venerdì 7 novembre 2014

il FALO' delle banalità

Termovalorizzatore a Brescia
Quello degli inceneritori in questo paese, è uno dei tanti temi, è il caso di dirlo, davvero scottanti. Quando qualcuno prova a parlare di un impianto di tale tipo, non riesce nemmeno a finire la frase, venendo immediatamente tacciato di ogni nefandezza, contro Dio, la Natura, la Salute, l'Ambiente, la Società. E ovviamente  l'accusa più pesante, l'Incenerimento è CONTRO il riciclo. Orbene, ragioniamoci.  Se guardiamo ai dati dei paesi che tutti additano come i più "avanti" nella gestione dei rifiuti, Germania, Austria, Paesi Scandinavi, Olanda e Svizzera, si nota il drastico calo del ricorso alla discarica, percentuali di recupero materia tra il 30 e il 50% e il resto a termodistruzione. Sembra proprio che il riciclaggio e la raccolta differenziata non siano incompatibili con il recupero energetico, ma forse complementari.  Per avere un po' di numeri date un occhio agli atti della conferenza "Chiudere il Cerchio", promossa dagli Amici della Terra in ottobre di quest'anno. Questo perché il primo obbiettivo è l'abbandono della discarica. La discarica è il vero problema, fare discariche vuol dire consumare territorio, che non potrò più recuperare per decenni, con costi sociali e ambientali, oltre al fatto che lo dovrò monitorare a lungo. E' questo il primo target che si sono dati i paesi europei, con strategie varie, lavorando ad avere sistemi di gestione rifiuti, magari poco romantici, ma certo pragmatici ed efficaci, basati su logiche industriali ed economie di scala, non sul campanilsmo o su un certo ambientalismo pauperista che scarica sulla società i costi delle proprie tare ideologiche. Ecco perché non sono tra quelli che si strappano i capelli sull'articolo 35 dello "Sblocca Italia". I soliti guaiscono che tale decreto sia un regalo alle camorre e una jattura per i territori e già gli amministratori del nord alzano le barricate. Il decreto elimina le restrizioni tra le regioni per la gestione dei rifiuti urbani e speciali che queste non siano in grado di trattare, richiedendo che gli inceneritori esistenti vadano a pieno regime. Questo per ridurre i rifiuti esportati all'estero, con costi che paga tutto il paese, e ridurre le sanzioni che regolarmente ci commina l'Europa per non aver ancora provveduto a costruire un sistema su tutto il territorio di gestione programmata dei rifiuti, non ché aver fatto decisi passi verso l'abbandono della discarica (che l'Italia usa ancora per oltre il 45% dei rifiuti prodotti, contro il 3-4% dei paesi prima citati). Evitando le discariche si evitano anche le camorre varie. Garantito. Con tale misura, inoltre, si abbattono i costi degli impianti in esercizio. Certo la cosa va affinata, vanno premiati i territori che non devono ricorre a tale misure - magari con sgravami sulla tassazione dei rifiuti - e sanzionati quelli che vi ricorrono, magari ribaltandogli le tasse sui rifiuti dei territori che sono stati più lungimiranti, in tal senso vi invito a leggere questo articolo del prof. Massarutto circa L'utilizzo di un meccanismo tariffario per mettere in moto dei circuiti "virtuosi" di incremento delle differenziate sia laddove esse sono già mature, che dove languono. Sono fortemente convinto che se ci dotiamo di un sistema industriale integrato, dove anche i trattamenti termici servono (non occorrono tanti forni, ma solo i necessari e va potenziata la produzione di CSS) e non poco, ambientalmente controllato ed economicamente sostenibile, allora potremmo avere benefici per l'intero paese. In questa fase i campanilismi non servono, ma serie prese di reponsabilità sì.

mercoledì 24 settembre 2014

complotto alla veneta?

A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina. Diceva un notissimo personaggio della nostra storia repubblicana. Ma penso che nemmeno lui avrebbe avuto la fantasia dietrologica che ha alimentato la riflessione che sto per fare. Riflessione che, ammetto, non è tutta farina del mio modesto sacco intellettuale, ma deriva dagli originali spunti di un mio stimato amico, assai attento ai dettagli e di grande acume nelle visioni. Non sono uno che generalmente crede ai "complotti" ed anzi aborrisco quel tipo di cultura. Ma a mio avviso c'è una strana serie di accadimenti che si stanno concentrando nell'area veneziana. Un terribile mix di indolenza, destino cinico e baro, insipienza, cupidigia, avarizia, scarsa visione, incompetenza e un pizzico (e magari più d'uno) di precisa volontà di distruggere. Non sarà un complotto, perché richiederebbe un'intelligenza a dirigerlo e più cospiratori, ma potremmo parlare di una sfortunata serie di eventi. Altrimenti non mi spiego quello che sta accadendo. Ricapitoliamo:
- Venezia, attività portuale, esiste un porto commerciale e uno passeggeri in laguna di Venezia. Per garantire il traffico di grandi navi di un tipo o dell'altro è necessario garantire un certo pescaggio dei canali. Che vanno perciò, periodicamente ripuliti dai sedimenti che vi si accumulano.
- i fanghi di questi scavi, sia per lo scarico in Laguna di molte utenze nel corso degli anni, che della vicina presenza di un polo industriale, ormai, purtroppo, in coma irreversibile, non sono esattamente da fango terapia, per cui lo scavo e lo smaltimento costa un botto.
- ci si inventa, con un percorso, faticosissimo di interrare la linea di elettrodotti che passa in zona Moranzani e che collega la centrale ENEL di Fusina al mondo, nel quadro di un progetto di ammodernamento delle linee elettriche venete, e stoccare, previo trattamento, questi fanghi, con significativo risparmio di costi per la collettività.
- inizia un percorso per la Bonifica e riqualificazione di Porto Marghera.
- si introduce l'ipotesi progettuale di realizzare un porto commerciale a mare, fuori laguna, per ovviare alle varie criticità lagunari, ma sopratutto per ridurre il rischio e lo stress per la stessa.
- sorge il problema della navi da crociera, ugualmente problematiche, transitanti in bacino San Marco, oggetto di aspre contestazioni.
- si avvia a realizzazione il sistema MOSE, dopo anni di discussione , sistema di paratie per proteggere Venezia dalle acque alte che i problemi di subsidenza lagunare (dovuti a dinamiche sia naturali che antropiche che per amor di patria vi risparmio di enumerare qui, ma magari un'altra volta sì), e climatici stanno rendendo sempre più dannose per la città. Qui inizia la sfortunata serie.

