato Sii di Papa Francesco. E mi permetto nel mio piccolo di dire la mia. Non mi rivolgerò direttamente al Pontefice, come hanno fatto altri, vedi Beatrice Mautino, autrice di Contro Natura, che ha assai argutamente rilevato alcune criticità nel pensiero pontificio sul tema OGM, perché non sono così estroverso, ne penso che il Pontefice leggerà queste mie righe, anzi se accadesse, ne sarei pure imbarazzato. Non entriamo nei meandri dei miei convincimenti religiosi, che non sono elemento d'interesse, ma vorrei evidenziare alcuni punti dell'enciclica che mi hanno colpito, tenendo conto che questo documento, anche se non tecnico, è destinato a fare opinione e a condizionarla non poco, specie quella di chi ha responsabilità politica, veri destinatari - mi pare - più dei fedeli, dell'enciclica, come ben rileva un articolo di LIMES. Il testo è, ovviamente, rilevamente e avrà un peso tutt'altro che trascurabile nel dibattito internazionale sull'uso delle risorse, come rileva il National Geographic e una lettura distorta potrebbe portare a posizioni irragionevoli. Non mi avventuro a dare del marxista alle tesi papali, come hanno fatto al Foglio (i celeberrimi atei devoti, verso Papa Francesco mi paiono più atei che devoti), ma mi permetto alcune osservazioni. L'enciclica ha acceso gli entusiasmi di larga parte del mondo ambientalista, vi riporto il link ai commenti del FAI, come esempio, ma ogni associazione che si occupa di ambiente e di terzomondismo ha praticamente detto la sua. Partiamo dall'introduzione di Carlo Petrini di Slow food, non commento la visione profetica che ormai il Petrini ha di sè, ma rilevo che nella sua introduzione egli - pur dichiarandosi non credente - accenna a un concetto che poi lo stesso Pontefice esprime seppur implicitamente. Ovverosia dell'evitabilità dell'estinzione umana. Si fornisce un quadro fosco della nostra permanenza sulla Terra, si ricorda come se continuiamo con questo andazzo nel consumare risorse, probabilmente a breve non ne avremo più e come specie non avremmo più futuro. Concetto di per sé sacrosanto, anche io penso che se continuiamo così, accorceremo di non poco la nostra presenza su questo pianeta, ma va dato per scontato che l'estinzione fa parte della vita di ogni Specie, per cui prima o poi, volenti o nolenti, sia che si faccia i bravi bambini che i cattivi, l'Homo sapiens sapiens sparirà, estinguendosi, o evolvendosi - si spera - in qualcos'altro. Vedo che alcuni principi base dell'Evoluzionismo, in certi mondi non si comprendono ancora appieno (o no si vuol comprenderli). Ciò detto, per il resto, mi permetto di dire sull'Enciclica che non è tanto il contenuto a essere importante, quanto chi lo dice. Nel senso che vi sono alcuni concetti un po' triti e pure già sollevati da altri Pontefici, ma il solo fatto che qui siano messaggio centrale che ha un forte peso. Trovo importante il concetto di "ecologia integrale" che il Papa pone, ricordando come tutte le nostre scelte in ambito ambientale debbano necessariamente iniziare a considerare gli aspetti sociali, tecnologici, culturali, etici e economici, con un approccio alle sfide per una presenza umana sostenibile più ponderato e sopratutto totalizzante. Trovo questo importante e per questo mi auguro che finalmente, ai prossimi vertici sul Clima o sull'Ambiente in generale, i vari governi del Mondo inizino a presentarsi non solo con i ministri ambientali, ma anche con quelli economici e finanziari, se vogliamo che questi consessi siano produttori di azioni concrete e non solo di enunciazione di buoni propositi, come troppo spesso è accaduto (in parte non secondaria anche alla recente COP 21 di Parigi). Trovo che il Pontefice si aggreghi un po' troppo ai tecnofobici, spesso la tecnocrazia è presentata un po' come l'antagonista del bene ambientale e la fredda Tecnica come un rischio in senso lato. Ma la Tecnica non è ne buona ne cattiva. Caso mai può esserlo l'uso che se ne fa. E' poi un po' ostico il passaggio dove si critica l'antropocentrismo egoista che porta l'Uomo a ritenersi così speciale da poter sfruttare a suo piacimento il pianeta, visto che se ne richiama più volte la sua specificità e superiorità con riferimenti alle Sacre Scritture, ma nel contempo si voglia anche evitare una sorta di sua mortificazione paragonandolo al resto del "creato". Il Pontefice sembra tentare di mitigare l'autostima della nostra specie - cui però il pensiero religioso molto ha contribuito, tentanto di evitarne la sua banalizzazione, temendo una sorta di deresponsabilizzazione. Concordo sul concetto, invece, che come Specie abbiamo raggiunto un livello di consapevolezza e di capacità di modificare l'ambiente, che non possiamo più agire in modo scriteriato, come se le risorse fossero infinite e la Terra in grado di assorbire ogni colpo. Dobbiamo agire responsabilmente a livello mondiale. Se è vero che il messaggio papale è importante, è vero che mi pare ci sia un po' troppo di romanticismo ecologista parolaio, che teme la tecnica e le sue implicazioni e quindi la rifugge, vedendo nel pragmatismo, una sorta di disamore per il Pianeta e la Vita che ospita.
Non è così, le sensazioni, i sentimenti che le sofferenze dei popoli, delle forme di vita e degli ambienti ci suscitano, devono essere ciò che ci spinge a rimettere in discussione il nostro modo di abitare la Terra, ma non possono essere il metro dell'agire. L'azione deve venire da una lucida analisi dei dati e da un'azione pragmatica, che abbia il massimo dell'efficacia e il massimo dello spettro d'azione. Ribadisco un concetto, essere analitici e pragmatici non significa essere insensibili, ma solo razionali. E l'essere umano, o è razionale o non è.
Non è così, le sensazioni, i sentimenti che le sofferenze dei popoli, delle forme di vita e degli ambienti ci suscitano, devono essere ciò che ci spinge a rimettere in discussione il nostro modo di abitare la Terra, ma non possono essere il metro dell'agire. L'azione deve venire da una lucida analisi dei dati e da un'azione pragmatica, che abbia il massimo dell'efficacia e il massimo dello spettro d'azione. Ribadisco un concetto, essere analitici e pragmatici non significa essere insensibili, ma solo razionali. E l'essere umano, o è razionale o non è.
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