Il tema della "transizione ecologica", ovverosia sia il passaggio dall'attuale modello socio-economico e tecnologico a uno meno energivoro, a ridotte emissioni di CO2, o meglio con saldo di emissioni di CO2 circa 0 è quanto mai di stretta attualità e impellenza. Addirittura noi italici ci abbiamo persino dedicato un ministero. Di solito, però, quando una cosa diventa un "Ministero", significa che diventa più complicata e inconcludente. Speriamo bene. Va detto che questa tensione alla transizione, spesso fa intraprendere politiche o vie di sviluppo non sempre coerenti, in alcuni casi vi sono passaggi troppo bruschi, in altri casi si fanno voli pindarici, in alcuni si cade nel velleitarismo, in altri si fanno scelte poco avvedute. Basti pensare, per esempio, alle preclusioni sull'uso del gas per la transizione o alle mancate efficientazioni energetiche o alla corsa alle tecnologie verdi, che così verdi talora non sono. Due esempi di come si dovrebbe essere prudenti e ponderati sul tame ci vengono dall'uso del combustibile da legname e dal tema delle auto elettriche.
Partiamo con l'uso del legno per produzione di energia. La pratica di sfruttamenti sostenibili di boschi per questo tipo di attività sta diventando molto diffusa nelle repubbliche baltiche e in Russia. Si tagliano boschi in maniera selettiva e il legno è lavorato per essere usato come combustbile in centrali energetiche, mentre le piante tagliate sono sostituite di nuove. Teoricamente questo processo si ritiene siana saldo 0 in termini di emissioni di CO2. Tagli un albero "adulto" e lo bruci, lo sostituisci con piante giovani, che nella crescita assorbiranno anche più CO2 di quanta ne è stata prodotta con a combustione del loro predecessore. C'è un, però. Questo "saldo 0" di anidride carbonica non è istantaneo. E' più un "mutuo", io spendo la CO2 ora bruciando l'albero, e te la rendo poco a poco con l'assorbimento delle piante giovani. Un articolo recente del Guardian, proprio sulla gestione di queste risorse in ESTONIA, evidenzia come questo squilibrio temporale, di fatto, mini la sostenibilità dell'intero processo, ed anzi lo renda controproducente. Infatti la liberazione della CO2 adesso, per la combustione degli alberi, peggiora ADESSO la problematica dell'aumento di questo gas serra nell'atmosfera, aggravando gli effetti connessi. Il "ripagamento del debito" è differito nel tempo, quindi, si rischia che i suoi benefici arrivino troppo tardi, quando ormai il danno è bello che fatto. Le prime evidenze sembrerebbero dismostrarlo. Oltre al fatto che comunque si generano non pochi impatti sui boschi e la fauna con questa pratica di "coltivazione". Quindi, che si fa? si lascia perdere? Se si abbinasse a questi modelli, ossia dell'uso del legno nelle centrali a biomasse, un recupero di calore dei processi di combustione, per sostenere parti di riscaldamento delle utenze urbane, forse la pratica recuperebbere il suo valore ambientale.
Vi è poi il tema dell'auto elettrica, o più in generale del settore tecnologico. Come mostra un articolo tratto dall'Astrolabio - ma ve ne sono ormai molti di disponibili, anche questa strategia ha i suoi bei coni d'ombra, oltre la retorica e la propaganda. C'è, in primis, il tema delle emissioni di CO2 derivate dalla fase di produzione delle batterie. Vi è poi il tema dell'estrazione dei minerali che servono per tale componenstica, che spesso avviene in miniere in paesi in via di sviluppo in cui il degrado ambientale e lo sfruttamento sociale sono estremi. Anche qui i problemi ci sono e vanno dichiarati, per poter essere compiutamente affrontati. Inoltre la qustione dell'approvvigionamento delle terre rare e degli altri minerali usati nelle tecnologie cosidette "green", ha grandi implicazioni geopolitiche e sta generando conflitti latenti o palesi per l'accaparramento di tali risorse. E' necessario che vi siano delle regole condivise per le metodologie di estrazione e che si arrivi a una sorta di "certificazione di origine controllata" sui minerali estratti, in modo che si sia certi che l'estrazione è avvenuta secondo criteri di responsabilità ambientale e sociale, ma questo richiede regole certe e strumenti di controllo e sanzione effettivi, laddove necessario. Inoltre, forte efficienza, quando i beni costruiti con questi minerali sono a fine vite, è necessario vi siano adeguate impiantistiche per il recupero degli stessi, onde appunto evitare monopoli neli approvvigionamenti. Insomma un ripensamento complessivo dello sbandierato "green new deal", che non si fa ne solo con le buone intenzioni, ne senza rompere qualche uovo e sopratutto di certo non a slogan.