Nell'ambito del MOSE scoppia uno scandalo corruzione, buona parte della classe politica e imprenditoriale del comune di Venezia e regionale è coinvolta, molti dei soggetti firmatari degli accordi di cui sopra finisce o agli arresti o comunque fuori gioco.
Comitati. Simpatici comitati anti Traliccio nella zona della bassa Veneziana e Padovana, animati certo, dai migliori intenti - mortacci sua - fanno ricorso al progetto di riqualificazione delle reti elettriche, chiedendo l'interramento di tutte le linee in nome del paesaggio e della salubrità ambientale (anche qui ci sarebbe altro da dire, ma lo faremo - forse - in un'altra occasione), dopo tira e molla tipico italiano il Consiglio di Stato da loro ragione, l'ente gestore delle linee butta tutto all'aria e informa che rifarà il percorso progettuale - VIA compresa - daccapo. Buona notte suonatori. Salta la possibilità di gestire i fanghi con una soluzione a minor costo, salta lo scavo dei canali, salta pure una riqualificazione - con spostamento di una fabbrica - della zona dei Moranzani (alla faccia dell'agenda 21 che c'era stata). Salta sì, al di la delle minimizzazioni politiche di facciata.
Nel mentre... l'Autorità Portuale, rimasta indenne dal diluvio di manette avvenuto in Laguna, che ha distrutto il Magistrato alle Acque, commissariato il Comune, massacrato la Regione, si dimentica del Porto Commerciale in Mare, ma si ricorda della questione crociere e si inventa lo scavo di una altro canale lagunare (!) per portare in Laguna le navi da crociera, evitando il bacino san Marco, ma sollevando comunque un vespaio, quando a mio avviso, si poteva (e si potrebbe - e si può) pensare a un porto lato mare, in zona Lido, sostanzialmente generando un braccio di ferro multiplo che potrebbe portare a lunghe contese giudiziarie che potrebbero portare a un nulla di fatto.
Alla fine si sta concludendo solo, forse il MOSE, nonostante tutto - sperando che per lo meno serva.
Anziché cercare soluzioni, che ci sono, per la difficile quadratura, tra rispetto della fragilità lagunare e riduzione degli impatti, valorizzazione ambientale e turistica della stessa, con ammodernamento e ampliamento delle attività portuali e produttive, mi pare si vada, magari involontariamente,  in ordine sparso, a un ridimensionamento del Porto di Venezia a favore di quello di Trieste (più piccolo, ma fondali rocciosi, maggior pescaggio, niente sedimenti da scavare), ad una desertificazione industriale e produttiva dell'area veneziana, sempre più dipendente da un turismo mordi e fuggi a forte impatto ambientale e sociale, a una deriva ambientale della laguna, a una periferizzazione anche nei collegamenti infrastrutturali dell'area. Insomma Venezia Disneyland e basta.
Se c'è qualcuno che sta dirigendo scientemente questo percorso. E' un genio del male che manco il dottor Zero di Fantaman...

mercoledì 10 settembre 2014

La Catastrofe, l'Esasperazione e Bilbo Baggins

C'è una bella scena, di un film, a me molto piaciuto - Viva la Libertà - dove il protagonista (interpretato da Tony Servillo), un Professore con turbe psichiche che si sostituisce al fratello gemello, capo politico del partito della sinistra italiana, fuggito perché in crisi personale, durante un dibattito pubblico afferma che oggi tutto si basa sulla Catastrofe. Politica, Economia, Società, tutto si regge sul paventare continue catastrofi. Questo per giustificare - è la mia interpretazione - il continuo ricorso a misure emergenziali, agli "uomini della provvidenza", a soluzioni contingenti, spesso raffazzonate. La catastrofe è sempre dietro l'angolo, che sia la dissoluzione dell'UE, il default economico, la "fine della Grecia", il cambiamento climatico, l'invasione islamica, ogni scusa è buona per far ingoiare rospi, posporre scelte, evitare il confronto, fare "quadrato" anche attorno a un idiota, "perché non è il momento di dividersi", oppure la Catastrofe torna buona per impedire qualsiasi cosa, sia essa una misura economica, una ricerca innovativa, un'opera pubblica o più semplicemente un senso unico nel nostro quartiere. Il protagonista del film, ritiene, e io concordo, che la gente di questo sistema non ne possa più.  Sì penso non ne possa più, ciò non di meno non vi si sottrae, nemmeno quando ne ha la possibilità.
E poi c'è l'Esasperazione. l'andazzo negativo, il malgoverno, l'inefficienza, le ruberie, la crisi economica, la criminalità, la burocrazia, hanno reso esasperata la società. Nel senso che la pazienza è finita. Ormai non vi è più alcuna tolleranza. Ci si scaglia con foga inaudita contro chiunque possa essere oggetto della nostra acredine: se uno viene, per esempio, eletto per la prima volta a pubblica carica, dopo 5 minuti gli vengono addossate le colpe vere o presunte di tutti i suoi predecessori. Oppure se ce l'abbiamo con la società dei trasporti o dei rifiuti, il primo autista o spazzino che ci passino vicini - indipendentemente da come stiano lavorando - saranno obbiettivo del nostro livore. Si perde la capacità di ragionamento, e ci diventa intollerabile chi argomenta in una qualche discussione, spiegandoci che le cose sono più complesse di come vorremmo noi, irrazionalmente di viene egli l'ostacolo alla nostra serenità o la causa del nostro malessere. Ci si imbarbarisce, si perde anche un po' di pietà umana. A me fa sempre specie, ad esempio, quando qualcuno viene arrestato per qualche reato, specie quelli di ruberia varia, perché cadere in tentazione è facile, sia quando si è nel bisogno, che quando si è nell'occasione (infatti, io cerco di ripararmi dal primo e rifuggire la seconda) e la galera - ho avuto modo di visitarne una - non è affatto un bel posto. Dicevo, mi fa specie vedere come in quelle occasioni, specie se il reo è un qualche personaggio pubblico, come si scateni una pubblica veemente orda di auspici di morte e sofferenza varia, fatti - si badi - per lo più su qualche social, al sicuro dietro lo schermo di un pc. Ma, comunque, indice di un odio e livore latente, che diviene più feroce, quando qualcuno cerca di dar segno di un briciolo di umana solidarietà.
Il tutto è specchio dei tempi miseri d'oggi. Tutto questo genera una spirale pericolosa, che rischia di perderci tutti per sempre in una società sempre più chiusa, apatica, cinica, ottusa e cattiva.
Non penso che possano i grandi proclami o i supereroi risollevare il nostro tempo. Credo serva qualcosa di più piccolo. In un altro bel film "Lo Hobbit - un viaggio inaspettato", quando Lady Galadriel - una delle grandi regine elfiche - chiede allo stregone Gandalf, perché si è portato dietro l'hobbit Bilbo, che appare più un impiccio che un sostegno alla sua impresa. Lo stregone risponde di aver paura e Bilbo gli da coraggio, perché rappresenta la normalità in un mondo tetro, la semplicità, perché ritiene che il male non si tenga a bada con eroiche gesta, ma con piccoli gesti di "quotidiana cortesia". Lo penso anche io, ecco perché insegno a mio figlio a chiedere per favore, a scusarsi, a ringraziare, a salutare. Perché spero un giorno egli sappia, con la sua semplicità, assieme ad altri ,ricacciare un po' tutto questa tenebra.

