lunedì 28 dicembre 2015

Scontro inevitabile

Ho atteso il più sereno periodo delle feste natalizie, per parlare della questione, per lasciare raffredare gli animi, specialmente il mio, su un tema che qualche settimana fa, ha infiammato il dibattito in particolare sui social. Mi riferisco alla richiesta fatta alle Istituzioni, tramite una petizione di cittadini, di rendere obbligatoria la vaccinazione dei bambini che si iscrivono a scuola. Ovverosia, se non ti vaccini non t'iscrivi. Questo a seguito dell'accertamento del calo della copertura vaccinale sotto il 95% nella popolazione italiana, soglia ritenuta di sicurezza per garantire la cosidetta immunità di gregge e alla ricomparsa di malattie, quali difterite e encefalite morbillosa (ricomparsa con decessi) proprio a seguito di ciò. Si è riaperto lo scontro, perché questo è, tra vaccinisti (che gli anti tacciano di superficialità, ottusità, asservimento agli interessi di case farmaceutiche) e gli antivaccinisti (che i pro sostanzialmente vedono come oscurantisti obnubilati da analfabetismo funzionale). Orbene, io sono senza se e senza ma VACCINISTA. Non sto qui a spiegare perché e non starò qui a mettermi a confutare le tesi degli anti, ci sono siti come Vaccinarsì o il sito del Ministero della Salute, o il Portale Vaccini della Società Italiana di Pediatria o il  Faro Pediatrico che sono ben più qualificati di me per farlo e per fornire in modo chiaro tutte le informazioni necessarie anche per il più ansiogeno dei genitori. Quello che vorrei fare è ragionare su alcuni punti. Io capisco, sono genitore, la paura. Siamo nella società delle informazioni,ma non le sappiamo sempre decifrare e sopratutto non è sempre facile valutare le fonti e si è sempre più portati a credere che l'informazione istituzionale sia di parte e lì per imbonirci. Tutto questo ha una radice anche storica profonda (se volete approfondire andate qui) Sarebbero, quindi, pecoroni, quelli che seguono il consiglio del Servizio Sanitario, mentre gli anti sono quelli che "hanno studiato" "hanno capito" e seguono quello sparuto gruppo di eroici medici che dicono la "verità". Anzi la comunità scientifica medica sarebbe divisa. In questo l'informazione non c'aiuta, poiché spesso nei dibattiti si invita un medico pro vaccino e uno anti, dando l'idea che la spaccatura nella comunità medica sia del 50 e 50. Non è così, è un po' come nel dibattito per il cambiamento climatico, in realtà il 97% della comunità scientifica è convinta del cambiamento antropogenico, e il restante 3% non ha nemmeno una posizione alternativa condivisa; un comico americano, John Oliver, ha ideato uno sketch su come dovrebbe essere un dibattito "rappresentativo" sul tema, lui parlava del clima, ma potremmo immaginare di sostituire il tema con quello dei vaccini. 
Anche nella comunità Geologica c'è chi nega la Tettonica a Placche, qualcuno è pure autorevole, ciò non di meno è una minoranza, che non ha teorie alternative valide, ma che sopratutto non ha fornito evidenze solide. Tra i Paleontologi esistono antidarwiniani e creazionisti, sono Paleontologi, eppure sbagliano.
Perché, dunque, lo sparuto gruppo dei medici antivaccinisti, avrebbe ragione? Osservate bene, gli antivaccinisti aborrono il confronto, fanno meeting a porte chiuse, e generano meccanismi di fidelizzazione ai limiti dell'indottrinamento, presentano casi sporadici e non danno mai contezza dei propri numeri, sopratutto hanno un approccio che non è esattamente quello scientifico e si muovono in un mare magnum di falsa informazione, ampiamente pilotata. Certo sono aiutati dall'informazione istituzionale, spesso algida, incompleta e dalla scarsa organizzazione del sistema pediatrico sul tema, i pediatri spesso sono contradditori o poco propensi a informare con pazienza i neo genitori, che oggi appunto, si presentano convinti di essere iper informati e non è così, su questo la comunità sanitaria deve lavorare e su questo la dobbiamo aiutare. Ma dobbiamo rivolgerci a medici che ci rispondano con rigore come in questo esempio di lettera a un antivaccinista, e abbandonare il principio, specie su questo campo, di un fraintendimento della libera opinione individuale. La mia opinione non può, in nome della libertà, sopravanzare un fatto o un evidenza, foss'anche l'opinione di una maggioranza, poiché sui fatti le opinioni non servono, e le leggi e le strategie sanitarie sulle evidenze mediche si debbono basare. Mi sono scontrato con amici e conoscenti e ho scoperto che molti hanno questo concetto in testa, ma non è così, vi è un fondo di irrazionalità nel credere che la libertà si sleghi dalla realtà. 
Perché noi vaccinisti siamo diventati così veementi? Perché adesso abbiamo paura, per noi, per i nostri cari, perché le scelte degli antivaccinisti stanno condizionando la Salute Pubblica e ciò non è più ammissibile. Perché vi vogliamo bene, siete nostri amici, conoscenti, e il fatto che non capiate o non vogliate capire ci fa arrabbiare. E restare calmi, essere pragmatici, argomentare quando si ha paura e si è arrabbiati, non è facile e noi, per restare nell'attualità cinematografica, non sempre siamo Jedi di prim'ordine. 
Un'ultima riflessione. Come avete letto, vi ho rimandato ad altri per cercare elementi di evidenza, circa l'insensatezza delle campagne antivacciniste, ma uno ve lo voglio dare. Guardate i vostri compagni di strada. A SOSTEGNO delle vaccinazioni (oltre che ai fatti e alla Scienza Medica NdA), avevamo la Hack, la Levi Montalcini, abbiamo Veronesi, gli Angela, insomma, gente di questa tacca qui... dall'altre parte cari genitori, vi ritrovate con i teorici del complotto mondiale, quelli che credono nelle scie chimiche, la cospirazione aliena, i grigi, i rettiliani, e ammeniccoli vari, sciamani, ciarlatani di cure miracolose, furfanti vari. Beh anche questa è un evidenza.
E', perciò, inevitabile che ci sia un conflitto tra noi, ed è impensabile che ci si rifiuti, da parte nostra, di affrontarlo.



lunedì 23 novembre 2015

e adesso fucilatemi...

