domenica 9 agosto 2015

Specialmente rifiuti

Finalmente dopo un po' di tempo, rimprendiamo a parlare del magico mondo dei rifiuti (le venetissime scoasse). L'ISPRA ha presento la XV edizione del Rapporto Rifiuti Speciali - Edizione 2015, sul sito ISPRA, trovate tutta la documentazione, comprensiva di un nota di sintesi e del rapporto intero, il rapporto è aggiornato ai dati 2013. Devo dire che la prima cosa che mi ha colpito è che ad oggi non vi sia stata ancora una aperta discussione sul rapporto, fatti salvi 2 articoli, uno sul Sole24ore e uno su Avvenire. Ho visto abbastanza poco per il resto. Orbene, potrebbe passare il messaggio che questo sia il classico report annuale, che snocciola un po' di numeri e dice ben poco. A mio avviso, questa edizione del rapporto è particolarmente significativa. Rammentiamo che sono Speciali (art, 184 del D.Lgs 152/06 e ss.mm.ii.) i rifiuti che provengono da attività agricole e agro-industriali, attività da demolizione e costruzione non che scavo (fatto salvo quanto previsto per Terre e Rocce da Scavo), attività di lavorazione industriale, artigianale, commerciale, servizio e ovviamente recupero e smaltimento rifiuti e attività sanitarie. Come tutti, anche questi rifiuti possono essere pericolosi o meno, in base alle loro caratteristiche o al processo di produzione. Il fatto che questi rifiuti siano connessi all'attività produttiva, li fa diventare immediatamente un buon indicatore della situazione economica e del tasso di efficienza tecnologica dei processi produttivi. Ci pare utile sottolineare alcuni dati. Intanto il calo complessivo della produzione di questi rifiuti (-1,5% - pari a 2 milioni di tonnellate), che si spiega in larga parte per il calo della produzione di rifiuti inerti, in particolare dal settore edile, indubbio segno della crisi del settore, ma anche per il cambio di normativa sulle Terre e Rocce da Scavo, che finalmente ha permesso un maggior utilizzo dei materiali da scavo nei cantieri - ovviamente a patto di rispettare determinate condizioni - ciò è stato possibile rendendo un po' meno farraginosa la preesistente normativa. C'è da dolersi per il tempo che c'è voluto, che ha comportato l'insensato smaltimento di materiali che non erano rifiuti, occupando posto utile in discarica, con costi ambientali (inutili movimentazioni e trasporti) ed economici, sopportati dalle imprese e dalla collettività. Complessivamente si sono prodotte, nel 2013, 131,6 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, poco più del 4% pericolosi. A livello europeo è la Germani che produce il maggior quantitativo di rifiuti in ambo le tipologie, ma è anche il maggior trattatore. A livello UE ancora il 42,3% dei rifiuti va a discarica, l'Italia sta compiendo passi importanti per ridurre il conferimento, tant'è che si evidenzia una riduzione del 4,4%, significativo che centro e sud Italia abbiano fatto le prestazioni migliori, mentre al nord il dato sia in aumento. E' da capire se ciò sia connesso a un maggior ricorso allo smaltimento per gli inerti, data la scarsa richiesta di aggregati riciclati dal settore infrastrutture o alla volontà di andare rapidamente a completare l'iter di vita di talune discariche al fine di ottimizzarne i costi, finché le tariffe lo consentono. Il recupero a livello UE di rifiuti speciali - inteso come recupero materia e energetico - è del 45,7%,  è da dire che in diversi paesi il recupero è favorito dalle pratiche di "backfilling" ossia l'uso dei rifiuti speciali, specie da costruzione e demolizione, per sottofondi et similia, questo per la diversità delle norme tecniche. Qui sarebbe ora di norme europee comuni, poiché non si capisce perché se qualcosa che è usabile a sottofondo in Olanda, non lo possa essere, per esempio in Italia, creando significativi diseconomie in alcuni Stati rispetto ad altri. Tralasciamo poi il fatto che vi sono meno "pregiudizi" fuori dall'Italia, all'uso dei combustibili da rifiuti per la produzione energetica.  Il rapporto lamenta una certa difficoltà nel ricostruire i dati poiché molti dei soggetti produttori sono esenti dalla presentazione dei MUD (modello unico dichiarazione ambientale), tramite i quali si ricostruiscono le banche dati istituzionali, e fa un passaggio invocando un ritorno al mai partito SISTRI per gli speciali non pericolosi; orbene, per chi ha idea di cosa sia stato questo fiasco chiamato SISTRI, un tale auspicio è uno spauracchio, se si vuole tracciabilità e disponibilità dati, creiamo una forma di MUD semplificato, e non oneroso, anche per i soggetti oggi esenti, che comunque, tengono scritture ambientali e sono soggetti alle norme sui rifiuti. Calano, ovviamente, anche le esportazioni di rifiuto, anzi per gli speciali non pericolosi aumenta l'import, che è fatto sopratutto da rifiuti da costruzione e demolizione metallici, che vanno ad alimentare il nostro comparto siderurgico. La povertà di materie prime in questo settore ha fortemente ottimizzato la capacità del nostro paese di recuperare materia metallica dai rifiuti, tanto da essere importatori. L'export è comunque una nota dolente, molti rifiuti pericolosi o rifiuti derivanti dai processi di trattamento rifiuti urbani e speciali prende la via dell'estero, spesso per la mancanza di processi industriali in grado di gestirli in Italia, tutto ovviamente con pesanti costi economici per il sistema paese e spesso con risvolti ambientali non tranquilizzanti, visto che vari dei paesi destinatari non sono dotati di normative ambientali e di sicurezza sul lavoro tali da poterci far stare sereni. E' da sempre opinione di chi scrive, che determinate lavorazioni e processi vadano svolti nei paesi, così detti, "avanzati", perché al netto delle proprie magagne, il controllo ambientale e sociale è comunque ben più alto (della serie provate a vedere, per esempio, che differenza c'è a smantellare una nave in Liguria o in India...), ovvio che ciò richiede la possibilità di avere un tessuto economico competitivo, normativa chiara, puntuale, ma non penalizzante, e la capacità della politica e dei territori di ospitare cicli industriali - che debbono avere tutti i crismi di sicurezza, ovvio - e non cadere preda di un ambientalismo imbelle. Cosa di cui il nostro paese è tutt'altro che immune. Per pulire l'ambiente ci si deve sporcare le mani. Per vuotare la pattumiera la devi afferrare.

Nessun commento:

Posta un commento