martedì 8 luglio 2014

Moratoria su tutto. Anche sul buon senso.

Tafazzi, indovinate perché?
Il problema è che sto invecchiando e divento sempre meno tollerante. Tollero poco l'emotività, l'umoralità, il perbenismo, il falso pauperismo e una sorta di fricchettonismo simil '68. Purtroppo, molti di quelli che governano, o manifestano lo fanno spinti da questi elementi. Io non li sopporto. Fossimo in tempi più civili, il primo impulso sarebbe assestargli un colpo di mazza ferrata. Ma purtroppo siamo in tempi in cui le leggi che frenano la mia libertà d'espressione abbondano. Lo ammetto, io sopporto poco certi esponenti politici e movimentaroli vari, sopratutto quelli che automaticamente si pongono dalla parte dei buoni e mettono il resto del mondo tra i cattivi. E mettono tra i cattivi anche quelli che hanno la sola colpa di voler comunque ragionare con "gli altri" o voler comunque entrare nel merito. Ammetto, a me è capitato spesso. E tante, troppo volte, ogni volta per svariate ragioni, me ne sono dovuto stare zitto e abbozzare. Ma arriva un punto in cui uno deve dirla chiara.
Relativamente allo scandalo MOSE e compagnia, similmente a quanto ho scritto sul caso CLINI, credo che questi eventi abbiano molteplici effetti collaterali, riducono ulteriormente la credibilità delle Istituzioni e la fiducia nelle stesse, provocano spesso reazioni normative impulsive, che normalmente generano solo, in nome di trasparenza e controllo, norme iperburocratiche e ottuse, provocano una generale antipatia nell'opinione pubblica  per quelli che voglio "fare", facendo di tutta l'erba un fascio, e vedendo in tutti dei potenziali magnaccioni.
C'è in questo una sorta di "odio per il profitto". O meglio una sua criminalizzazione, che è figlia appunto di una distorta cultura pauperista cristiana e moralista sinistroide. Si badi, mi reputo di (non della, come amava specificare Gaber) sinistra, sono figlio di operai, ma io non ho invidia o odio per chi, onestamente, lavorando, senza fottere le leggi o il prossimo, riesce a far soldi. E persone così esistono. E non criminalizzo se costoro decidono di goderseli 'sti soldi invece che investirli nella società. E' un loro diritto. Certo, è encomiabile chi, arricchendosi con le proprie capacità, senza sotterfugi, poi decide di ritornare parte di questa ricchezza al territorio, donando opere o creando posti di lavoro.Ce ne fossero. Orbene sull'onda del caso Mose si sta facendo di tutta l'erba un fascio. Tutto è marcio, tutto è corrotto. Non si distingue tra chi lavora con serietà e competenza. E il rischio è che una politica inadeguata corra dietro a questo spirito. 
Perché dico ciò? Perché mi è arrivato un appello, che avrei dovuto sostenere, promosso dalla rete di vari comitati del no a qualcosa sorti in Veneto  (non che non si possa non essere contro un'opera, ci mancherebbe, io stesso sono, per esempio, contro l'Idrovia PD-VE - ma non pretendo di imporlo al mondo), per una moratoria a TUTTE le grandi opere in corso d'opera nel Veneto  (a parte guarda caso l'IDROVIA... ce l'hanno proprio con me...), così indistintamente. In questo appello appunto si dice che tutto è marcio e si critica Renzi, che invece ha distinto, rilevando come ci siano delle zone di malaffare entro un sistema socio - economico più vasto, dove ci sono anche forze e competenze "sane". No, i comitati criticano tale assunto, chiedono il blocco, la revisione di tutte le grandi opere, l'abolizione della finanza di progetto e vi discorrendo. A chi lo chiedono? A Renzi ossia al sistema! Ma come, se il sistema é marcio, chiedi al sistema di sistemare il sistema? Se il sistema è marcio o hai il coraggio di fare la lotta vera o stai zitto e rimboccati le maniche.
La verità è che questi sono professionisti della protesta, hanno una visione loro del mondo, rivoluzionari da salotto, spesso vivono proprio in quelle zone ipergarantite che il sistema italiano permette. Dirò di più, sono PARTE del sistema. Come spiega bene Stella nel suo "Bolli sempre bolli, fortissimamente bolli" la corruzione della politica e delle istituzioni diventa cronica laddove abbiamo apparati burocratici ipertrofici, norme pletoriche e astruse, passaggi plurimi. E' un sistema che si auto alimenta. Alla fine uno per fare, deve pagare. Orbene l'astrusità delle norme, la rindondanza dei passaggi è spesso figlia di un malitenso senso di "trasparenza e partecipazione" e le leggi più insulse spesso sono passate col plauso di questi mondi pseudo moralizzator-ambientalisti. Questi elementi istigano a un sistema Khomeista, e attacando chiunque proponga interventi pragmatici favoriscono invece il perdurare dei Boiardi. Lo ribadisco, immaginando che ciò mi attiri strali, anch'essi nel sistema hanno una loro funzione. Il sistema che non va e che va cambiato, ma col buon senso. E' una soluzione invocare la paralisi di un intero processo? E chi dovrebbe pagare lo stop? Pantalone tanto per cambiare? Tafazzismo puro. No, qui ci dobbiamo dar da fare, rivolgendoci a quelle strutture e a quelle competenze che in questi anni hanno gridato come voci nel deserto, denunciando le storture, ma soprattutto proponendo alternative vere, le cose vanno aggiustate in corsa, lavorando a testa bassa, non con slogan e discorsi pieni di presunte buone intenzioni, ma poche soluzione concrete. In cui va coniugata la tutela dell'ambiente allo sviluppo economico. Cosa che altrove si riesce a fare. Fossimo più seri, meno emotivi, e sopratutto meno ipocriti, potremmo fare anche qui. Spero, che in questa stagione di grandi speranze, ci sia anche un può di razionalità. Perché il rischio è che alla fine si arrivi a rimpiangere i magnaccioni. E allora sì che, come cittadini avremo perso davvero.