"... e adesso fucilatemi!", così un deputato Democratico nel 1865, al momento del voto sul 13° emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti, l'emendamento aboliva la schiavitù e il grosso dei democratici era contrario, per cui chi su questa scelta si differenziò sapeva che avrebbe subito forti reprimende, per essere andati contrcorrente su un argomento di tale spessore. Io ora farò lo stesso. Pubblico un articolo di jacopo gilberto del Sole 24 ore sul tema delle trivellazioni in Adriatico. Lo ammetto, non sono così contrario, anzi penso che questa partita dovremmo condurla noi, anziché lasciarla alla gestione croata, poiché ritengo che il nostro paese possa gestire con più attenzione e "professionalità" (si sono tra gli illusi che ancora crede nell'Italia e nei suoi tecnici, che ci volete fare, a volte sono un romantico), e che sì, il gas naturale possa essere una fonte di transizione nella fase di abbandono delle fonti fossili più impattanti e poi penso che tutto ciò che ci rende, come Paese, energicamente più autonomi ci renda anche più liberi.

E' adesso fucilatemi!!!
dal Sole 24 Ore del 15 novembre 2015
 

lunedì 16 novembre 2015

#JesuisParis

Questo blog che vorrebbe essere un luogo (piccolo - come l'intelletto di chi vi scrive) di razionalità e pragmatismo, non può esimersi da un commendo dopo i fatti di Parigi, che vengono dopo molti altri fatti (Turchia, Kenia, Siria... e via dicendo). Ciò che si vorrebbe è una reazione scomposta, rabbiosa irrazionale dell'Europa e dell'Occidente. Si vuole la Paura, che porta all'Ira e all'Odio, ossia (per non ci tare in tutto il maestro Yoda), l'irrazionalità. L'occhio per occhio. Non possiamo, non dobbiamo. Dobbiamo trovare la forza di essere saldi e calmi e agire con raziocinio. Serve più Europa, più coraggiosa, più onesta anche sui propri errori. Serve che ci appelliamo al meglio delle nostre origini, a Voltaire, e a un principio d'Europa baluardo di libertà, democrazia e razionalità, contro l'oscurantismo, la paura. E serve che questa spinta venga da tutti, da ogni singolo cittadino, se come popoli ci abbandoniamo alla paura e alle soluzioni che questa propone, finiremo in una spirale che ci vedrà sconfitti. Questo non significa rifiutare lo scontro. Significa combatterlo adeguatamente in strategia, convinzione e determinazione. E' difficile, ma in questo momento se siamo specie pensante, lo dobbiamo dimostrare.







domenica 18 ottobre 2015

il prezzo del riciclo

E' forse tempo di interrogarsi su alcune diffuse convinzioni "economiche" sulle Raccolte Differenziate. Una campagna informativa, ormai battente, dei Consorzi di Filiera del Riciclo, la propaganda di molte forze politiche, l'impellenza delle Amministrazioni comunali di dimostrare ai cittadini che differenziare "rende", hanno fatto sì che ormai ci sia la radicata collettiva convinzione che con i rifiuti della raccolta ci si guadagni e parecchio. E quindi, che questi denari debbano tornare ai cittadini o comunque ai Comuni, in premio al loro sforzo benemerito. Orbene, nulla di più vero che, meglio si raccoglie, più facilmente si ricicla, più le filiere del recupero si accorciano, meno energia si consuma e più ne beneficia l'Ambiente, che non viene depauperato di risorse naturali e nemmeno martorizzato con le discariche, che pregiudicano porzioni di territorio per decenni avvenire. Questi sono, in primis, i veri benefici del riciclo e della raccolta differenziata, nella nostra esigenza di "particulare" e nella politica di piccolo cabotaggio, divengono, però, aspetti secondari, rispetto al soldo. Così che il denaro, che è, nell'ottica di molti movimenti ambientalisti, causa prima dello scempio dell'ambiente, sempre per i medesimi, deve essere il premio per chi ora s'impegna. Ma se il denaro è del Diavolo, lo è sempre, non solo quando fa comodo. Allora, un recente studio nazionale sui costi delle raccolte differenziate, Studio Bain, di cui a breve dovremmo avere aggiornamento con la presentazione dei dati ISPRA 2015 sul riciclo in Italia, evidenziava che il costo medio della Raccolta differenziata oscilla da 143 a 245 euro a tonnellata,  in funzione di località e modalità di raccolta. Si badi, parliamo dei soli costi per portare dalle città ai centri di recupero il materiale, tutti i costi per portare detti rifiuti a nuova vita non sono conteggiati. Nella sintesi richiamata, vi è un bel confronto tra quanto costa raccogliere e quant'è il contributo medio dei vari consorzi. Contributo, che come vedete non copre tutti i costi e, si badi, che per lo più è legato ad aspetti qualitativi del rifiuto. Più sporco è meno prendi. Concetto sacrosanto. Esistono, però, dei limiti strutturali, per cui anche nelle comunità più evolute, il materiale avrà sempre un certo tasso d'impurità, che ne pregiudicherà la valorizzazione. Per essere chiari, talune frazioni valgono zero, o divengono costi se conferiti in circuiti impropri. Il raggiungimento dei parametri necessari atti a ricevere il contributo di filiera è spesso ottenibile solo attraverso un processo di trattamento e selezione, che separi/raffini il materiale, sia che siano raccolte monomateriale (si raccoglie ogni materiale da solo - ma i costi aumentano) sia che faccia raccolte di multimateriale (con ottimizzazione dei trasporti). Orbene, ciò significa, che senza questo "lavoro", stimato in 104 euro a tonn (costo selezione certificato dall'accordo ANCI-COREPLA), cui devo aggiungere i costi per lo smaltimento delle "impurità" - circa 120 euro, sempre in virtù del citato accordo - il materiale raccolto differenziatamente vale poco o nulla, o è addirittura un costo. I vari "espertoni" che in ogni amministrazione locale, oggi si alzano e leggendo i contributi del sistema CONAI,  si domandano "come mai prendiamo così poco dalla differenziata?", dovrebbero rendersi conto che quei contributi sono dovuti solo al netto del loro rifiuto, cioé una volta che è stato "portato" entro determinati parametri che di base non ha, ovverosia una volta che è stato "preparato" e già avviato entro un sistema di recupero, ossia, in sintesi, dopo che qualcuno ci ha già lavorato sopra. E quel lavoro costa.  Questa foga del denaro, ha fatto sì che molto spesso si mettessero in piedi meccanismi normativi-organizzativi che non hanno nel recupero materia il loro fine, bensì nell'elargire remunerazione, generando baracconi che alla fine non pagano e lasciano solo buchi. Dovremmo iniziare  ragionare sul fatto che i rifiuti diventano risorsa con un costo, che è senza dubbio minore (e comunque sempre da ottimizzare) rispetto a quello che si sosterrebbe non riciclando il materiale. Dovremmo ovverosia, iniziare a valorizzare anche il lavoro di chi esegue quel recupero. Anziché chiedersi "perché prendiamo così poco"... la domanda dovrebbe essere possiamo "spendere meno"?

