Sono in fase libresca, e in piene letture evoluzioniste. Da anni mi attende un "tomone" che raccoglie gli scritti di Darwin e prima di morire mi ci dedicherò (anche se ho già letto, con grande fatica - l'ammetto - l'Origine delle Specie). Nel frattempo, mi sono cimentato, dopo le letture di Sepkosky - vedi post precedente - con Niles Eldredge, insigne paleontologo statunitense, incontrato tante volte sui libri in questi anni, propugnatore, con Gould, della "Teoria degli equilibri punteggiati" una rielaborazione, o meglio, un approfondimento, dell'evoluzione darwiniana. Questa volta non ho fatto il sapientone e mi sono letto la traduzione italiana del suo testo "Darwin - alla scoperta dell'albero della vita", un'interessante biografia di Darwin fatta a partire dalla lettura dei suoi taccuini di appunti, raccolti in decenni di studi e meditazioni dal viaggio alla Galapagos che gli cambiò la vita alla pubblicazione dell'Origine. Eldredge, grazie ai discendenti di Darwin e ai custodi dei suoi manoscritti, ripercorre di fatto il cammino del pensiero evolutivo e della "sua teoria" (come Darwin definiva l'evoluzione e in particolare il tema della selezione naturale) direttamente nelle parole dello stesso scienziato. Un percorso travagliato, se si pensa che Darwin parte con il "Beagle" con lo sfavore del padre, e all'epoca era un "creazionista", e muta il suo pensiero di fronte alle evidenze che gli si parano davanti e su cui s'interroga. Coglie la portata delle sue deduzioni e si scopre timoroso nel divulgarle, quasi lo ritenesse un reato, infatti, nei lunghi anni prima della pubblicazione dell'Origine, ne farà parola con pochi, pochissimi fidati e ne darà qualche prudente anticipo in alcuni scritti. Sarà il timore di vedersi soffiato il frutto del suo lavoro da Wallace, altro studioso, che era arrivato alle sue medesime conclusioni, a dargli una scossa. Ciò che sorprende è la capacità di Darwin di cogliere molti degli aspetti dell'evoluzione, senza possedere tutte le conoscenze necessarie (per esempio la Genetica che, ovviamente, si svilupperà molto dopo Darwin) e di essere "l'ultimo scienziato", come dice Eldredge, a possedere una sostanziale conoscenza di tutte le discipline connesse all'evoluzione, dalla biologia, alla geologia, passando per la paleontologia e l'anatomia comparata, poiché poi, queste discipline si separeranno sempre più e saranno campo specifico di ricercatori specializzati. E' vero, prese qualche cantonata, che influenzerà, comunque, il mondo scientifico a lungo, frutto a volte di eccessi di prudenza, a volte delle informazioni disponibili al suo tempo, vedi il suo rapporto verso la paleontologia, ma colse in maniera assai puntuale la sostanza dell'evoluzione. Anticipò, nota l'autore, anche la sua teoria degli "equilibri punteggiati", che poi non approfondirà per non incappare nell'accusa di essere anche "saltazionista" - ossia di ritenere che le nuove specie appaiano di colpo - cosa che invece spiega Eledredge è invece spiegabile, ma ringrazia Darwin di averlo lasciato dire a lui.
La forza dell'elaborazione di Darwin è ancora viva, come testimonia in qualche modo, l'accanimento con cui i detrattori della teoria - i nuovi creazionisti - ancora cerchino di spodestarlo. Un tema non secondario questo, poiché questi movimenti, che spesso si nascondono in pseudoscienze, sono lo specchio di come posizioni irrazionali e fondamentaliste siano presenti anche all'interno del "progredito Occidente" e troppo spesso influenzino anche le Istituzioni Civili. Infine, un po' mi ci sono ritrovato anche io, nel mio piccolo, nella storia di Darwin, la sua voglia di viaggiare, in contrasto con l'amore per la sua famiglia e la sua quotidianità, il suo desiderio di "farsi un nome" e "lasciare un segno" nella Scienza, l'esperienza dell'allontanamento dalla fede per il dolore della perdita di persone care, il suo progressivo agnosticismo. Rispetto ad altri grandi della Scienza che avevano il fisique du rol (spero sia scritto giusto, sennò amen) del genio, Darwin pareva uno che non avrebbe avuto poi molto da dire. Invece ci raccontò qualcosa di grande, ci raccontò il meccanismo della Vita che evolve, ci raccontò qualcosa di cui ancor oggi parliamo e su cui ancor oggi c'interroghiamo.
La forza dell'elaborazione di Darwin è ancora viva, come testimonia in qualche modo, l'accanimento con cui i detrattori della teoria - i nuovi creazionisti - ancora cerchino di spodestarlo. Un tema non secondario questo, poiché questi movimenti, che spesso si nascondono in pseudoscienze, sono lo specchio di come posizioni irrazionali e fondamentaliste siano presenti anche all'interno del "progredito Occidente" e troppo spesso influenzino anche le Istituzioni Civili. Infine, un po' mi ci sono ritrovato anche io, nel mio piccolo, nella storia di Darwin, la sua voglia di viaggiare, in contrasto con l'amore per la sua famiglia e la sua quotidianità, il suo desiderio di "farsi un nome" e "lasciare un segno" nella Scienza, l'esperienza dell'allontanamento dalla fede per il dolore della perdita di persone care, il suo progressivo agnosticismo. Rispetto ad altri grandi della Scienza che avevano il fisique du rol (spero sia scritto giusto, sennò amen) del genio, Darwin pareva uno che non avrebbe avuto poi molto da dire. Invece ci raccontò qualcosa di grande, ci raccontò il meccanismo della Vita che evolve, ci raccontò qualcosa di cui ancor oggi parliamo e su cui ancor oggi c'interroghiamo.