giovedì 3 luglio 2014

in punta di lingua

Come mio solito sto leggendo un paio di libri in contemporanea, "Storia dei Greci" di Montanelli e "Bolli, sempre bolli, fortissimamente bolli" di Stella. Il primo racconta, nello stile del grande Indro, la storia del popolo che diede i natali alla civiltà d'occidente, il secondo è un viaggio nell'Italia della burocrazia, tra follie normative e linguistiche. Sembra impossibile, ma tra i due testi c'è più d'un collegamento. Nel viaggio di Stella tra le carte bollate italiche, c'è un interessante passaggio sulla lingua. Perché il burocratese è così ostico, chiuso, ampolloso al punto da essere ridicolo? Perché il burocrate vuole dare importanza a ciò che fa, scrive, anche quando sta banalmente normando quanta acqua deve starci in un water standard. Il burocrate deve usare un linguaggio che sia per pochi, per dei "sacerdoti" della dottrina, gli unici depositari del titolo di scrivere, leggere e far comprendere le norme. Se il popolo capisse da solo le leggi, allora queste sarebbero cosa da poco. Stella ci fa capire come ormai ci sia un sostanziale delirio, ormai sclerotizzato, di chi si occupa di leggi e regolamenti e di come questo delirio ormai si sia insediato stabilmente nel sistema, e per questo sia così difficile da debellare. E questo delirio tocca tutti, anche la società, che più o meno volontariamente chiede leggi non di buon senso, ma minuziose sino alla nausea e, perciò, farraginose e invoca giustizia, confodendo il diritto, col suo abuso, anche per i panni di quello del piano di sopra che gocciola sul terrazzo di sotto, contribuendo pesantemente alla paralisi del sistema giudiziario, già poco agile di suo. Di contro nel racconto della Grecità di Montanelli, ecco uno stile piano, asciutto che espone con una scorrevolezza e godibilità estrema le vicende dei "coturnati achei" di Atene e Sparta, di Pericle, Socrate, Epaminonda e via dicendo.  E, in questo caso, oltre alla lingua sarebbe da riflettere anche sulla gestione delle Leggi a quei tempi.
 L'opera storiografica di Montanelli fu oggetto di pesanti attacchi degli storici di professione, trovarono che la materia venisse troppo banalizzata, che venissero fatti eccessivi parallelismi col presente - Montanelli li usa spesso, per rendere più chiare le vicende - insomma l'opera era grossolana, troppo semplicistica e poco "accademica". Si badi non si critica il contenuto, ma l'esposizione. Ma Montanelli voleva raccontare, appassionando, al maggior numero di persone possibili quella storia. Aveva messo in conto le critiche, ma non perse l'obbiettivo, raggiungere chi ai dotti manuali non si sarebbe mai avvicinato. Per farlo sacrificò qualcosa, il tecnicismo, il nozionismo, ridusse all'osso le date e romanzò un po' fatti e personaggi. Ma con senso dell'equilibrio. E visto che la sua opera storica (Ricordiamo anche Storia di Roma e la monumentale Storia d'Italia, che saranno tra le mie prossime letture) resta ancora tra le più lette, credo che alla fine, Montaneli, alla Storia, abbia fatto più un favore che un torto.

... perché ho scritto questo post? Così per scrivere....

venerdì 27 giugno 2014

le ASL dell'ambiente.

Ho letto un interessante articolo  Ambiente e Sicurezza a firma di Franco Lenarduzzi, tecnico della Provincia di Gorizia, che lancia una interessante proposta per il dopo provincie, in materia ambientale. Le Provincie sul tema hanno varie competenze, particolarmente nelle regioni a statuto autonomo, ma anche in VENETO, dove a seguito della L.R. 3 del 2000 e varie successive, molte competenze sono state delegate alle stesse in materia ambientale. Autorizzano impianti di trattamento rifiuti, autorizzano scarichi ed emissioni in atmosfera, seguono bonifiche e sicurezza suolo e idraulica, danno indirizzi per le politiche di gestione dei rifiuti, sovrintendono ai piani cava, e via dicendo. Tutto ciò, con la fine delle Provincie, apre uno scenario d'incertezze. Tali competenze dovrebbero ritornare in capo alle Regioni, che credo, onestamente, si troveranno in difficoltà a gestirle, essendo molto spesso di operatività spiccia. Nell'articolo su menzionato, si propone un'interessante ipotesi: cogliere l'occasione per un generale riassetto ripensando le ARPA regionali, altro ente tutt'altro che in buona salute. La Regione dovrebbe restare come soggetto di pianificazione e coordinamento, ma sul territorio si dovrebbero creare delle Azienda Ambientali che accorpassero le funzioni provinciali e delle ARPA, ossia si mutuerebbe il sistema sanitario delle ASL. Le AAL (Azienda Ambientali Locali), accorperebbero funzioni di vigilanza e controllo, ad altre di autorizzazione e intervento, creando un soggetto unico per queste dinamiche (solo questa operazione avrebbe il beneficio di ridurre i soggetti di cui si necessita di parere in varie procedure ambientali, rendendole più snelle, riducendo i tempi della burocrazia, a favore di quelli del controllo), il che permetterebbe anche di creare soggetti con maggior "visione d'insieme" dei temi ambientali. In questo senso va evitato il rischio di polverizzazione e campanilismo, le AAL presidierebbero su aree territoriali omogenee, per problematiche o per geografia, ma di dimensioni sufficienti per rendere effettivamente efficaci pianificazioni vere, evitando la tipica dispersione e spesso contraddittorietà in ambito ambientale dovuta alla pluralità di soggetti coinvolti e alla frammentazione istituzionale dei territori. Questi soggetti concentrerebbero così anche competenze, potrebbero diventare centri di specializzazione su tematiche ambientali connesse al territorio ridisegnando in un ottica di funzionalità ed efficienza il ruolo delle Istituzioni in ambito ambientale. Inoltre essendo soggetti a un unico centro di coordinamento e pianificazione, la Regione appunto, queste entità potrebbero garantire una maggior omogeneità interpretativa delle norme e delle procedure ambientali, cosa ad oggi tutt'altro che scontata, basti pensare alle diverse modalità di applicazione di norme nazionali o di scrittura di autorizzazioni tra province confinanti, aspetti che da anni rendono spesso ostica l'attività di imprese e la comprensione dei cittadini in materia d'ambiente e che ha portato spesso a scelte fra loro contraddittorie e conflittuali tra realtà contermini, a scapito dell'ambiente stesso e della collettività.