giovedì 15 ottobre 2015

Intanto io segno...


In questa intervista di Floris su La 7, l'onorevole DI MAIO astro nascente dei pentastellati, bolla più o meno consapevolmente (minuto 17:00 ca), la figura del GEOLOGO come qualcosa che è più un hobby, che non una professione degna di credito e rispetto, tra l'altro dopo che precedentemente in questa intervista (minuto 10:00), aveva ricordato il pesante problema del dissesto idrogeologico in Italia, problema che, probabilmente, Di Maio ritiene gli infermieri più qualificati ad affrontare. Non sto qui a spiegare il ruolo del Geologo, o a ricordare come tale competenza sia così poco valorizzata nel paese, mi limito a registrare l'accaduto. Se questo è l'Homo novus della Politica... noi rimpiangiamo l'Homo habilis

mercoledì 14 ottobre 2015

interessi Contro Natura

Ogni tanto mi sento in dovere di dare qualche consiglio di lettura. Per i razionalisti impenitenti, per i pragmatici, o più semplicemente per i curiosi di buon senso, ecco un testo assai interessante in quest'epoca in cui diete, mangiar sano, cuochi, sapori di una volta e via dicendo, imperversano, talora spandendo luoghi comuni e falsi miti a volontà. Un libro che con un rigore implacabile e chiarezza quasi disarmante, spazza via alcune delle vulgate più alla moda del momento, dal kamut, al riso, passando per gli OGM. Pensate che il farro sia uno dei buoni sapori di una volta, molto più salutare di questi grani moderni, figli di questa nostra epoca industriale, anziché di tempi più bucolici (cioé quando ci si divertiva con la pellagra...)? Orbene sappiate che la storia dei grani è un po' più complessa, una storia d'amori e incroci degna di Beautiful che in Contro Natura è raccontata con chiarezza anche per i non biologi. Avete sempre avuto un debole per il vituperato olio di arachidi? Qui troverete soddisfazione. Pensate che sugli OGM ci sia molta disinformazione e ipocrisia in Italia? Avete ragione e nel libro troverete spunti utli a capire uanto controproducenti siano certe posizioni che si ammantano di ambientalismo. E sopratutto, finalmente, vi chiarirete  cosa sia questa osannata"biodiversità" da tutelare. Leggetelo, vi farà bene.
CONTRO NATURA autori: Dario Bressanini - Beatrice Mautino,  RIZZOLI editore

martedì 13 ottobre 2015

#IoVaccino




COMUNICATO STAMPA N°19/2015
Istituto Superiore di Sanità: coperture vaccinali in calo, fenomeno preoccupante che può diventare drammatico
Urgente l’approvazione del nuovo Piano Nazionale per la Prevenzione Vaccinale
DICHIARAZIONE DEL PRESIDENTE DELL’ISS WALTER RICCIARDI
La copertura vaccinale nel nostro Paese è al limite della soglia di sicurezza e diventa ormai improcrastinabile l’approvazione del nuovo Piano Nazionale per la Prevenzione Vaccinale proposto da Ministero della Salute, Consiglio Superiore di Sanità, Istituto Superiore di Sanità ed Agenzia Italiana del Farmaco al Tavolo di coordinamento per la prevenzione delle Regioni italiane. 
I dati dell’Istituto Superiore di Sanità pubblicati dal Ministero della Salute indicano, infatti, un tasso di vaccinazioni al di sotto degli obiettivi minimi previsti dal  precedente piano. Scendono, infatti, al di sotto del 95% le vaccinazioni per poliomielite, tetano, difterite ed epatite B e la percentuale scende ulteriormente per le vaccinazioni contro il morbillo, la parotite e la rosolia che raggiunge una copertura del 86%, diminuendo di oltre 4 punti percentuali.
Questa situazione, che tende progressivamente a peggiorare, rischia di avere gravi conseguenze sia sul piano individuale che collettivo poiché scendere sotto le soglie minime significa perdere via via la protezione della popolazione nel suo complesso e aumentare contemporaneamente il rischio che bambini non vaccinati si ammalino, che si verifichino epidemie importanti, che malattie per anni cancellate dalla protezione dei vaccini non siano riconosciute e trattate in tempo.
È necessario che, a fronte dei dubbi dei cittadini, gli operatori siano in grado di far comprendere che la mancata vaccinazione crea un rischio enormemente più alto rispetto a quello temuto di eventuali effetti collaterali. E’ inammissibile che un operatore sanitario pubblico, in scienza e coscienza, possa avanzare dubbi sull’efficacia e sull’opportunità dei vaccini, di un atto che ha anche un valore etico per la tutela della salute pubblica. In questo senso è necessaria una nuova alleanza tra medici, operatori sanitari, ricercatori e industria per evitare che il patrimonio di salute pubblica conquistato in anni di campagne vaccinali vada disperso.
Se oggi è possibile avanzare dubbi sull’opportunità di una campagna vaccinale è perché probabilmente si è persa la memoria storica delle epidemie e della mortalità infantile che prima che fossero scoperti vaccini e antibiotici falcidiavano letteralmente intere generazioni.
Spetta agli operatori del Servizio Sanitario Nazionale per primi  ristabilire questa memoria e difenderla dalle campagne denigratorie che mettono a rischio la salute di tutti e perciò il valore più alto del loro lavoro quotidiano.