mercoledì 18 giugno 2014

riflessioni troglodite/1

Qualche giorno ho commentato su Fb una notizia data dal Gazzettino che, stranamente visto che ultimamente questo giornale divulga sopratutto temi legati alle vacanze dei vip e alle forme di varie donnine della Tv - pensare che ai miei tempi per procurarsi un po' di immagini piccanti dovevi andare sulle Ore... - dicevo, il Gazzettino pubblicava una notizia circa la morte di una bimba, inizialmente sotto la famigerata cura Stamina, imputando la morte alla sospensione della cura (dovuta alle note vicende giudiziarie dei suoi creatori). Nell'articolo nulla si menzionava delle poco nobili sorti del caso stamina e si puntava sull'emotività della storia. Ovvi i commenti di cordoglio e ovvi quelli contro il giudice, reo di aver sospeso una terapia, che non è sorretta da nessuna evidenza scientifica, ma da molta emotività e campagna mediatica. Mi sono permesso di bacchettare il giornale per questo modo di dare informazione. E si è aperto il finimondo, ho sì avuto molti commenti di pro, ma nei contro venivo accusato di servilismo alle case farmaceutiche (IO? Che non andrei in ospedale manco morto e che a fatica prendo l'aspirina - e solo se sono in stato preagonico...), ovviamente mi si accusava di insensibilità etc etc... Orbene, il web è una bella fonte d'informazioni e comunicazione, ma anche un bel paravento per gente frustrata e vile che de visu non avrebbe nemmeno il coraggio di salutarti, ma che al sicuro dietro uno schermo, si sente in diritto di pontificare, dare lezioni, giudicare basandosi su due righe di post, sentenziare, insultare e augurare ogni sorta di jattura a chi non condivide la vulgata popolare, ma sopratutto a chi fa ragionamenti che siano un minimo razionali e argomentati. Sintomo evidente del corto circuito in cui si trova questo paese. Dove non si ragiona più. L'emotività regna sovrana e questo si sposa a tre fenomeni che ritengo dannosi:
- la comunicazione scientifica, i tempi brevi dei media, la soglia di attenzione bassissima della società, la difficoltà di usare un linguaggio accessibile, rende difficile alla comunità scientifica spiegare il senso di certi processi e scoperte,  sembra che Piero Angela non sia mai vissuto a volte, questo ingenera confusioni e permette a ciarlatani, cialtroni, saltimbanchi di salire in cattedra diffondendo ignoranza a palate.
- l'emotività popolare, siamo poco inclini a ragionare, essenzialmente complottisti, e perciò andiamo dietro, spesso senza mettere in discussione le fonti, a delle enormi corbellerie, di contro fatichiamo no poco a dare retta a ciò che è razionale e pragmatico, purtroppo anche la politica si comporta così, e troppo spesso - buon ultimo esempio il caso stamina - anziché agire con ponderazione segue questa emotività collettiva, compiendo scelte collettivamente dannose. Ultimamente anche la magistratura sembra avere il medesimo morbo (che unito a volte a una dose di fervore forcaiolo genera un mix devastante).
- l'uso del linguaggio, si sdogana ogni forma di violenza verbale, non si pone più freno all'insulto, nel breve si inizia a non tollerare più l'opinione altrui e nemmeno l'espressione della stessa. Da qui al passaggio alla violenza fisica (vedi i movimenti animalisti violenti) è breve. Studiate la storia del Fascismo, anche quella volta è cominciata più o meno così.

Dobbiamo tornare a pensare, dobbiamo tornare a leggere, nelle famiglie si deve tornare a guardare il telegiornale e discutere assieme. Nelle scuole si deve tornare a dialogare. E sopratutto, torniamo tutti ad ascoltare Piero Angela.
Vi lascio con una citazione che amo molto e con uno spezzone a tema del film di "Iron Lady" - non è apologia del Thatcherismo, è proprio il concetto espresso che sarebbe bene ritrovare.
Curati dei tuoi pensieri: diventeranno le tue parole.
Curati delle tue parole: diventeranno le tue azioni.
Curati delle tue azioni: diventeranno le tue abitudini.
Curati delle tue abitudini: diventeranno il tuo carattere.
Curati del tuo carattere: diventerà il tuo destino.
(Frank Outlaw)

martedì 10 giugno 2014

a volte ritornano...

Ultimamente mi è capitato  di incrociare più volte notizie sul  Carcharodon Megalodon, o Megalodonte per il amici, mega squalo, parente o comunque affine all'odierno grande squalo bianco, ma solo molto molto più grosso, vissuto dall'Eocene al Pliocene, quindi estinti 1,8 milioni di anni fa. O così ci hanno voluto far credere i grigi nella loro cospirazione mondiale. A parte gli scherzi, si rincorrono periodicamente notizie di avvistamenti di mega squali e alcuni ritrovamenti fossili contraddittori, porterebbero a datare l'estinzione del Megalodonte a inizio Olocene, 10mila anni fa. Da ultimo vi riporto il video della Smithsonian, istituzione un po' più seria di altre, circa la scomparsa di un esemplare di squalo bianco di circa 3 metri, monitorato nell'ambito di un progetto di studio sugli squali e scomparso in circostanze strane. Gli esperti nel video ritengono, avendo riscontrato un repentino e forte incremento di temperatura corporea dello squalo prima della sua scomparsa, che questo sia indice del fatto che il medesimo sia divenuto preda, ma la domanda è cosa può predare un bestione di tre metri? Improbabile l'intervento di calamari giganti, nel video si accenna a un misterioso super predatore degli abissi. 
Orbene, gli oceani coprono il 70% della superficie terrestre, una vasta parte é sostanzialmente inesplorata e sicuramente rimangono molte specie da scoprire. Certo che mi pare improbabile che una popolazione di bestioni che potevano arrivare, secondo le stime dei paleontologi a 18 mt di lunghezza e 50 tonn di peso, sia rimasta discretamente in disparte sino ad oggi mi pare improbabile. Sicuramente c'è molto là fuori e sopratutto là sotto. Ma se senti rumore di zoccoli è più probabile che sia un cavallo che una zebra.

In ogni caso... quest'estate in spiaggia, occhio alle pinne...

lunedì 2 giugno 2014

poco inCLINI a ragionare...

Il caso CLINI è ormai di dominio pubblico. L'ex ministro all''ambiente del governo Monti, direttore del ministero dell'ambiente, è stato arrestato. A seguito di un'indagine circa la gestione di fondi legati alla cooperazione internazione. Un gran bel giro di soldi. Chiariamoci, io credo nella presunzione d'innocenza, per tutti, quindi anche in questo caso. E mi auguro che la faccenda si chiarisca, me lo auguro particolarmente. Non nego la mia profonda disillusione, nel vedere Clini coinvolto in questa storia, che diverrebbe abissale, se si dimostrasse effettivamente fondata. Perché? Perché il Clini è stato il primo ministro dell'ambiente che ne capiva qualcosa dai tempi di Edo Ronchi, uno che finalmente ha dato dignità al ministero, non più mera casellina nel cencelli della politica, perché ha affrontato di petto questioni scabrose come l'ILVA e perché ha affrontato a viso aperto quel mondo ambientalista chiaccherone che non sa proporre, ma solo bloccare, che nel nome della tutela dell'ambiente, propina una ideologia luddista e pauperista che alla fine procura più danni che altro, ed infine perché rappresentava un ambientalismo pragmatico, fatto di competenze e scelte concrete, fatto di razionalità e capacità di ragionamento sulle opzioni che la scienza e la tecnica ci propongono al giorno d'oggi. 
Il suo coinvolgimento in questa storia, mina la sua credibilità e sopratutto rischia di minare la credibilità e la fondatezza stessa del suo operato, delle sue scelte e delle sue posizioni, mettendo in forte difficoltà i cultori di un ambientalismo meno gridato e meno irrazzionale, che però, hanno tanto bisogno di figure coraggiose e forti che sappiano agire anche nei confronti dell'opionione pubblica. Un mondo più silenzioso, più dedito al fare che al parlare, un mondo che è spesso misconosciuto o peggio diffamato dagli eco-fondamentalisti, un mondo che opera quotidianamente nel rispetto di norme spesso astruse e che consegue davvero risultati per l'ambiente, un mondo certo non inerme, ma che necessita anch'esso di testimonial e simboli, per poter andare avanti e continuare nel tentativo di coniugare il binomio sviluppo e ecosostenibilità. 
Beh, dopo il caso Clini, quel mondo oggi è un po' più in difficoltà.

giovedì 24 aprile 2014

davvero differenziate!

Con la pubblicazione sul Bollettino Regionale, diventa efficace la DGR 288 dell'11 marzo 2014. La Regione Veneto mette finalmente mano, dopo una lunga gestazione, alle modalità di calcolo delle rese delle raccolte differenziata. Atto con luci e ombre, almeno a mio avviso. Di positivo c'è che finalmente viene valutata la raccolta differenziata al "netto" degli scarti ovverosia, saranno detratte dalle varie frazioni raccolte, le frazioni improprie, tipo quello che non è carta nelle raccolta carta, ciò che non è vetro nelle raccolte vetro, quello che non è multimateriale nelle raccolte miste e così via. Il livello di frazione estranea è stabilito forfettariamente per le varie tipologie di raccolta - credo che su questo la Regione si sia avvalsa di dati dell'Osservatorio Regionale Rifiuti, che avrà ricavato dei valori con proprie campagne di monitoraggio. E' anche introdotta la facoltà delle Amministrazioni Locali e dei soggetti da esse delegati, di dimostrare di avere frazioni estranee più basse tramite certificazioni analitiche fornite dagli impianti di destino. Questo indubbiamente valorizza il lavoro di monitoraggio e controllo degli  impianti destinatari e li responsabilizza nella fornitura del dato. L'introduzione della valutazione al netto delle raccolte è un elemento atteso da tempo, e probabilmente disvelerà non pochi "sepolcri imbiancati", ovverosia molti di quei territorio che fin oggi si fregiavano di essere ricicloni, ma che lo erano solo nelle apparenz,e raccogliendo molto sì, ma di qualità pessima, con rese al recupero finali ben al di sotto delle aspettative. In questo modo, finalmente, si sdogana il principio sacrosanto, che nel sistema di raccolte differenziate, il cittadino è parte importante, ma lo sono anche gli impianti e al di là di prosopopee e ambientalismo chiacchierone, solo un sistema integrato può portare a buone prestazioni di effettivo riciclo. 
Non mi è chiarissimo come gli impianti trasmetteranno i dati in loro possesso, ossia se ci troveremo ad ulteriori adempienti burocratici in un settore che ne ha già una pletora (tutti nel nome della tracciabilità, trasparenza e controllo). Viene, poi, introdotto un correttivo sugli abitanti equivalenti, parametro che fa parte del calcolo delle differenziate, per i comuni a elevato flusso turistico, doveroso, anche per rendere merito allo sforzo talora davvero improbo che questi fanno, assieme agli enti gestori, per perlomeno cercare di avvicinarsi agli obbiettivi di legge sulla differenziazione. Punti poco felici sono:
  • l'uso non sempre lineare dei termini - si parla per esempio dei "rifiuti particolari" riferendosi ai rifiuti pericolosi urbani, introducendo una dizione che nella normativa non esiste, cosa che non è da sottovalutare in un campo come quello dei rifiuti dove i termini e le parole pesano e non poco.
  • l'esclusione del calcolo nelle frazioni differenziate degli inerti, compresi quelli che i cittadini portano agli ecocentri, ora capisco che non si voglia usare gli inerti per "drogare" il dato delle differenziate come avviene in taluni paesi nordeuropei, ma non considerare il "peso" del portato dei cittadini agli ecocentri, mi pare un controsenso e non vorrei fosse un ulteriore incentivo al già tristissimo fenomeno dell'abbandono di rifiuti inerti - come quelli da ristrutturazioni domestiche - in giro per il territorio.
  • non viene computato il così detto "spiaggiato" ossia il rifiuto, da poco dichiarato urbano -giustamente, sempre dalla Regione - per ridurre i costi dei comuni litoranei, sempre per non danneggiare questi ultimi. Giusto, ma sarebbe ora di permettere ai vari soggetti gestori processi di trattamenti "in situ" che consentissero di sfruttare le plurime potenzialità di avvio a recupero di questo tipo di rifiuto e che oggi una visione troppo burocratica non consente con aggravi per l'erario pubblico e l'ambiente.
Nel complesso si sono fatti importanti passi avanti e solo una gestione pragmatica del tema potrà portarne altri, sperando che il tipico campanilismo veneto, quello che per esempio ha portato a diversi avanti e indré della Regione sulla ridefinizione degli ambiti di bacino dei rifiuti, con non poca confusione per gli operatori del settore, non ci metta il suo. Adesso attendiamo di leggere il Piano Regionale Rifiuti dopo le osservazioni pubbliche.

venerdì 21 marzo 2014

SISTRI, per cortesia BASTA!