domenica 4 ottobre 2015

EXPO e insulti paleontologici

Finalmente, con la scusa d'un compleanno, abbiamo visitato il padiglione ACQUAE di Marghera, evento collaterale di EXPO. Gli esperti mi dicono che sia stato un mezzo buco nell'acqua, nel senso che i visitatori non sono stati quelli che ci si aspettava e che la struttura non sia stata adeguatamente promossa. Qualcosa di vero ci deve essere, se si sono inventati di allestire un mini parco di divertimenti esterno con ricostruzioni di dinosauri (ormai hanno assunto una funzione salvifica per l'intrattenimento d'ogni tipo) semi animate, due piscine con barchette e un gonfiabile. Però se vuoi fare il parco dinosauri "scientifico" devi farlo bene e non scrivere castronate, perché poi passo io e mi infervoro con un'incolpevole hostess lasciata sola a controllare il parco divorata da feroci zanzare. Eh sì perché passi l'eba alta, passi il gonfiabile fradicio che ha indispettito mio figlio, passi vedere sto parco dei poveri nel cuore della vecchia zona industriale di Marghera che mi faceva tanto DDR dopo la caduta del muro, passi pure che le ricostruzioni di dinosauri erano spoporzionate e "che si vede che sono di plastica", come ha argutamente sottolineato un amichetto di mio figlio grande, passi l'espressione ebete data a ste povere ricostruzioni, ma che mi fai anche didascalie sbagliate no! Non mi puoi scrivere che lo Spinosaurus è erbivoro! E non ti puoi avventuare in una tronfia cartellonistica in cui spieghi la vita sociale dei dinosauri dicendo con una sicumera intolleraile che i dinosauri non avevano organizzazione sociale, ma stavano insieme, quando ci stavano, quasi per caso! Ora, sulla possibile vita sociale dei dinosauri si è scritto a fiumi e le evidenze che ci fosse un'organizzazione complessa in talune specie, simile a quella di certi mammiferi odierni, sono ben note, non capisco perché l'anonimo che ha redatto le didascalie dei pupazzoni si sia sentito autorizzato a discettare di paleoetologia. Da ultimo i versi. Queste ricostruzioni emettevano suoni. Raccapriccianti. Il brachiosauro pareva Godzilla, gli stegosauri (!) grugnivano e il Parasaurolophus, ruggiva! Ruggiva peggio del T-Rex. orbene se c'è un dinosauro del cui verso abbiamo vaga idea è proprio il Parasaurolophus,  non si può esserecosì aprossimativi, speciese si vuol mostrare rigore tecnico. No mi spiace, caro ACQUAE, in Paleontologia, anche se spiccia, certi svarioni sono da cartellino rosso.

lunedì 31 agosto 2015

Geologia Agraria chi è costei?

Tra le branche poco note della Geologia, almeno in Italia, merita sicuramente un accenno la Geologia Agraria. Di corsi universitari me ne risulta solo uno, a Udine, il cui programma sembra più da Geologia Generale per Agrari, mentre i testi sono rari, ve n'é uno del 1905 del Vinassa de Regny, e uno degli anni '90 del Geologo Scaglioni, ormai esauriti. Qui sopra trovate un estratto della monumentale opera "Geologia Applicata all'Ingegneria" (oltre 1000 pagine) del mitico Ardito Desio, in cui vi è, ad avviso di chi scrive, una precisa definizione di cosa sia questa materia. L'attività agricola ha ovvie interconnessione con elementi geologici:
- il suolo, indispensabile per l'attività, un'agricoltura che non sia attenta alla risorsa suolo, può inevitabilmente depauperarla, favorendo l'erosione o la contaminazione da nitrati e solfati, o precessi di calcinazione, oppure altri inquinamenti derivati dall'uso di agrofarmaci.
- l'acqua, l'agricoltura e l'agrozootecnia sono tra i principali attori nel consumo di questa risorsa, che se ne va sia per irrigazione, che per processi di contaminazione, come quelli sopra elencati, la scelta di una coltura rispetto a un'altra non è secondaria, poiché per esempio le rese e le necessità idriche variano non poco.
- il paesaggio e l'irregimazione delle acque, l'agricoltura è legata anche a riassetti del territorio, con bonfiche e irregimazioni, che se non governati adeguatamente posso portare a incrementi del rischio idraulico e del dissesto idrogeologico, con riduzione degli alvei o interferenze con le dinamiche di falda.
Basti pensare che a livello mondiale l'agricoltura è responsabile del 70% del consumo di acqua dolce disponibile (dato destinato a crescere - la FAO stima che il fabbisogno dei paese emergenti crescerà del 20% entro il 2030) e che il 40% dell'inquinamento delle riserve idriche deriva dall'attività agrotecniche. E vi è un ovvio impatto col clima, in termini di emissione di C02, si pensi che 14,5% (FAO 2013) del totale annuo da attività umane, deriva dalle attività agro e zootecniche. L'agricoltura è fondamentale per il sostentamento della popolazione e, quindi, i suoi impatti e la sua efficienza pesano non poco nella sostenibilità o meno della presenza umana sul pianeta. Per cui quali strategie, quali politiche, quali soluzioni tecniche segua l'economia agricola sono aspetti di primaria importanza in un ottica di sviluppo ecosostenibile.
Molti sono i Geologi che operano in questi ambiti, e per lo più sono tutti autodidatti, fondendo le proprie nozioni di Geologia con conoscenze Agrarie e Forestali, in questo senso un agrario o forestale è avvantaggiato, poiché nei loro percorsi di studio trovano possibilità di frequentare corsi in ambito geologico, cosa che non avviene nel senso opposto per uno studente di Scienze Geologiche, mentre la possibilità sarebbe utile e fruttuosa, specie per chi, poi, si trovi a operare in regioni a forte vocazione agricola, come il Veneto da cui si sta scrivendo e più in generale il nordest. Insomma, magari rivedere un po' i piani di studio...
(i dati citati provengono da "CIBO - La Sfida Globale, P. De Castro, Donzelli Editore, 2015)

giovedì 20 agosto 2015

Scorie di Civiltà

Avrebbe dovuto uscire il 20 agosto la  Carta delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) ad ospitare il Deposito Nazionale per rifiuti radioattivi e Parco Tecnologico, rispettando i tempi previsti dal D.Lgs. 31/2010, ossia entro 7 mesi dalla pubblicazione della Guida Tecnica n. 29 di ISPRA, avvenuta il 4 giugno 2014. Dal sole 24 ore, apprendo che non sarà così.
Il 2 gennaio 2015 SOGIN, la Società pubblico-privata nata appositamente per la gestione dei rifiuti radioattivi in Italia,  ha consegnato ad ISPRA la proposta di CNAPI, successivamente, il 13 marzo ISPRA ha comunicato di aver consegnato al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e al Ministero dello Sviluppo Economico la sua relazione sulla proposta SOGIN. Il 16 aprile 2015 il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, hanno contestualmente chiesto degli approfondimenti tecnici a SOGIN e ISPRA sulla carta.
SOGIN ha fornito gli approfontimenti richiesti a ISPRA, che ha ripassato il tutto ai Ministeri, i quali entro il 20 agosto appunto avrebbero dovuto dare il nulla osta a SOGIN per la divulgazione della Carta. Nel mentre di questo ping pong, SOGIN, in collaborazione con gli Ordini dei Geologi del Piemonte, Lazio e Lombardia (Regioni che ospitano centrali nucleari dismesse e quindi potenziali candidati a ospitare il Deposito) ha iniziato dei momenti pubblici confronto sulla questione.
Il 21 luglio, i ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente sino  sono prodigati a chiarire che   “a fine agosto non sarà deciso il sito che ospiterà il deposito dei rifiuti nucleari. Il percorso che deve portare all’individuazione dell’area è molto più articolato, ma allo stesso tempo aperto e trasparente”.  Un mettere le mani avanti contro le inevitabili polemiche che sorgeranno appena la carta sarà resa pubblica, con inevitabili comitati, ambientalisti e politici pronti a cavalcare la tigre. Ma che cos'è il Deposito Nazionale e perché è un'opera strategica per questo paese?
Il Deposito Nazionale è un’infrastruttura ambientale di superficie dove mettere in totale sicurezza i rifiuti radioattivi. La sua realizzazione consentirà di completare il decommissioning degli impianti nucleari italiani e di gestire tutti i rifiuti radioattivi, compresi quelli provenienti dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca. Congiuntamente al Deposito sorgerà un Parco Tecnologico: un centro di ricerca sui rifiuti radioattivi e dello sviluppo sostenibile in accordo con il territorio interessato.
I rifiuti radioattivi derivano da molteplici attività indispensabili: la diagnostica e la terapia medica (per es. la radioimmunologia, la radioterapia), la ricerca scientifica, l’industria agroalimentare (per es. la sterilizzazione delle derrate per irraggiamento), i controlli di produzione industriale (per es. le radiografie di saldature). Questi rifiuti, per un tempo variabile da pochi istanti a milioni di anni, emettono radiazioni che possono avere effetti negativi sull’ambiente e sull’uomo, per effetto del “decadimento radioattivo” tali radiazioni scemano nel tempo.
In Italia, i rifiuti radioattivi sono classificati in tre categorie, secondo il grado di pericolosità radiologica:
  • I Categoria: rifiuti radioattivi la cui radioattività decade fino al livello del fondo naturale in tempi dell'ordine di mesi o al massimo di qualche anno. A questa categoria appartengono una parte dei rifiuti da impieghi medici o di ricerca scientifica;
  • II Categoria: rifiuti radioattivi a bassa/media attività o a vita breve, che perdono quasi completamente la loro radioattività in un tempo dell'ordine di qualche secolo;
  • III Categoria: rifiuti radioattivi ad alta attività o a vita lunga, per il decadimento dei quali sono necessari periodi molto più lunghi, da migliaia a centinaia di migliaia di anni.
La gestione di tali rifiuti è complessa, come quella di altri rifiuti potenzialmente pericolosi.
I rifiuti di I categoria vengono immagazzinati in condizioni controllate fino alla riduzione dei livelli di radioattività. Poi vengono gestiti come rifiuti convenzionali o speciali.
I rifiuti di II e III categoria vengono invece sottoposti al “condizionamento”, cioè a trattamenti chimici e fisici che li convertono in forma solida, stabile e duratura adatta per la manipolazione, il trasporto e infine lo smaltimento in depositi dedicati. Il rifiuto condizionato è, dunque, un manufatto costituito dal materiale radioattivo inglobato in un materiale inerte, generalmente cemento o vetro, posto in un contenitore esterno costituito da un fusto in acciaio
Lo smaltimento dei rifiuti radioattivi condizionati prevede la collocazione definitiva dei manufatti in un deposito, con l'intenzione di non recuperarli; il deposito deve garantire il completo isolamento dalla popolazione e dall'ambiente fino a quando la radioattività, per effetto del decadimento, non raggiunga valori paragonabili a quelli del fondo ambientale.