 
Ormai è evidente, quella del SISTRI è una storia nata male, malissimo, sia tecnicamente che in termini di trasparenza, visto lo scandalo SELEX, più volte ho detto la mia sul tema, si è inventato un sistema, che doveva servire a contrastare le ecomafie, e invece si è complicata ancor più la vita a chi già seguiva le norme. Anche gli operatori delle software house adesso non ne possono più. Al link trovate la lettera inviata al ministero dell'ambiente (visto quello che ho scritto nel post precedente, non è che nutra chissà che speranze...)

http://www.ambiente.it/allegati/informazione/715/Lettera%20Renzi_Galletti.pdf

sabato 22 febbraio 2014

Ambiente, oh Renzi, ma non si doveva cambiare verso?

Mi spiace, ma stavolta, mi unisco al coro del mondo ambientalista, che dalla rete, non nasconde la propria delusione per il nuovo nome al dicastero dell'ambiente. Gian Luca Galletti, UDC, nessuna competenza e soprattutto nessuna attività di rilievo nemmeno politica in campo ambientale. Sembra proprio che il ministero dell'Ambiente sia stato usato come casella, da manuale cencelli, per assegnazioni di posti cruciali agli equilibri del governo, ma forse non del paese. O si capisce una buona volta che il ministero dell'Ambiente, NON è un ministero di seconda fascia, cosa che invece traspare spesso nelle parole e nei comportamenti, visto che il ministro precedente (Orlando, Pd, di cui non credo rimpiangeremo e forse nemmeno ricorderemo, il periodo da ministro dell'Ambiente), si ritiene "promosso" per il suo passaggio alla giustizia), o questo paese resterà sempre indietro. Dalle altre parti all'Ambiente mettono ministri giovani, capaci, intraprendenti, poiché è chiaro che innovazione, sviluppo, rilancio economico, qualità della vita, passano per questo dicastero, le norme che ci diamo in campo ambientale condizionano lo sviluppo industriale, in positivo, ma anche in negativo, condizionano linee di ricerca, condizionano il territorio e la sua gestione, condizionano molto il futuro di tutto. Il ministero dove c'è più futuro è questo, come Renzi abbia potuto scordarlo è davvero per me incomprensibile. Spero che questo Galletti stupisca, ma credo che sarà nella migliore delle ipotesi (non gliene faccio una colpa, caso mai la faccio a chi ce l'ha messo, usando quei vecchi schemi che avrebbe dovuto superare) un mero ministro di passaggio.
 Se su quella poltrona non si siede qualcuno che sappia unire sensibilità ambientale, pragmatismo e conoscenza dei temi e capacità di confronto questo paese non ripartirà mai davvero nell'industria e nello sviluppo, e nel riordino del territorio. Non ci si può improvvisare. Ormai da anni, invece, li si siedono imbelli, ipocriti, burocrati, taluni incapaci, inetti o grigie figure, di alcune non facciamo nemmeno il nome tanto ce ne fa rabbrividire il ricordo,  onestamente tolti Edo Ronchi e da ultimo Corrado Clini, di ministri dell'Ambiente veri non ne abbiamo avuti altri. Temiamo nemmeno stavolta.

Le ultime follie del consorzio... lo strano caso dell'appendino.

Un celebre film è intitolato "L'ultima Follia di Mel Brooks" dell'omonimo regista, talmente demenziale e strampalato, che l'unico titolo che gli si poteva dare era proprio quello di follia.  Potremmo darlo anche a una delle ultime circolari del CONAI, il Consorzio Nazionale Imballaggi, oppure intitolarla "lo strano caso dell'appendino". Facciamo un piccolo passo indietro. In Italia le raccolte differenziate dei materiali, plastici, metallici o di vetro, sono promossi dai consorzi di filiera, che fanno capo al CONAI, istituiti con il DLgs 22 del 97 (al secolo il decreto Ronchi, dal Ministro per l'Ambiente di allora, Edo Ronchi), e riguardano il materiale da imballaggio. Questo perché i produttori d'imballaggi, pagano un contributo (Contributo Ammesso al Consumo - CAC), che serve poi a finanziare la raccolta e l'avvio al recupero degli stessi una volta cessato il loro uso. Il contributo viene girato dai consorzi ai Comuni o ai soggetti da questi delegati (per esempio le aziende incaricate della gestione del ciclo rifiuti), al momento in cui questi consegnano il materiale raccolto alle varie piattaforme consortili, in funzione della qualità del materiale, ossia meno frazione impropria c'è più te lo pago. Per frazione impropria intendo tutto ciò che non riguarda quel tipo di raccolta e tutto ciò che non è imballaggio. Per esempio se al centro di ritiro del consorzio della plastica (COREPLA) porto delle bottiglie in PET raccolte dagli ecocentri e in mezzo ci sono dei giocattoli in plastica, questi sono considerati scarto e causeranno un deprezzamento del mio materiale. Anche se fossero fatti della stessa plastica delle bottiglie. Perché? Perché il produttore dei giocattoli non ha pagato il CAC e quindi il consorzio non si piglia la briga di raccoglierli. Un sistema non virtuosissimo, al di là delle edulcorate campagne pubblicitarie. Fortunatamente, spesso sono i gestori del sistema di raccolta che si occupano tramite il vituperato libero mercato di avviare a valorizzazione e recupero anche i flussi extra Conai (è il caso di ciò che avviene, per esempio nell'ambito delle raccolte gestite nel sistema veneziano...), anche se ciò implica uno sforzo in più degli impianti di selezione, che però ha ricadute positive sia ambientali che economiche. Ora tornando agli appendini, sino a fine 2013 quelli in plastica (quelli di legno e filo di ferro già erano accettati dai consorzi del legno e dell'acciaio) erano considerati frazione impropria (come per esempio fino al 2012 i piatti in plastica  usa e getta) dal COREPLA e quindi dal CONAI, per cui venivano regolarmente computati nella frazione estranea. Dal 1 gennaio il CONAI scrive che sono ammesse alle categorie imballaggi (e quindi computate come buone) quelle vendute assieme all'indumento, mentre non lo sono quelle vendute singolarmente, tipo quelle che uno si compra al supermercato. "Scusi consorzio, ma io operatore, come distinguo le due tipologie, quando me le trovo nel mucchio della raccolta differenziata?" "Semplice le grucce vendute con appeso un abito sono imballaggi, le altre no". Scusi Consorzio, ma come faccio, chiedo al cittadino di buttarle con l'abito? Ma no, se in sede di analisi sulle grucce si riscontra il marchio di un produttore di grucce che notoriamente le vende sfuse sono frazione estranea se no no" Scusi Consorzio, mi dice almeno 5 marche di produttori che notoriamente vendono le grucce come prodotto finito sfuso?" Silenzio.   Il dialogo, ispirato a uno realmente avuto, è un po' romanzato, ma non troppo. L'impressione è che la mossa sia furba, da un lato piglio il CAC da chi fa attaccapanni, dall'altra li contesto e pago meno il materiale quando mi viene consegnato, vista la massima discrezionalità del consorzio in sede di analisi. A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca.
In conclusione, cari cittadini, se da domani gli operatori del servizio di raccolta vi chiederanno di buttare gli appendini nelle raccolte uniti ad un autocertificazione in cui dichiarate che l'appendino lo avete preso con un vestito e con lo scontrino del negozio di vestiti, sapete il motivo e non prendetevela con chi gestisce la raccolta, ma con un paese di burocrati che fa regole senza pensa alla concretezza. O le fa con grande furbizia