Nel caso dei rifiuti radioattivi di bassa/media attività, l'isolamento deve essere garantito per qualche secolo e quindi la soluzione di smaltimento più idonea è il deposito superficiale, protetto prevalentemente da barriere artificiali. I manufatti possono essere, ad esempio, immagazzinati all’interno di “moduli” prefabbricati in calcestruzzo armato, i quali sono poi stoccati in strutture scatolari, anch’esse in calcestruzzo armato, che vengono poi coperte ed interrate. Questo tipo di depositi è molto utilizzato e ne esistono ormai almeno un centinaio in tutto il mondo; i più moderni e avanzati si trovano in Francia, Spagna, Svezia, Giappone, Regno Unito, USA. E di questo parliamo quando ragioniamo sul Deposito Nazionale. Ovvio che i siti scelti devoono avere determinate caratteristiche e un certo grado si sicurezza in termini di rischi vari (sismico - alluvioni in particolare).
I rifiuti radioattivi di III categoria, ad alta attività o a lunga vita, mantengono invece livelli di radioattività significativi per decine e centinaia di migliaia di anni. Per l'isolamento di tali rifiuti non è possibile fare affidamento solo su barriere artificiali, ma ci si deve affidare a barriere naturali.  La Geologia è fondamentale. E' necessaria una forte conoscenza delle formazioni geologiche in profondità (600-800 metri e oltre) che presentino adeguate caratteristiche di stabilità e impermeabilità come, ad esempio, giacimenti di salgemma o formazioni argillose o di granito. L’unico esempio al mondo di deposito geologico operativo è il WIPP (Waste Isolation Pilot Plant), un deposito di smaltimento geologico in funzione negli USA dal marzo 1999, riservato ai rifiuti contenenti plutonio di produzione militare. Tutti i Paesi più progrediti nell’uso della tecnologia nucleare (Regno Unito, Francia, Germania, Giappone, Finlandia, Svezia, etc.) hanno in programma la realizzazione di un deposito geologico al massimo nel giro di qualche decennio. In Svezia è già stato selezionato il sito relativo. In ambito UE si discute sull'ipotesi di un sito comune, le principali resistenze sono legate alla reazione dell'opinione pubblica, ovvio che nessun popolo accetterebbe di buon grado di ospitare le scorie altrui, ma è pur vero che anziché pregiudicare più siti per i prossimi millenni, se si individuasse un sito unico e si eseguisse un trasparente percorso di socializzazione, bene avremmo fatto all'ambiente, alla razionalità e lode al popolo che si dimostrasse così maturo da accettare una tale scelta. Nell'UE, è l'avviso di chi scrive, qualche popolo lungimierante con la testa sulle spalle c'è. Oltre alla ricerca di siti di stoccaggio, si sta procedendo anche a individuare soluzioni che riducano i tempi di decadimento e i volumi di questi rifiuti, è il caso, come riporta il sito dell'ENEA. dei sistemi nucleari di IV generazione (GEN IV) che dovrebbero consentire di sfruttare il potenziale energetico di tali rifiuti e nel contempo di scomporli con processi particolari di combustione.
Perché è strategico il Deposito Nazionale per l'Italia? Come detto i paesi avanzati si sono dotati o si stanno dotando tutti di un tale sito, l'odierno inventario italiano redatto dall'ISPRA stima in circa 26.000 m3 i rifiuti di II categoria e 1.500 m3 di rifiuti di III categoria nel nostro paese. A questi quantitativi vanno aggiunti quelli che torneranno in Italia dopo il ritrattamento all’estero del combustibile esausto proveniente dagli impianti italiani (e sì oggi dobbiamo mandarli fuori, spendendo non poco), e quelli di II categoria previsti dalle attività di smantellamento degli impianti nucleari dismessi. La stima volumetrica per questi ultimi va da 30.000 a 65.000 m3.
Quindi, complessivamente, il futuro deposito nazionale definitivo superficiale dovrà avere una capacità dell’ordine di 100.000 m3 di rifiuti di II categoria (stimati in 75mila m3), per far fronte alla stoccaggio definitivo dei rifiuti radioattivi provenienti dai soli impianti dismessi. I rifiuti di III categoria (circa 15mila m3) vi saranno invece stoccati solo temporaneamente (50-100 anni) in attesa dello smaltimento geologico.
I rifiuti radioattivi gestiti nel deposito deriveranno per il 60% dallo smantellamento degli impianti nucleari, e per  40% dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca, che continueranno a generare rifiuti anche in futuro. Realizzare il deposito consentirà finalmente si sanare un'anomalia Italiana e di ridurre i rischi per l'ambiente, ad oggi in fatti sul tema la gestione è tutt'altro che in sicurezza e degna di un paese che vuole dirsi civile e avanzato. Quando la CNAPI sarà resa nota, speriamo che il Governo sappia essere davvero tale, è ovvio che i siti individuati insorgeranno, ma a mio avviso sarà un errore. Il Deposito può essere realizzato e gestito in sicurezza, può essere un occasione di installare un sito all'avanguardia che generi occupazione di alta qualità, permetterà di ridurre i costi per il sistema paese, con benefici per tutta la collettività, garantirà introiti extra ai territori ospitanti. sarà inoltre occasione di rilancio per la ricerca Geologica e ambientale più in generale. Certo si dovrà operare con velocità e controllo, affinché da eco-opprotunità divenga ecomostro mangia soldi pubblici e generatore di corrutele. Si dovrà realizzare come fossimo un paese serio. E sarà occasione per dimostrarci tali. L'alternativa altrimenti  fare come Homer Simpson nella vignetta.


domenica 9 agosto 2015

Specialmente rifiuti

Finalmente dopo un po' di tempo, rimprendiamo a parlare del magico mondo dei rifiuti (le venetissime scoasse). L'ISPRA ha presento la XV edizione del Rapporto Rifiuti Speciali - Edizione 2015, sul sito ISPRA, trovate tutta la documentazione, comprensiva di un nota di sintesi e del rapporto intero, il rapporto è aggiornato ai dati 2013. Devo dire che la prima cosa che mi ha colpito è che ad oggi non vi sia stata ancora una aperta discussione sul rapporto, fatti salvi 2 articoli, uno sul Sole24ore e uno su Avvenire. Ho visto abbastanza poco per il resto. Orbene, potrebbe passare il messaggio che questo sia il classico report annuale, che snocciola un po' di numeri e dice ben poco. A mio avviso, questa edizione del rapporto è particolarmente significativa. Rammentiamo che sono Speciali (art, 184 del D.Lgs 152/06 e ss.mm.ii.) i rifiuti che provengono da attività agricole e agro-industriali, attività da demolizione e costruzione non che scavo (fatto salvo quanto previsto per Terre e Rocce da Scavo), attività di lavorazione industriale, artigianale, commerciale, servizio e ovviamente recupero e smaltimento rifiuti e attività sanitarie. Come tutti, anche questi rifiuti possono essere pericolosi o meno, in base alle loro caratteristiche o al processo di produzione. Il fatto che questi rifiuti siano connessi all'attività produttiva, li fa diventare immediatamente un buon indicatore della situazione economica e del tasso di efficienza tecnologica dei processi produttivi. Ci pare utile sottolineare alcuni dati. Intanto il calo complessivo della produzione di questi rifiuti (-1,5% - pari a 2 milioni di tonnellate), che si spiega in larga parte per il calo della produzione di rifiuti inerti, in particolare dal settore edile, indubbio segno della crisi del settore, ma anche per il cambio di normativa sulle Terre e Rocce da Scavo, che finalmente ha permesso un maggior utilizzo dei materiali da scavo nei cantieri - ovviamente a patto di rispettare determinate condizioni - ciò è stato possibile rendendo un po' meno farraginosa la preesistente normativa. C'è da dolersi per il tempo che c'è voluto, che ha comportato l'insensato smaltimento di materiali che non erano rifiuti, occupando posto utile in discarica, con costi ambientali (inutili movimentazioni e trasporti) ed economici, sopportati dalle imprese e dalla collettività. Complessivamente si sono prodotte, nel 2013, 131,6 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, poco più del 4% pericolosi. A livello europeo è la Germani che produce il maggior quantitativo di rifiuti in ambo le tipologie, ma è anche il maggior trattatore. A livello UE ancora il 42,3% dei rifiuti va a discarica, l'Italia sta compiendo passi importanti per ridurre il conferimento, tant'è che si evidenzia una riduzione del 4,4%, significativo che centro e sud Italia abbiano fatto le prestazioni migliori, mentre al nord il dato sia in aumento. E' da capire se ciò sia connesso a un maggior ricorso allo smaltimento per gli inerti, data la scarsa richiesta di aggregati riciclati dal settore infrastrutture o alla volontà di andare rapidamente a completare l'iter di vita di talune discariche al fine di ottimizzarne i costi, finché le tariffe lo consentono. Il recupero a livello UE di rifiuti speciali - inteso come recupero materia e energetico - è del 45,7%,  è da dire che in diversi paesi il recupero è favorito dalle pratiche di "backfilling" ossia l'uso dei rifiuti speciali, specie da costruzione e demolizione, per sottofondi et similia, questo per la diversità delle norme tecniche. Qui sarebbe ora di norme europee comuni, poiché non si capisce perché se qualcosa che è usabile a sottofondo in Olanda, non lo possa essere, per esempio in Italia, creando significativi diseconomie in alcuni Stati rispetto ad altri. Tralasciamo poi il fatto che vi sono meno "pregiudizi" fuori dall'Italia, all'uso dei combustibili da rifiuti per la produzione energetica.  Il rapporto lamenta una certa difficoltà nel ricostruire i dati poiché molti dei soggetti produttori sono esenti dalla presentazione dei MUD (modello unico dichiarazione ambientale), tramite i quali si ricostruiscono le banche dati istituzionali, e fa un passaggio invocando un ritorno al mai partito SISTRI per gli speciali non pericolosi; orbene, per chi ha idea di cosa sia stato questo fiasco chiamato SISTRI, un tale auspicio è uno spauracchio, se si vuole tracciabilità e disponibilità dati, creiamo una forma di MUD semplificato, e non oneroso, anche per i soggetti oggi esenti, che comunque, tengono scritture ambientali e sono soggetti alle norme sui rifiuti. Calano, ovviamente, anche le esportazioni di rifiuto, anzi per gli speciali non pericolosi aumenta l'import, che è fatto sopratutto da rifiuti da costruzione e demolizione metallici, che vanno ad alimentare il nostro comparto siderurgico. La povertà di materie prime in questo settore ha fortemente ottimizzato la capacità del nostro paese di recuperare materia metallica dai rifiuti, tanto da essere importatori. L'export è comunque una nota dolente, molti rifiuti pericolosi o rifiuti derivanti dai processi di trattamento rifiuti urbani e speciali prende la via dell'estero, spesso per la mancanza di processi industriali in grado di gestirli in Italia, tutto ovviamente con pesanti costi economici per il sistema paese e spesso con risvolti ambientali non tranquilizzanti, visto che vari dei paesi destinatari non sono dotati di normative ambientali e di sicurezza sul lavoro tali da poterci far stare sereni. E' da sempre opinione di chi scrive, che determinate lavorazioni e processi vadano svolti nei paesi, così detti, "avanzati", perché al netto delle proprie magagne, il controllo ambientale e sociale è comunque ben più alto (della serie provate a vedere, per esempio, che differenza c'è a smantellare una nave in Liguria o in India...), ovvio che ciò richiede la possibilità di avere un tessuto economico competitivo, normativa chiara, puntuale, ma non penalizzante, e la capacità della politica e dei territori di ospitare cicli industriali - che debbono avere tutti i crismi di sicurezza, ovvio - e non cadere preda di un ambientalismo imbelle. Cosa di cui il nostro paese è tutt'altro che immune. Per pulire l'ambiente ci si deve sporcare le mani. Per vuotare la pattumiera la devi afferrare.

martedì 28 luglio 2015

Caro Geologo, si contenga!