lunedì 10 febbraio 2014

I Geologi non cantano...


Interessante intervista del prof. Ferrarotti, affronta un tema a me caro, quello della comunicazione e della spiegazione razionale della realtà, ovverosia la difficoltà a esplicare con raziocinio le questioni concrete a fronte di un pressapochismo sensazionalista e di un diffusa cultura dell'improvvisazione.
Siamo davvero in un deserto, abbiamo perso il sapere tradizionale, senza aver acquisito quello razionale.

giovedì 2 gennaio 2014

scoprendo Darwin

Sono in fase libresca,  e in piene letture evoluzioniste. Da anni mi attende un "tomone" che raccoglie gli scritti di Darwin e prima di morire mi ci dedicherò (anche se ho già letto, con grande fatica - l'ammetto - l'Origine delle Specie). Nel frattempo, mi sono cimentato, dopo le letture di Sepkosky -  vedi  post precedente - con Niles Eldredge, insigne paleontologo statunitense, incontrato tante volte sui libri in questi anni, propugnatore, con Gould, della "Teoria degli equilibri punteggiati" una rielaborazione, o meglio, un approfondimento, dell'evoluzione darwiniana.  Questa volta non ho fatto il sapientone e mi sono letto la traduzione italiana del suo testo "Darwin - alla scoperta dell'albero della vita", un'interessante biografia di Darwin fatta  a partire dalla lettura dei suoi taccuini di appunti, raccolti in decenni di studi e meditazioni dal viaggio alla Galapagos che gli cambiò la vita alla pubblicazione dell'Origine. Eldredge, grazie ai discendenti di Darwin e ai custodi dei suoi manoscritti, ripercorre di fatto il cammino del pensiero evolutivo e della "sua teoria" (come Darwin definiva l'evoluzione e in particolare il tema della selezione naturale) direttamente nelle parole dello stesso scienziato. Un percorso travagliato, se si pensa che Darwin parte con il "Beagle" con lo sfavore del padre, e all'epoca era un "creazionista", e muta il suo pensiero di fronte alle evidenze che gli si parano davanti e su cui s'interroga. Coglie la portata delle sue deduzioni e si scopre timoroso nel divulgarle, quasi lo ritenesse un reato, infatti, nei lunghi anni prima della pubblicazione dell'Origine, ne farà parola con pochi, pochissimi fidati e ne darà qualche prudente anticipo in alcuni scritti. Sarà il timore di vedersi soffiato il frutto del suo lavoro da Wallace, altro studioso, che era arrivato alle sue medesime conclusioni, a dargli una scossa. Ciò che sorprende è la capacità di Darwin di cogliere molti degli aspetti dell'evoluzione, senza possedere tutte le conoscenze necessarie (per esempio la Genetica che, ovviamente, si svilupperà molto dopo Darwin) e di essere "l'ultimo scienziato", come dice Eldredge, a possedere una sostanziale conoscenza di tutte le discipline connesse all'evoluzione, dalla biologia, alla geologia, passando per la paleontologia e l'anatomia comparata, poiché poi, queste discipline si separeranno sempre più e saranno campo specifico di ricercatori specializzati. E' vero, prese qualche cantonata, che influenzerà, comunque, il mondo scientifico a lungo,  frutto a volte di eccessi di prudenza, a volte delle informazioni disponibili al suo tempo, vedi il suo rapporto verso la paleontologia, ma colse in maniera assai puntuale la sostanza dell'evoluzione. Anticipò, nota l'autore, anche la sua teoria degli "equilibri punteggiati", che poi non approfondirà per non incappare nell'accusa di essere anche "saltazionista" - ossia di ritenere che le nuove specie appaiano di colpo - cosa che invece spiega Eledredge è invece spiegabile, ma ringrazia Darwin di averlo lasciato dire a lui.  
La forza dell'elaborazione di Darwin è ancora viva, come testimonia in qualche modo, l'accanimento con cui i detrattori della teoria - i nuovi creazionisti - ancora cerchino di spodestarlo. Un tema non secondario questo, poiché questi movimenti, che spesso si nascondono in pseudoscienze, sono lo specchio di come posizioni irrazionali e fondamentaliste siano presenti anche all'interno del "progredito Occidente" e troppo spesso influenzino anche le Istituzioni Civili. Infine, un po' mi ci sono ritrovato anche io, nel mio piccolo, nella storia di Darwin, la sua voglia di viaggiare, in contrasto con l'amore per la sua famiglia e la sua quotidianità, il suo desiderio di "farsi un nome" e "lasciare un segno" nella Scienza, l'esperienza dell'allontanamento dalla fede per il dolore della perdita di persone care, il suo progressivo agnosticismo.  Rispetto ad altri grandi della Scienza che avevano il fisique du rol (spero sia scritto giusto, sennò amen) del genio, Darwin pareva uno che non avrebbe avuto poi molto da dire. Invece ci raccontò qualcosa di grande, ci raccontò il meccanismo della Vita che evolve, ci raccontò qualcosa di cui ancor oggi parliamo e su cui ancor oggi c'interroghiamo.