Grasso Vs Tozzi, nuovo round.  Aldo Grasso, noto critico televisivo e Mario Tozzi, Geologo e divulgatore, sono un po' come acqua e olio (scegliete voi  chi fa l'acqua e chi l'olio). In un recente (23 luglio) articolo su Corriere della Sera, si consuma l'ennesima discussione tra i due. Questi signori non si amano, chi segue un po' i temi della divulgazione scientifica, come me, sa che è dal 2010 almeno che, di tanto in tanto, si legnano verbalmente. Grasso taccia di narcisismo e ideologismo Tozzi, che ribatte verso Grasso ritenendolo offuscato da insensata acredine e pregiudizio. Orbene, lungi dal sottoscritto prendere le parti di qualcuno dei due, poiché, se è vero che Tozzi ha il merito di aver portato alla ribalta "il Geologo" e di ampliarne lo spettro d'azione, financo - e di ciò non posso non dargli merito e esprimergli riconoscenza - sdoganare la Geologia del (o nel) Rifiuto, è pur vero che il soggetto si piace molto, cosa che ho percepito in una circostanza in  cui ebbi occasione d'incontrarlo personalmente, ma questo è un tratto di molti che fanno TV e non mi sento di vederlo come colpa. E' anche vero che ha sicuramente delle profonde convinzioni ambientaliste, non tutte per me condivisibili, che spesso lo portano a una divulgazione "mirata", cosa su cui si può discutere, ma bisogna farlo nel merito delle questioni, non sulla scorta di simpatie o antipatie personali. Ciò che mi sento di riprendere, però, dell'articolo di Grasso, in riferimento all'ultima trasmissione di Tozzi - che non ho visto, per cui non entrerò nel dettaglio, è che il critico attacca in maniera velata, ma non tanto, Tozzi su 4 questioni:
  1. come Geologo sarebbe uscito dal SUO ambito - i panni del Geologo a Tozzi andrebbero "stretti";
  2. gli pare tirata la pretesa della trasmissione di trovare un nesso tra storia dell'umanità e fenomeni geologici, nella prima si parla di Sicilia e approvvigionamento all'acqua;
  3. gli pare fuori luogo l'aver inserito il ricordo di Capaci e dell'esplosione col Tritolo in tale puntata;
  4. si domanda, se Tozzi sta sempre in TV come fa a fare il ricercatore al CNR?
Partendo dal basso: alla 4 ha risposto direttamente Tozzi, se vi leggete l'articolo vedrete tra i commenti Tozzi stesso, segnalare come sia da tempo o in aspettativa o part-time dal CNR e come anche per lo stesso CNR egli abbia sopratutto il ruolo di divulgatore. Va detto che la 50ina di pubblicazioni scientifiche che Tozzi dichiara a curriculum non è facile da reperire in rete. Sulla 3 e sulla 2 rammentando che Geologi e dinamitardi condividono la santa patrona - Santa Barbara - se non sbaglio anche dei pompieri, ma immagino non sia stato questo il nesso usato da Tozzi per introdurre la questione di Capaci, probabilmente ha ragionato sul substrato stradale, non avendo visto la trasmissione non vado oltre, ma non trovo troppo difficile immaginare nessi geologici per parlare della questione. Circa legami tra storia dell'Umanità e fenomeni geologici basterebbe ricordare a Grasso Pompei e Ercolano, oppure le glaciazioni o le recenti alluvioni, o il modellamento da parte dei corsi d'acqua della Pianura Padana, o la storia egizia e il suo legame con le piene del Nilo, o l'epopea olandese nella sfida al mare, o la storia della nostra Venezia, credo che già così, dovrebbe quanto meno ripensare ai propri convincimenti, altrimenti potremmo andare avanti ad libitum a citargli come i fenomeni geologici abbiano condizionato la storia umana e abbiano spesso messo a dura prova la pervicace voglia di esplorazione e dominio sugli elementi dell'Uomo.
Ma ciò che più ci secca è il punto 1. Caro prof. Grasso, non siamo qui a perorare la causa di Tozzi, ma quella del Geologo, quale sarebbe secondo lei il novero degli argomenti di cui il Geologo può parlare? Diciamo solo i terremoti? Dinosauri? Rocce e Minerali? Acque sotterranee? Frane? Miniere? Petrolio?  Vede sono molti i campi in cui si esplica la Geologia moderna, un Geologo potrà far fruttare le sue conoscenze di Chimica, Fisica, Topografia, Geografia, Matematica unitamente alle altre sue più specifiche? Il Geologo non è forse uno scienziato che può approcciare a temi scientifici, favorendone la comprensione e dandone una visione  più d'insieme? E non può essere forse un tecnico che disveli temi d'attualità ai più? Perché un Giacobbo qualsiasi può spaziare dai Maya all'astronomia e non può farlo un Geologo? Se Grasso ce l'ha con Tozzi, sono affari loro, ma non può passare il messaggio che Tozzi in quanto Geologo non può fare divulgazione, e deve rimanere nell'angusto recinto in cui la vulgata ha ridotto la Geologia. Signori miei, vi piaccia o meno, praticamente tutte le interazioni Uomo - Terra, rientrano nell'ambito della Geologia. 
E a scanso d'equivoci, per chiarire con chi sto: W gli ANGELA!